In occasione della volontà di riprendere i festeggiamenti per San Pietro e Paolo a Pantelleria da parte dell’Assessore Claudia Della Gatta, Angelo Fumuso ripercorre questa antica tradizione, tra le feste più importanti insieme alla Madonna della Margana, ricordo di una Pantelleria che non c’è più
di Angelo Fumuso
Veniti.….. veniti. Curriti.…. curriti, è la festa di San Pietro e San Giovanni! Festa nikah e festa granni!
Così cominciava Gianni Bernardo raccontando la Festa di San Petru e San Ciuvanni, nel suo primo album, forse il più bello, ma che certamente racchiude lo spirito di questa festa e del modo di viverla di quest’isola.
Piccola in quanto è una festa locale, una festa principalmente dell’isola di Pantelleria, grande perché è sempre stata capace di coinvolgere ed entusiasmare l’intera isola.
Piccola in quanto è una festa locale, una festa principalmente dell’isola di Pantelleria, grande perché è sempre stata capace di coinvolgere ed entusiasmare l’intera isola.
Cinque sono le feste, i momenti che coinvolgono tutta l’isola: la festa della Madonna di Margana, nella discesa e nella salita dal santuario alla Chiesa Madre di Pantelleria; a festa di San Petru e San Ciuvanni, a “Cursa di scecchi” o lago, la Festa San Furtunatu, coopatrone dell’isola, ovvero lo sposalizio col mare, e Carnavaluni.
A festa di San Petru e San Ciuvanni, è la porta dell’estate, così anticamente si definiva questa festa.
“Mamma quando posso andare a fare il primo bagno?” chiedevamo da bambini, dopo che la scuola era finita e con l’arrivo del primi caldi. La risposta era sempre la stessa: “Dopo a Festa di San Petru e San Giovanni, i porte dell’estate!” Così ci rispondevano le nostre mamme anticamente. E mio nonno ribadiva, “ Meghiu sudari, chi starnutiri!” E tutta l’isola di Pantelleria scinnia n’ casa per la festa di San Pietro e San Giovanni.
Da bambino ripetevo questo vocabolo senza capirne l’effettivo significato, solo qualche anno dopo, leggendo la storia di Pantelleria, l’ho compreso. Subito dopo che l’isola non fu più riserva di caccia del Re, si incominciò, da parte dei panteschi, la corsa accaparrarsi i migliori terreni per coltivare la terra.
Visto che i terreni erano lontani dal paese, si costruirono dei Dammusi monolocali che servivano per custodire gli attrezzi e per u sceccu, come rifugio e per trascorrere qualche giorno in tempo di vendemmia. Da quella unica stanza, se si voleva ampliare, la finestra diventava porta di un’altra stanza. Così nacquero piano piano le Contrade, perché i panteschi erano in uso, per la maggior parte, ritornare la sera o dopo qualche giorno n’ casa ovvero a Pantelleria centro.
Il centro è sempre stato il salotto buono dell’isola, dove riunirsi per parlare, incontrarsi e festeggiare.
Visto che i terreni erano lontani dal paese, si costruirono dei Dammusi monolocali che servivano per custodire gli attrezzi e per u sceccu, come rifugio e per trascorrere qualche giorno in tempo di vendemmia. Da quella unica stanza, se si voleva ampliare, la finestra diventava porta di un’altra stanza. Così nacquero piano piano le Contrade, perché i panteschi erano in uso, per la maggior parte, ritornare la sera o dopo qualche giorno n’ casa ovvero a Pantelleria centro.
Il centro è sempre stato il salotto buono dell’isola, dove riunirsi per parlare, incontrarsi e festeggiare.
La Madonna della Margana
La principale festa è sempre stata l’accompagnamento del quadro della Madonna di Margana dal Santuario alla chiesa maggiore del paese. Da questa poi, a fine settembre, primi di ottobre, il ritorno al Santuario.
Come vuole la leggenda, il quadro fu ritrovato dietro isola, su una barca, venne portata poi verso il centro da un carro trainato da buoi. All’altezza della Margana, i buoi si fermarono e non vollero più ripartire. Il popolo interpretò questa cosa come il segno che la Madonna voleva che fosse costruito il suo Santuario proprio lì. Ed essendo la Margana luogo di villeggiatura e principale zona agricola nell’antichità, l’insediamento del Santuario della Madonna lì, fu visto come una specie di protezione verso l’agricoltura, un segno di benevolenza e di buon auspicio per l’annata.
Come dice sempre la legenda, ai primi di maggio il quadro della Madonna sparì dal Santuario e venne ad essere poi ritrovato nella Chiesa madre di Pantelleria. E così avvenne anche alla fine di settembre primi di ottobre: il quadro nuovamente sparì dalla Chiesa Madre, per essere ritrovato al Santuario.
Ed oramai è diventata tradizione, da centinaia di anni, accompagnare la Madonna di Margana dalla Chiesa Madre al Santuario e dal Santuario alla chiesa di Margana, affinché la Madonna protegga il raccolto e poi la popolazione.
Ed oramai è diventata tradizione, da centinaia di anni, accompagnare la Madonna di Margana dalla Chiesa Madre al Santuario e dal Santuario alla chiesa di Margana, affinché la Madonna protegga il raccolto e poi la popolazione.
Queste tradizioni sono così radicate che in un libretto del 1917, stampato a Tunisi, ho scoperto che la popolazione pantesca lì trasferitasi, festeggiava la Madonna della Margana in contemporanea della festa di Pantelleria, come un gemellaggio, una fratellanza d’intenti con l’isola madre.
All’epoca la popolazione pantesca a Tunisi, superava numericamente gli abitati dell’isola madre. Erano infatti quasi diciotto mila. E mi ha fatto piacere sapere che questa tradizione, da parte dei panteschi trasferitisi da Tunisi nell’agro Pontino, continua ancora.
21 giugno: San Pietro e Paolo
Ma tornando alla festa di San Pietro e Paolo, tutta Pantelleria si riversava n’ casa fin dopo pranzo. Infatti, la festa cominciava presto, al Borgo Italia con l’antenna a mare. Si trattava di un palo ricoperto di grasso all’estremità e con una bandiera alla punta, segno di Vittoria per chi la prendeva.
C’era il gioco delle pignatte; si bendava il partecipante di turno e gli si dava un bastone. Poi doveva essere la folla a guidarlo verso la Pignatta giusta.
La corsa con i sacchi, la mangiata di maccheroni senza mani ed infine il tiro alla fune.
Poi ci si trasferiva in piazza, dove la festa continuava con altri giochi e con una solenne mangiata collettiva.
Per l’occasione U Zu Giovanni, da Pasticceria Roscio, metteva un po’ di sedie e tavolini fuori e si potevano assaggiare i suoi gelati e le sue granite.
Per diversi anni ci furono le gincane, dei percorsi stabiliti e delineati da birilli di legno, con varie tappe e ostacoli, tutto fabbricato rigorosamente dalla falegnameria Bruccola. Partecipavano motori, vespe e macchine di allora, cioè Topolino 500 e 600 Fiat. L’organizzatore fisso, era u Zu Turi Fontana.
Era una Pantelleria povera ma felice, che si risvegliava dagli orrori della guerra e viveva il boom economico. Ancora il turismo non esisteva e quei pochi avventurieri che transitavano per l’isola, erano trattati da ospiti dall’intera isola, invitati dappertutto come persone di riguardo. Ancora non esisteva l’emigrazione e tutti vivevano sull’isola e l’isola era tutta coltivata.
Solo una volta, ricordo che la festa si tramutò in tragedia, quando due balordi ubriachi litigarono tra di loro e si accoltellarono in piazza. Nei miei ricordi di bambino, c’è la visione della gente che scappava e di una autoambulanza che arrivava in piazza. “Fu Toni Galleria che ci desse n’a cutizzata a so’ compari!”
Naturalmente fu arrestato, condannato e messo in carcere e sempre naturalmente, divenne lo spauracchio di tutti noi bambini. “U gniri di ghià chi ‘to scuro, si muccia Toni Galleria e ti mancia n’to solu un vuccuni!”
Era una Pantelleria molto diversa da quella odierna, più semplice che viveva di agricoltura e di commercio, tutta abitata, infatti contava più di 15.000 abitanti contro in 7 mila e rotti odierni, tutta coltivata e che dava a manciari a tutti i suoi figli.
Per diversi anni ci furono le gincane, dei percorsi stabiliti e delineati da birilli di legno, con varie tappe e ostacoli, tutto fabbricato rigorosamente dalla falegnameria Bruccola. Partecipavano motori, vespe e macchine di allora, cioè Topolino 500 e 600 Fiat. L’organizzatore fisso, era u Zu Turi Fontana.
Era una Pantelleria povera ma felice, che si risvegliava dagli orrori della guerra e viveva il boom economico. Ancora il turismo non esisteva e quei pochi avventurieri che transitavano per l’isola, erano trattati da ospiti dall’intera isola, invitati dappertutto come persone di riguardo. Ancora non esisteva l’emigrazione e tutti vivevano sull’isola e l’isola era tutta coltivata.
Solo una volta, ricordo che la festa si tramutò in tragedia, quando due balordi ubriachi litigarono tra di loro e si accoltellarono in piazza. Nei miei ricordi di bambino, c’è la visione della gente che scappava e di una autoambulanza che arrivava in piazza. “Fu Toni Galleria che ci desse n’a cutizzata a so’ compari!”
Naturalmente fu arrestato, condannato e messo in carcere e sempre naturalmente, divenne lo spauracchio di tutti noi bambini. “U gniri di ghià chi ‘to scuro, si muccia Toni Galleria e ti mancia n’to solu un vuccuni!”
Era una Pantelleria molto diversa da quella odierna, più semplice che viveva di agricoltura e di commercio, tutta abitata, infatti contava più di 15.000 abitanti contro in 7 mila e rotti odierni, tutta coltivata e che dava a manciari a tutti i suoi figli.
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Foto di Giovanni Mosca. Pantelleria Festa San Pietro e Paolo. Pantelleria Archivio Storico
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Sono stato commissario del PSI e segretario del PD di Pantelleria. Uno dei fondatori dello storico mensile “Il Panteco”.
Sempre presente dal primo numero in videotape, al numero unico con Pier Vittorio Marvasi, Capo Redattore del Resto del Carlino, alla rinascita con Tanino Rizzuto giornalista de “L’ora” per la provincia di Trapani, durante gli anni di piombo della mafia.
Sono stato autore di numerose inchieste e servizi in quegli anni. Mi definisco ora e sempre un militante, convinto che a Pantelleria l’unico atto rivoluzionario sia l’informazione, che aiuti ad essere liberi e a pensare con la propria testa.