Un ragionamento per assurdo sulla DOC Pantelleria, nel paradosso del vivere in nicchia e agire globale.
Gentile Direttore,
in questi giorni ho riflettuto sulla questione relativa al dibattito sulle modifiche del disciplinare della Doc Pantelleria proposta dal Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a DOC dell’Isola di Pantelleria.
Non sono un addetto del settore e quindi lungi da me dall’avanzare teorie economico – agrarie, sociali o di marketing. Osservo tuttavia, da consumatore e da soggetto che ha a cuore il futuro sostenibile dell’isola, che tra le molteplici condizioni al contorno che affastellano il complesso scenario, si affiancano tra loro sia il Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a DOC dell’Isola di Pantelleria, soggetto che nasce nel 1997 ( https://consorziodipantelleria.it/#consorzio) oltre a quello a me meno noto, Consorzio Sicilia DOC, il quale nasce nel 2011ed a cui la legge riconosce incarico erga omnes dal 2014. (http://siciliadoc.wine/il-consorzio-sicilia-doc/ ).
Tra le uve caratterizzanti della DOC Sicilia vi è lo Zibibbo, diffuso nella provincia di Trapani.
Osservo che vi sono Aziende vitivinicole che appartengono ad entrambe le DOC e, per quelle che operano anche sul territorio insulare maggiore è possibile, in deroga e richiedendo apposita autorizzazione al Ministero, imbottigliare i vini anche al di fuori di Pantelleria (solo quelle che dimostrino di aver eseguito l’imbottigliamento da almeno 1 anno prima dell’entrata in vigore del disciplinare). Inoltre, per il solo vino di tipo bianco, possono concorrere alla produzione uve provenienti dai vigneti composti, nell’ambito aziendale, oltre che dal vitigno Zibibbo, da uno o più vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Sicilia.
La proposta di modifica del disciplinare in qualche modo avrebbe, tra l’altro, fra i legittimi obiettivi di un consorzio volontario, quello di aggiungere il brand Sicilia alla DOC Pantelleria [cit. una freccia in più al nostro arco] ed esportare l’incarico erga omnes [cit. per poter svolgere adeguata attività di tutela e vigilanza sulla DOC Pantelleria (Sicilia)]. Su ciò nulla quaestio.
Da Pantesco, e da consumatore, mi pongo però una domanda, in una sorta di ragionamento per assurdo, che desidero condividere.
Se ci fossimo trovati oggi nelle condizioni, da sempre oggetto di dibattito, che a Pantelleria si fosse chiusa la filiera di produzione ed imbottigliamento di tutte le cantine produttrici di vini e passiti DOC aderenti al Consorzio e, in ragione di un mercato particolarmente favorevole (e di ottimizzazione delle economie di scala), fossimo stati nelle condizioni di importare il moscato d’Alessandria dalla provincia di Trapani, incrementando il numero delle bottiglie prodotte da parte di tutte le cantine appartenenti al Consorzio, con la clausola però di inserire la dicitura Sicilia alla DOC Pantelleria, e sotto l’egida erga omnes della DOC Sicilia, quale sarebbe stata la risposta attesa dal mercato?
Piccole Aziende vitivinicole locali, in quest’ipotetico scenario, potranno legittimamente valutare di ampliare i loro confini aziendali in provincia di Trapani, fruendo di tecniche colturali e di impianto dello Zibibbo che necessitano di minori azioni eroiche, per ampliare i loro margini di profitto ed il numero delle bottiglie prodotte? Se ciò accadesse, sarebbe a questo punto auspicabile che i suddetti lungimiranti imprenditori locali delocalizzassero alcune parti della filiera produttiva per ottimizzare i processi a valle della raccolta, trovandosi più vicini ai mercati? Questo contesto, che ricadute avrebbe in ambito sociale?
Più in generale:
Il consumatore sarebbe stato contento di sapere ciò?
- Tutto questo avrebbe avuto una ricaduta positiva?
- Gli altri concorrenti DOC, dentro e fuori dal territorio insulare, come ci avrebbero giudicati?
- Che senso ha richiedere un ennesimo sforzo ai viticoltori definiti da più fronti “eroici”, soci e non del consorzio di tutela della DOC, di riconquistare terrazzamenti e coltivi in abbandono, a fronte della possibilità di ricorrere a maggiori economie in terra ferma?
- Il soddisfacimento comune dell’interesse dei consorziati, in un dichiarato intento di salvaguardia colturale e culturale dell’identità isolana, è forse distorto da alcune posizioni dominanti di notevole peso specifico?
Se questo ragionamento che vi propongo conduce a conclusioni incoerenti e/o contraddittorie, è probabile che il tutto debba essere riequilibrato ponderando al meglio gli interessi dei produttori a tutela dei consumatori e, perché no, della concorrenza (interna ed esterna al consorzio), nonché del mercato?
Se invece pone perplessità solo a me, vi chiedo sinceramente scusa per il tempo perso, o per aver trattato con leggerezza argomenti complessi!
Viviamo in un sistema globalizzato, in cui è inevitabile l’interazione tra tutti i fenomeni connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo e Pantelleria non può estraniarsi da questo sistema. Ciò per rispetto verso i nostri avi che tanto hanno faticato per conquistare i fertili e pietrosi versanti vulcanici, che per dovere e lealtà nei riguardi delle generazioni future.
Ritornando alla realtà odierna, ritengo che Pantelleria abbia molteplici vantaggi in questo scenario. Tra tutti riconoscere alle aziende vitivinicole siciliane che hanno deciso di investire i loro capitali sull’Isola negli ultimi decenni, il notevole innalzamento della qualità del prodotto con l’iniezione di nuova linfa vitale e stimoli di concorrenza e competizione agricola in un’economia che si appiattì, ad esempio, sull’irreversibile edilizia. Inoltre, possiamo far tesoro delle nefaste ricadute sociali ed economiche che gli errori in campo enologico del passato hanno avuto, sbandierando ai quattro venti vessilli autarchici!
E’ nostro dover saper cogliere le occasioni del nostro tempo, ma è anche necessario con senso critico e conoscenza dei complessi meccanismi giuridici e del mercato globale in costante evoluzione, fare chiarezza agli occhi dei consumatori, con la consapevolezza delle ricadute dirette ed indirette sul “sistema Pantelleria”, oggi divenuto sotto molteplici aspetti fragile, cercando di coniugare anche gli aspetti sociali ed ambientali di nicchia, nella agognata ricerca di una resiliente sostenibilità.
Un passo importante potrà essere, a mio avviso, ricostruire a livello locale la fitta rete di relazioni (sociali, economiche, ambientali), mutuando il funzionamento delle nicchie (ecologiche) che, interagendo, costituiscono la rete di una conoscenza consapevole che avanza.
Con l’auspicio di aver contribuito ad un costruttivo dialogo, ponendo alcuni spunti di riflessione, porgo i migliori Saluti.
Gaspare Inglese
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