Finalmente approvata la legge che tutela gli abusi e violenze sulle donne, l’obbligo da parte della polizia penitenziaria di intervenire entro 3 giorni dalla denuncia, una corsia che accorcia di gran lunga le attese.
Una legge però che perde in alcuni punti in quanto non è del tutto lineare.
Ad esempio non sono previsti interventi per accorciare i tempi del processo penale, che in media dura otto anni, purtroppo in alcuni casi anche di più, e sappiamo bene che una sentenza definitiva dopo dieci anni non dà giustizia a nessuno.
Un mio carissimo amico medico, che si occupa nella provincia di Trapani di violenza di genere, mi disse: “La violenza di genere non viene presa in considerazione dalle Consulenze tecniche d’ufficio (Ctu) nominate dal giudice nei casi di separazioni conflittuali e affido dei minori”.
La violenza viene confusa con il conflitto e si arriva a consigliare alle donne di ritirare le querele per dare prova di volersi conciliare e abbassare la conflittualità. In situazioni peggiori, le donne che hanno subito maltrattamenti sono dichiarate “madri non tutelanti”; ma un uomo che commette violenza anche davanti ai figli “è comunque un buon padre”.
Quindi ancora discrepanze e poca chiarezza.
Vorrei solo aprire una parentesi, che invece avrebbe bisogno di molte righe per essere chiarita, in merito alla tutela delle mamme e i bambini, vittime di violenze.
Ciò in cui spero davvero, è che dopo la fase iniziale della denuncia, vengano realmente protetti.
Tenuti insieme.
Aiutati.
Salvati.
Un Uomo violento, un padre violento è una persona che deve essere aiutata con gli strumenti adeguati, ma allontanato perché non continui ad essere un pericolo.
Spero che le sezioni dei Tribunali civile e penale comincino a collaborare tra loro, incrociando i dati, per avere una visione chiara della situazione che viene denunciata, affinché non venga considerata conflittuale e quindi a rischio per il minore, ma che la violenza mantenga il cattivo nome che ha, perché solo attraverso quello si possono attivare le misure di sicurezza e protezione.
La macchina della giustizia, le leggi, i centri antiviolenza, esistono.
Bisogna però lavorare nel modo giusto, affinché questo non diventi un incastro pericoloso che possa finire per fare un gioco contrario, vedendo madri e bambini, allontanati tra loro.
🔴 CODICE ROSSO: cosa prevede?
La proposta di legge 1455, approvata dalla Camera, basata su un disegno di legge governativo conosciuta come Codice Rosso, vuole rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolari riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica quali: maltrattamenti contro familiari e conviventi; violenza sessuale, aggravata e di gruppo; atti sessuali con minorenne; corruzione di minorenne: atti persecutori: lesioni personali aggravate da legami familiari.
Le nuove norme prevedono che la polizia giudiziaria deve immediatamente comunicare, anche in forma orale, al pubblico ministero la notizia di un reato compresa nell’elenco precedente.
Il pubblico ministero ha l’obbligo di sentire la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Queste due norme vogliono evitare che la vittima corra ancora rischi, assumendo rapidamente tutte le iniziative per evitare nuove aggressioni. Previsto anche divieti di avvicinarsi alle vittime e uso dei braccialetti per i persecutori.
La polizia deve procedere senza ritardi alle indagini e riferire al pubblico ministero. Entro un anno le forze dell’ordine dovranno svolgere corsi di formazione specifici per affrontare questo tipo di reati.
Viene introdotto il reato specifico di sfregio del viso e l’obbligo di comunicare alla vittima e al suo avvocato la scarcerazione dell’aggressore.
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