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L’Editoriale. Pantelleria, i panteschi e il bisogno di rialzare la testa

Pantelleria - Foto di Tommaso Brignone panteschi

La vicenda della strada del Lago e della protesta di Battista Belvisi ci devono far riflettere sul concetto di unità e di comunità pantesca. 

Pantelleria è un’isola ed è sola. 

Tocca ai panteschi difenderla. Insieme.

L’Editoriale di Francesca Marrucci

La vicen­da del­la stra­da del Lago di Vene­re che ha tenu­to ban­co nei gior­ni scor­si, anche gra­zie alla pro­te­sta di Bat­ti­sta Bel­vi­si, dovreb­be far­ci riflet­te­re sul signi­fi­ca­to di comu­ni­tà e di unità.

In un’i­so­la come Pan­tel­le­ria ci si cono­sce tut­ti, si sa un po’ tut­to di tut­ti e quel­lo che non si sa lo si inven­ta, eppu­re su del­le cose così impor­tan­ti che gra­va­no sul quo­ti­dia­no di tan­te per­so­ne, in pochi pare­va sapes­se­ro effet­ti­va­men­te cosa stes­se suc­ce­den­do: sul per­ché la stra­da fos­se anco­ra chiu­sa, sul per­ché fos­se sta­to fat­to il ricor­so al Tar, sul­le respon­sa­bi­li­tà del­l’am­mi­ni­stra­zio­ne comu­na­le… Ho sen­ti­to io stes­sa fan­ta­sio­se ver­sio­ni che non han­no aiu­ta­to cer­to a risol­ve­re il problema.

Eppu­re il mes­sag­gio di Bat­ti­sta Bevi­si con il suo scio­pe­ro del­la fame era ben chia­ro: un richia­mo all’u­ni­tà, all’u­mil­tà come mi ha spe­ci­fi­ca­to lui stes­so, alla digni­tà e alla respon­sa­bi­li­tà col­let­ti­va. Il suo ram­ma­ri­co che non solo Pan­tel­le­ria, ma la socie­tà tut­ta, fos­se più con­cen­tra­ta al ‘mors tua, vita mea’, era pale­se per chi voles­se ascol­ta­re le sue rare, ma pre­zio­se paro­le o osser­va­re la sua muta pro­te­sta. Logi­ca­men­te, in un ambien­te ristret­to come l’i­so­la, la neces­si­tà del mutuo sup­por­to è più for­te e dovreb­be esse­re con­si­de­ra­ta una prio­ri­tà, eppu­re non sem­pre que­sto mec­ca­ni­smo scat­ta automatico.

Di fron­te ad un pro­ble­ma che vede­va tut­te le real­tà di Pan­tel­le­ria par­ti lese allo stes­so modo, c’è sta­to anche qui chi ha pen­sa­to pri­ma a sé stes­so che alla situa­zio­ne nel suo complesso.

Di fron­te ad un gesto esem­pla­re e di corag­gio come quel­lo di Bat­ti­sta, i gesti avven­ta­ti e penal­men­te per­se­gui­bi­li di chi ha spo­sta­to i mas­si sul­la stra­da fan­no una ben meschi­na figu­ra. Anche Bat­ti­sta pote­va fare un gesto dispe­ra­to o avven­ta­to, ma avreb­be pro­ba­bil­men­te lascia­to il tem­po che tro­va­va. Ha scel­to inve­ce l’in­tel­li­gen­za e la sen­si­bi­li­tà e ha pro­dot­to una pic­co­la rivo­lu­zio­ne. Tut­ti sono rima­sti coin­vol­ti nel suo gesto, pan­te­schi, turi­sti, spet­ta­to­ri, amministratori.

Ecco, Bat­ti­sta ha sapu­to ricrea­re un lega­me nel­la comu­ni­tà che si sta­va divi­den­do in stu­pi­de fazio­ni, per­si­no met­ten­do in mez­zo i feni­cot­te­ri, e que­sto è il suo inse­gna­men­to più grande.

È for­se il tem­po, per i pan­te­schi, di abban­do­na­re defi­ni­ti­va­men­te la filo­so­fia del min­ni­fut­to che ha por­ta­to solo a per­met­te­re lo sfrut­ta­men­to di que­sta magni­fi­ca ter­ra da par­te di chi ne usa risor­se e nome sen­za rispet­to alcu­no, for­te del­la dispo­ni­bi­li­tà dei suoi abi­tan­ti che spes­so si con­fon­de con la passività.

I pan­te­schi meri­ta­no di più, ma sen­za esse­re uni­ti non avran­no mai giu­sti­zia. Non ce lo inse­gna solo la vicen­da del­la stra­da, ma anche la vicen­da del Pan­tel­le­ria Doc. In trop­pi pre­fe­ri­sco­no sta­re in fine­stra a guar­da­re per poi deci­de­re dove but­tar­si, ma que­sto aiu­ta solo chi appro­fit­ta sen­za scru­po­lo né rispet­to alcu­no di que­sta debolezza. 

È qua­si un para­dos­so che gen­te tan­to gene­ro­sa, ospi­ta­le, con un cuo­re tan­to gran­de sia così dispo­ni­bi­le con gli altri e poi non rie­sca ad unir­si sul­le gran­di que­stio­ni che la riguar­da­no e che pos­so­no deter­mi­na­re il futu­ro stes­so del­l’i­so­la. For­se l’u­ni­tà coat­ta di un con­fi­ne cin­to dal mare susci­ta un moto di ribel­lio­ne, ma que­sto vie­ne appli­ca­to nei con­te­sti sbagliati.

Quan­to for­te e poten­te può esse­re la comu­ni­tà pan­te­sca uni­ta per difen­de­re la pro­pria ter­ra, i pro­pri inte­res­si, le pro­prie tra­di­zio­ni, la pro­pria cultura?

Quel­la stes­sa for­za, foga, orgo­glio, digni­tà che ogni sin­go­lo pan­te­sco espri­me nel par­la­re dei suoi pro­dot­ti, del­l’i­so­la, del­le feste, del­la sua sto­ria, mol­ti­pli­ca­ta per ognu­no potreb­be esse­re ampli­fi­ca­ta e usa­ta come arma per dimo­stra­re che Pan­tel­le­ria è una comu­ni­tà com­pat­ta e resi­lien­te, per nien­te ras­se­gna­ta, ma deci­sa a far vale­re i suoi dirit­ti e le sue ragioni.

E inve­ce, gli inte­res­si e gli egoi­smi indi­vi­dua­li anco­ra pre­val­go­no e suc­ce­de che ad una dome­ni­ca per puli­re l’i­so­la si pre­sen­ti­no più turi­sti che pan­te­schi e tor­na, come un ritor­nel­lo sto­na­to, l’ac­cu­sa che spes­so i visi­ta­to­ri ten­go­no a  Pan­tel­le­ria più che i pan­te­schi stessi.

Io non cre­do sia così.

For­se ormai mol­ti pan­te­schi sono immu­ni a tan­ta bel­lez­za che li cir­con­da e ne subi­sco­no meno il fasci­no di chi arri­va sul­l’i­so­la, ma ama­no pro­fon­da­men­te la loro ter­ra e la difen­do­no, sem­pre a modo loro. Il mes­sag­gio di Bat­ti­sta è quel­lo di far capi­re che insie­me, uni­ti, il far­del­lo è mino­re e si por­ta­no a casa più risul­ta­ti. Che in talu­ni casi il mal comu­ne non sarà mez­zo gau­dio, ma è un pri­mo deci­si­vo pas­so ver­so la soluzione.

Non vor­rei più sen­ti­re pan­te­schi smi­nui­re la pro­pria pos­si­bi­li­tà di esse­re comu­ni­tà coe­sa con fra­si come: ‘Se fos­si­mo a Lam­pe­du­sa sarem­mo sce­si tut­ti in piaz­za…’, per­ché l’oc­ca­sio­ne di scen­de­re in piaz­za c’è sta­ta con la que­stio­ne del Doc, ci sarà per altre que­stio­ni e non ci saran­no più scu­se, né alibi.

Non si può sem­pre deman­da­re a ter­zi la riso­lu­zio­ne dei pro­ble­mi, non si può aspet­ta­re sem­pre che l’am­mi­ni­stra­zio­ne risol­va anche quan­do non è diret­ta­men­te respon­sa­bi­le, ma soprat­tut­to biso­gna esse­re vigi­li, pre­sen­ti, coe­si e uni­ti nel mani­fe­sta­re le pro­prie richie­ste, non aspet­ta­re che altri lo fac­cia­no per noi, per­ché deman­da­re le respon­sa­bi­li­tà poi signi­fi­ca per­de­re il dirit­to a lamen­tar­si e subi­re le deci­sio­ni altrui. 

Pan­tel­le­ria è sola più di quan­to non cre­da e non solo per­ché è un’i­so­la ed è lontana.

Spes­so è con­fu­sa con Lam­pe­du­sa, per altro, dagli stes­si sici­lia­ni. Mi ha fat­to male, anche se non sono pan­te­sca, ma con tut­to l’a­mo­re che nutro per que­sta ter­ra e la sua gen­te, leg­ge­re i com­men­ti di alcu­ni sici­lia­ni sul nostro post che riguar­da­va la vicen­da del­la stra­da del Lago.

Un tale Fran­ce­sco Rus­so ha scrit­to: ‘Le rispo­ste dove­te aspet­tar­le dal mini­stro del­l’in­ter­no pri­ma e dal gover­no poi, se, per rispo­ste inten­de­te sol­di. I sici­lia­ni non voglio­no spen­de­re sol­di per il vostro esse­re acco­glien­ti. Vole­te esse­re acco­glien­ti? Paga­te di tasca vostra. Che bel­lo esse­re acco­glien­ti con la tasca degli altri!’ 

Ora a par­te il fat­to che il signo­re ha evi­den­te­men­te con­fu­so Pan­tel­le­ria con Lam­pe­du­sa e non ha capi­to il nodo del­la que­stio­ne, a par­te il fat­to che il suo e i com­men­ti simi­li al suo non rap­pre­sen­ta­no né la Sici­lia né l’I­ta­lia inte­ra, è indub­bio il fat­to che quel famo­so ‘mors tua, vita mea’ che Bat­ti­sta Bel­vi­si teme­va, impe­ra ovun­que e un’i­so­la non può per­met­ter­si di affron­tar­lo divisa.

I pan­te­schi devo­no rial­za­re la testa, pren­der­si per mano e soprat­tut­to devo­no esser­ci. Non ser­ve urla­re e fare piaz­za­te, Bat­ti­sta ce lo ha dimo­stra­to. Basta la pre­sen­za, l’u­ni­tà e la volontà.

Alzan­do la testa i pan­te­schi la offro­no al sole e al vento.

E quel­la è l’i­so­la. Lei c’è.

Ora man­ca­no loro.


Foto di Tom­ma­so Brignone


 

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