29 SETTEMBRE 2019 ORE 10.30 CASTELLO DI PANTELLERIA Aree marine protette (AMP) a tutela del…
Arturo Caravello: ‘A proposito di Area Marina Protetta a Pantelleria’
13/10/2019Arturo Caravello (LNI Pantelleria) contribuisce al dibattito sull’Area Marina Protetta con questo suo scritto che fa il punto sulla situazione del mare intorno a Pantelleria, di come la popolazione dei fondali negli anni sia stata depauperata e l’inquinamento cresca in modo esponenziale.
Per questo l’Area Marina Protetta deve essere una priorità
Di tanto in tanto si riprendono i discorsi sulla creazione di un’area marina protetta a Pantelleria. Sono già trascorsi più di trenta anni. A quel tempo poche specie aliene si erano affacciate alle nostre acque. Non si erano mai visti gli onnipresenti granchi corridori atlantici. Gli unici barracuda che conoscevamo erano i rari Lucci mediterranei varietà più piccola dei cugini tropicali ormai così diffusi nel mediterraneo. Le alghe brune hanno invaso in modo massiccio il nostro mare sostituendo gran parte delle alghe a noi note. La Posidonia continua a cedere terreno. La fisionomia del fondale è cambiata, irriconoscibile. Monocroma, monotona e desertica.
Le nostre pregiate ostriche scomparse da tempo, perfino gli onnipresenti ricci benché protetti sono ormai rari e del tutto assenti in lunghi tratti di costa (non dipende da prelievi eccessivi visto che la scomparsa riguarda anche la varietà non commestibile). Trovare un polpo è da considerare ormai un evento.
I fondali sono disseminati delle grandi valve morte delle “pinne nobilis”. Erano considerate un indicatore di buona salute delle acque. Le aragoste ormai allignano solo in acque assai profonde.
Ai disastri ci si abitua, purché accadano gradualmente. Un passo alla volta. La memoria della gente è corta, cortissima. Il nostro mare se non proprio morto è di certo moribondo. Il comandante Costeau ipotizzava la morte del mediterraneo entro l’anno duemila, il mare resiste e sta impiegando un po’ di più. Ma è fin troppo evidente che siamo agli sgoccioli.
Tonni e pescispada sono pieni di mercurio (non solo essi), metallo altamente tossico e pressoché ineliminabile dall’organismo umano. I suoi effetti non sono immediati e noi lo accumuliamo inesorabilmente pasto dopo pasto. Quasi tutte le specie ittiche sono infestate da vermi parassiti molto pericolosi. Inizialmente si credeva che mezz’ora in un abbattitore fosse sufficiente ad ucciderli, studi successivi indicano in tre giorni in congelatore il tempo minimo necessario, meglio cinque giorni.
Gli amanti del pesce crudo faranno meglio a dedicarsi ai surgelati Findus!
Allora è evidente che e molto meglio cucinare a dovere i nostri pesci pieni di vermi per poi mangiarne a sazietà (pesci e vermi, intendo).
Mentre il pesce scompare, spezzati gli equilibri, le meduse invadono a milioni le nostre coste, il bagno ormai si fa armati di maschera e retino nuotando in fila indiana come su un campo minato.
Si potrebbe continuare a lungo, ma il quadro sembra chiaro a sufficienza e non è il caso di annoiare chi ha avuto fin qui la pazienza di leggere.
Malgrado quanto detto si continua a pescare e, i professionisti e i dilettanti super attrezzati ottengono buoni risultati.
In realtà si sta raschiando il fondo della botte. La tecnologia applicata al settore nautico mette adesso chiunque in condizione di recarsi con estrema precisione in luoghi un tempo irraggiungibili. Il sistema di posizionamento satellitare consente di raggiungere un sito senza avere neppure idea di cosa rappresentino quei “numeri“ che inseriamo nello strumento che immediatamente ci dà la rotta, la distanza, il tempo all’arrivo in funzione della nostra velocità effettiva.
Una volta giunti sul sito moderni scandagli elettronici descrivono perfettamente il fondale mostrandoci pure i pesci mentre un sistema automatico ci mantiene nella posizione in barba alla corrente al vento ed al moto ondoso.
Si pesca anche a grandi profondità con attrezzature sofisticate strappando al mare pesci introvabili fino a poco tempo fa come, per esempio, grandi cernie di fondale che spesso superano i sessanta chili e hanno anche mezzo secolo di vita, lente a riprodursi non vengono rimpiazzate da nuovi esemplari. Creature straordinarie perdute per sempre.
Degli sversamenti industriali in mare, dei rifiuti d’ogni genere, dell’onnipresente plastica e dell’inquinamento acustico occorrerebbe dilungarsi a parte ma sono argomenti di qui si parla diffusamente sulla stampa e i mezzi d’informazione in generale.
Nessuno al mondo possiede la soluzione agli innumerevoli attacchi a cui il mare è sottoposto ma, forse, si potrebbe invertire la corsa all’autodistruzione, ma soltanto se ognuno faccia la sua parte, contribuisca, renda testimonianza. Ho usato la parola autodistruzione non a caso, infatti siamo noi stessi le vittime finali di tutti questi scempi.
Al mare non importa nulla del disastro ambientale che si sta profilando e non solo perché non è un essere senziente ma perché la terra ha già affrontato più e più volte tremendi cataclismi e avendo a disposizione miliardi di anni si è rinnovata producendo nuove specie e nuovi ambienti. Il mediterraneo si è totalmente prosciugato ben due volte e di nuovo è risorto. Siamo noi che non avendo a disposizione che questa breve, misera esistenza abbiamo bisogno di questo mondo dove vivere.
Assieme al dott. Guido Picchetti ormai diversi lustri or sono abbiamo elaborato un progetto di protezione ambientale comprendente l’isola di Pantelleria e il banco che porta il suo nome posto a settentrione dell’isola. Non mi dilungherò nella descrizione del progetto già ampiamente illustrato precedentemente, mi limiterò a dire che è innovativo rispetto alle linee di solito adottate nell’istituzione dei parchi marini in quanto prevede il recupero di un’area degradata riqualificandola e l’inclusione di un banco sito in acque internazionali che, dotato di boe di delimitazione dell’area “intelligenti” dialoganti con un apposito impianto radar posto nella stazione di controllo a terra avviserebbe in caso di intrusione per un rapido intervento dei mezzi di sorveglianza preposti.
I paesi rivieraschi, Tunisia, Malta e Libia difficilmente avrebbero motivo per opporsi all’iniziativa non avendo interessi specifici sull’area che è già di esclusivo interesse economico dell’Italia, si obietta che, al momento la difficile situazione di crisi Libica non ne fanno un partner interessato alla questione, crediamo al contrario che il governo di Tripoli coglierebbe l’occasione per affermare con un semplice atto di assenso la sua sovranità da taluni contestata.
Pantelleria ricaverebbe dall’iniziativa grande lustro ponendosi alla guida di un intervento di straordinaria importanza aprendo la via alla protezione dei banchi del canale che rappresentano un bios eccezionale e un polmone per l’intero bacino mediterraneo.
Auguriamoci che, una volta per tutte, l’amministrazione deliberi in tal senso facendosi promotrice di questa agognata AREA MARINA PROTETTA DELL’ISOLA E DEL BANCO DI PANTELLERIA!
Arturo Caravello
Foto di pantelleriaisland.it
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