VENEZIA E PANTELLERIA… MALVASIA E MOSCATO
GEMELLAGGIO DI VINI CON BOLLICINE E PASSITI
di Giampietro Comolli
Venezia è stata capitale della stampa delle più importanti opere di agricoltura, alimentazione e vino dal 1476 al 1600. Anche libri scritti a mano dal XIII° secolo sono stampati nelle calli. Addirittura a Venezia è stato stampato il primo Corano intero.
La stampa del primo libro sui vini italiani racconta l’intreccio fra le “malvasias” e i “rabiosi “ e il loro apprezzamento nei “bacari” e nelle “calli”, l’“n’ombra de ven”.
Si è scritto anche del legame fra il vino “Monemvàsia” (malvasia) e la nascita della ricetta del Bacalà: tutto nasce con il naufragio per tempesta nel 1432 del bastimento di tal Pietro Querini noto commerciante di vino dolce bianco contro le isole Lofoten oltre il circolo polare artico, scopre la pratica del seccamento del pesce merluzzo, da qui chiamato stoccafisso che diventerà il famoso Bacalà.
Venezia è capitale del commercio del vino: la provenienza era dalle vigne di Creta, Cilicia, Rodi, Cipro, Fenicia ed Egitto, mentre il vino era immagazzinato in grandi otri nei porti più comodi. Il vino prodotto in una regione, ma il nome del vino chiamato con il nome del porto da dove partiva verso i mercati di consumo: una regola che rimase in vita finché non si ebbero in Europa le prime grandi distese di vigne coltivate.
Non esisteva il nome di vitigno, di uva, di vino: o il colore bianco o rosso e la tipologia di sapore, faceva la differenza. Il vino più ricercato dal XIII° al XVIII° secolo era quello rosso leggero frizzante fermentante, racente, mordace, piccante e quello bianco ricco, dolce, carico, profumatissimo e aromaticissimo…preferito anche sulle tavole aristocratiche. Se ne beveva poco perché molto pericoloso.
Da qui anche i libri dei medici-salutistici di fine ‘700 che consigliavano di non bere vino troppo alcolico o troppo mordace. In ogni caso nessun medico e nessun libro fermò il commercio dei vini passiti bianchi (e rossi) a iniziare dai Moscati, tutti vini bianchi dolci che prendevano fonte semantica dagli antichi termini “muskat” o “musco” o dal persiano “muchk” già in uso 2000 anni a.C.. Nel XV-XVII° secolo il consumo di questi vini crebbe a dismisura, al punto che i Doge veneziani imposero il consumo solo in certe osterie, non tutte.
Ecco allora che quel tipo di vino prese il nome delle osterie stesse: si dice ma sta scritto nei libri che le osterie autorizzate portavano l’insegna pubblica autorizzata e affissa fuori dalla porta “malvasias o marvasias”, derivante dal nome del porto greco Monemvàsia. Quando questo porto divenne piccolo per l’enorme commercio, la flotta veneziana decise di porre base direttamente sull’isola di Creta, chiamata dai veneziani, “ la Candìe”, da cui deriva il nome Candia, di conseguenza l’odierna Malvasia di Candia.
A Creta erano stivati tutti i vini “ moscati” (come chiamati dagli arabi in primis) finché gli arabi stessi non conquistarono proprio per prima l’isola di Creta per impossessarsi soprattutto del commercio del vino, fonte di grande reddito. Ai commercianti non interessava dare il nome del vitigno o dell’uva al vino, ma la provenienza lontano, mitica, favolosa come per secoli le terre d’oriente furono. Anche il vino subì questo fascino. La Grecia addirittura aveva poche vigne, all’epoca ne aveva moltissime Santorini e Rodi dove si producevano vini bianchi dolci passiti di alta qualità.
Con l’occupazione di Creta da parte dei turchi (1600–1670) i veneziani hanno dovuto cercare altri luoghi di produzione dell’uva e del vino. Gli arabi invece iniziarono a esportare il loro vino, le uve e a impiantare vigneti ovunque andassero perché era prodotto molto commerciale e dava ricchezza. Piantarono viti in Andalusia, Marsiglia, Marocco, Tunisia ma senza sapere che varietà piantavano, tutto era Muscum o Muskat o Muchk. Forse per questo che oggi, solo fra Moscati e Malvasie, ci sono circa 250 varietà diverse, bianche, nere e gialle, fra uve da tavola, da vino e da appassimento.
Laurea in agraria e in economia politica agraria, master in gestione e marketing di imprese agroindustriale, economista del vino, giornalista, enologo, accademico della vite e del vino, degustatore per guide, docente a progetto in marketing prodotti Dop, esperto di consorzi di tutela Doc-Dop. Oggi dirige l’Altamarca Trevigiana, terra di grandi prodotti Docg, Doc e Dop, una agenzia di attrazione e sviluppo di marketing territoriale e segue l’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti-OVSE. Interessato alla scuola artistica di Barbizon, giocatore di golf, anche appassionato di cucina e di ricette del territorio.