LA RINASCIMENTALE PASSIONE DEI VINI DOLCI PASSITI CORPOSI DI MICHELANGELO, LEONARDO, MACHIAVELLI… BUON GUSTAI E GRANDI PERSONAGGI
Già dai primi decenni del 1200 il porto di Monemvàsìa venne pian piano dismesso e prese sempre più importanza il porto-cisterne dell’isola di Creta, la cui regina alla fine del Medioevo era la veneziana Caterina Corner che abdicò a favore della Repubblica Veneziana e divenne la “signora di Asolo”, intrattenendo rapporti molto stretti pro/contro Venezia attraverso le amicizie delle donne regnanti di famiglie potenti come i Della Scala, Da Camino, d’Este, Gonzaga, Bentivoglio.
È fra gli anni 1490–1500 che ha origine il contesto storico che lega il maestro Leonardo da Vinci con il vino, in modo particolare con i vini dolci bianchi corposi passiti, tramite il volere e il potere di Ludovico Sforza detto il Moro.
Fra la promessa sposa di Ludovico il Moro, Beatrice d’Este sorella di Isabella moglie del potente Gonzaga di Mantova e Caterina Corner o Cornaro, divenuta signora di Asolo dopo essere stata regina di Cipro fino al 1489, c’è una lunga e fraterna amicizia dovuta ai diversi rapporti dei rispettivi potenti zii. Intanto Leonardo da Vinci sta lavorando in santa Maria delle Grazie per ordine de Il Moro alla creazione dell’”Ultima Cena”, nella quale per la prima volta appare il vino bianco e non il vino rosso (il vino Kasher della Pessah, la Pasqua ebraica era assolutamente vermiglio e porpora scuro).
Fu una delle novità leonardesche, fu una premonizione del cambio di vino di lì a poco nel Concilio Vaticano. Perché? Caterina Cornaro regala come dono di nozze del matrimonio fra Ludovico e Beatrice nel 1491 l’intero carico di un “bucintoro” veneziano che da Venezia risale il Po e il Ticino fino al castello Sforzesco: 500 piante “…inradicate sostenute e ponenti ampia chioma..” (così dice la bolla) di varie essenze fruttifere e floreali provenienti dai possedimenti veneziani, una specie di biglietto da visita del Doge.
Il Moro, in parte come pagamento delle opere, dona a Leonardo un “…orto con vigna già impiantata con piante ponenti e viti dell’isola di Candia… con casa”, ricavato nell’ampio giardino e fabbricato già dei marchesi Landi e degli Atellani, famiglie piacentine vassalli degli Sforza, lungo via Magenta. Le piante di vite, come alcune palme e alcuni cedri del Libano presenti fino a due secoli orsono nella stessa area, erano quelle donate anni prima da Caterina Cornaro.
Spulciando testi storici, manoscritti, può essere che fra le piante di vite provenienti da Candia ci fossero sicuramente dei Moscati, bianchi in particolare, forse quello di Alessandria d’Egitto, il patriarca anche dello Zibibbo (Moscato bianco dalla foglia glabra e dall’acino a punta), ovvero il progenitore di tutte le Malvasie e tutti i Moscati dal forte sapore aromatico, dolcissimo, ideale all’appassimento. Interessante anche una delle tante vie percorse nella diffusione di queste viti-uve di Moscato.
E qui comprendiamo come spesso sia difficile – senza documenti – capire certe presenza. Come detto la famiglia Atellani che condivideva orto e vigneto con Leonardo erano anche proprietari di fondi agricoli sui Colli Piacentini, il castello di Luzzano. È qui che gli Atellani portarono alcune piante della loro vigna milanese, e li ci sono da 500 anni e da lì si diffusero proprio per la alta produttività e l’aromaticità.
È la vigna di Leonardo che da Milano si diffonde sui colli oltrepadani, e non viceversa. In questo modo arrivano piante di varietà diverse (non certo di Malvasia perché chiamata tale solo all’inizi del 1800), il Corinto, la Sultana e il Moscato. Da qui poi il nome “malvàsìas”, sinonimo di “ombra di vino bianco di alta qualità” data dal Doge Barberigo con apposita bolla, e le insegne sulle osteria di “Calle Malvàsia” ancora oggi esistenti nel centro di Venezia, soprattutto dieto san Marco. Leonardo beveva questo vino nel “ gotto” o guttus, tipico bicchiere da osteria, ma poco e solo dopo aver mangiato.
Laurea in agraria e in economia politica agraria, master in gestione e marketing di imprese agroindustriale, economista del vino, giornalista, enologo, accademico della vite e del vino, degustatore per guide, docente a progetto in marketing prodotti Dop, esperto di consorzi di tutela Doc-Dop. Oggi dirige l’Altamarca Trevigiana, terra di grandi prodotti Docg, Doc e Dop, una agenzia di attrazione e sviluppo di marketing territoriale e segue l’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti-OVSE. Interessato alla scuola artistica di Barbizon, giocatore di golf, anche appassionato di cucina e di ricette del territorio.