Sicilia, anche il Primitivo di Puglia fra i vitigni autorizzati. Produttori pugliesi sul piede di guerra. Primitivo e Zibibbo di Pantelleria sulla stessa linea. Perché?
di Giampietro Comolli
Guerra nel mondo del vino al tempo del coronavirus. Ma è proprio necessario?
Il 30–34 % del vino italiano finisce nel canale horeca dove realizza – realizzava nel 2019 – il 50/54% della sommatoria del fatturato delle imprese italiane: una plus valenza importante e significativa per tutto il comparto.
Nel 2020 si presume un calo del 32–37% del fatturato totale realizzato da tutte le cantine italiane, affermano diversi studi e analisi di società di monitoraggio mercati e consumi, come Ovse-Ceves. Questo è il calcolo basato su 3 mesi completi di lockdown, dal 1 marzo al 30 maggio, comprensivo di tutte le vendite&consumi mancati (quindi nuovi ordini) e di tutte le fatture già emesse e non pagate (ovvero i crediti pregressi maturati).
Quindi un danno notevole che ha bisogno di interventi, di un piano strategico e sinergico, nazionale e regionale, che non si vede in nessun tavolo ministeriale e dell’interprofessione accreditata, solerte nel parlare! Nessun intervento neanche in nessuna cantina.
E questo vale dall’Amarone allo Zibibbo di Pantelleria, dal Gavi al Bolgheri, dalla Franciacorta al Prosecco, dal Valdobbiadene Superiore al Gutturnio Colli Piacentini.
Intanto la Regione Sicilia decide e da l’ok a richiesta di alcune enormi e importanti cantine siciliane di autorizzare la coltivazione del vitigno primitivo sull’intero territorio regionale, da Erice a Valle dell’Acate, dalle pendici dell’Etna a Pantelleria! La regione Puglia insieme a tutti i consorzi di tutela regionali si oppone totalmente: dove sta il potere della tutela? Chi è il difensore e il baluardo dell’origine ampelografica? Chi ha sempre difeso la visione “autoctona” dei vitigni storici? Il ministero ha sempre difeso la ricerca ampelografica dei registri di iscrizione dei vitigni autorizzati e registrati.
Cosa è successo? Cosa sta succedendo? Il Primitivo segue la storia dello Zibibbo di Pantelleria, quando in Sicilia è sempre stato coltivato, registrato e utilizzato il Moscato di Alessandria per i vini passiti. Ma non solo: la Doc Sicilia diventa obbligatoria in abbinamento a Pantelleria.
Si dice che è la stessa cosa della Doc “regionale” Piemonte e Toscana. Non è così: la Doc Piemonte è servita per dare una patria ai surplus di 20–30 anni fa senza valorizzare i vini stessi e facendo grande confusione con le singole Docg e Doc dei diversi distretti vocati e la Doc Toscana è volontaria, a discrezione delle singole Docg o Doc adottare il “toponimo regionale” come aggiuntivo e identificativo nelle promozione e comunicazione.
Due cose totalmente diverse, plausibili, valutabili e magari anche utili. Ma certamente non come “scippo” occulto e come intervento “dall’alto” su richiesta di pochi. In Puglia è intervenuto lo stesso ex assessore regionale Dario Stefàno e capogruppo PD al Senato a difesa della origine, tutela, salvaguardia del Primitivo di Puglia. Una particolarità burocratica/amministrativa accomuna queste delibere delle diverse regioni ma su stessi temi così importanti, le date: tutte avvengono fra il 25 e il 30 dicembre o fra il 9 e il 18 agosto! Una tempistica che fa nascere qualche legittima domanda: può la burocrazia pubblica agire di nascosto e in tempi occultabili? Come chiamerebbero e cosa direbbero di questi fatti i nostri antichi Padri della lingua italiana (anche siciliani come Verga e Pirandello), quale termine etimologico, quale significato e traduzione in parole più povere e banali utilizzerebbero?
Silenzio da parte del governatore Emiliano e dell’assessore all’agricoltura di Puglia. In particolare tutti gli enti consortili pugliesi, i sindaci dei comuni interessati si sono appellati al DM 13 agosto 2012 a difesa della etichettatura e presentazione dei prodotti vinicoli regionali, con una ufficiale presa di posizione della Regione Puglia per iMedie, dicono: “… che il Primitivo possa essere presentato nelle descrizioni secondarie di etichette riferite a vini rossi senza vitigno che provengono da Dop e Igp di altre regioni italiane. Inoltre, si eviterebbe che nell’elenco dei sinonimi vengano aggiunte delle varietà di viti che possono essere utilizzati nell’etichettatura e nella presentazione dei vini”.
Pieno appoggio.
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Foto di Tommaso Brignone
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Laurea in agraria e in economia politica agraria, master in gestione e marketing di imprese agroindustriale, economista del vino, giornalista, enologo, accademico della vite e del vino, degustatore per guide, docente a progetto in marketing prodotti Dop, esperto di consorzi di tutela Doc-Dop. Oggi dirige l’Altamarca Trevigiana, terra di grandi prodotti Docg, Doc e Dop, una agenzia di attrazione e sviluppo di marketing territoriale e segue l’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti-OVSE. Interessato alla scuola artistica di Barbizon, giocatore di golf, anche appassionato di cucina e di ricette del territorio.