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Intervista all’Assessore Parisi sull’AMP a Pantelleria
09/03/2021L’AMP a Pantelleria: tante discussioni, tante polemiche, tanti dubbi ed il timore di un’altra decisione calata dall’alto. Abbiamo sentito Angelo Parisi, che prima di assessore è Ingegnere Ambientale e esperto nazionale per le energie rinnovabili, nella prima di una serie di interviste mirate sull’argomento.
di Flavio Silvia
Si parla di AMP a Pantelleria, ma in molti non hanno ben capito di cosa si tratta. Innanzi tutto, AMP sta per Area Marina Protetta, un’oasi marina che protegge l’ambiente, la fauna ittica, i fondali e rappresenta, in soldoni, una grande risorsa turistica ed economica.
Ma se questa è un’AMP, da cosa ha origine l’avversione che alcuni isolani stanno mostrando verso questa ulteriore preservazione dell’ambiente isolano, in particolare il più fragile e depauperato, quello marino?
Lo abbiamo chiesto ad un esperto che vive a Pantelleria e ci lavora, ma che molti non conoscono nella sua veste professionale, ma solo amministrativa, l’Ing. Angelo Parisi, specializzato proprio in Ingegneria Ambientale ed Energie Rinnovabili.
Assessore, ci permetta, nell’ambito di un’intervista di settore, di lasciare da parte il ruolo istituzionale e di considerare quello che ci interessa per parlare di AMP, il ruolo professionale. Quindi la chiameremo semplicemente Ingegnere.
Va benissimo.
Allora, Ing. Parisi, ci spiega in parole povere cos’è un’AMP?
Un’area marina protetta è un parco naturale che riguarda un tratto di mare. Serve a preservare dall’inquinamento o dallo sfruttamento incontrollato un tratto di mare e di costa di elevato pregio naturale, paesaggistico o ambientale. Come tutte le isole minori, Pantelleria possiede tutte queste caratteristiche, non a caso è nota con il nome di “Perla nera del Mediterraneo”. Perla perché è una gemma preziosa e, in quanto tale, va preservata e conservata per impedire alla voracità umana di danneggiarla irrimediabilmente.
Come nasce l’esigenza delle AMP nel Mediterraneo, già attive in altre isole?
Il mare negli ultimi anni è diventata la pattumiera dell’uomo e questo ha prodotto la perdita, a volte irrimediabile, della fauna e della flora sottomarina, che ha portato con sé anche la morte di alcune attività, soprattutto piccole, che vivevano grazie ad esse. Parlo, ad esempio, delle piccole famiglie di pescatori. A tutto ciò bisogna sommare l’effetto del riscaldamento globale che ha prodotto i suoi effetti soprattutto sui mari “chiusi”, quale è il Mare Nostrum, il Mediterraneo, con un innalzamento della temperatura media dell’acqua e, a seguito dell’apertura del Canale di Suez, anche di una tropicalizzazione delle stesse con la presenza di specie animali e vegetali aliene, tipiche del Mar Rosso o delle zone tropicali.
Dal lato della terra, poi, non va meglio. L’inquinamento versato sui corsi d’acqua finisce in mare, così come gli scarichi fognari abusivi e incontrollati frutto, il più delle volte, di una cementificazione delle coste conseguente alla speculazione legata all’edilizia.
A tutto ciò si aggiungono le attività della pesca di frodo e a strascico, della pesca industriale, le attività petrolifere, il crescere del trasporto delle merci conseguente alla globalizzazione dei mercati. Tutto ciò non fa bene al nostro mare e le piccole isole sono le prime a pagarne le conseguenze.
E allora cosa fare?
Per tale ragione è necessario preservare l’ambiente delle piccole isole, facendo in modo che la loro bellezza non si perda per sempre.
Ma come possiamo farlo?
Regolamentando le attività umane per renderle sostenibili, così come hanno fatto i nostri avi per secoli. Loro sapevano di essere parte dell’ambiente in cui vivevano e quindi erano coscienti che preservare l’ambiente significava preservare loro stessi. Oggi questo concetto si è quasi perso. L’uomo moderno si sente onnipotente ed estraneo all’ambiente in cui vive. Per tale ragione crede di poterlo sfruttare a proprio piacimento arrivando al punto di sostenere che quelle poche regole che servono a salvaguardare la vita umana, gli siano di impiccio. Non pensa, ad esempio, che un ambiente tutelato e preservato possa fornirgli altre possibilità di sviluppo.
Qui allora entra in ballo l’AMP?
Sì. Questi sono i motivi per cui si rende necessario completare gli strumenti di tutela ambientale con la richiesta di istituzione dell’Area Marina Protetta, prevista fin dagli anni ’80 e fino ad oggi inspiegabilmente mai attuata.
Quanto ci vuole a creare un’AMP? I panteschi hanno già subito una sorta di ‘imposizione dall’alto’ per la creazione del Parco e molti temono che succeda qualcosa di analogo e di svegliarsi una mattina e trovarsi con l’AMP in vigore, senza che abbiano potuto discuterla.
L’iter non deve essere né breve, né lungo e, soprattutto, deve prevedere la partecipazione della popolazione nella scrittura delle regole e nel disegno delle zone. Questo per evitare che, come già successo, sia vista come un’imposizione e non come una importante opportunità.
In questo processo un ruolo importante lo avranno le forze politiche locali. Spetta a loro sedersi insieme e chiedere la collaborazione dei cittadini e farsi interpreti delle esigenze di tutti. Naturalmente di quelle lecite, perché quelle illecite non possono avere cittadinanza in una società.
L’Amministrazione comunale, su questo fronte, ha avviato un processo di coinvolgimento delle realtà locali. Cominciando proprio con l’Ente Parco, la Capitaneria di Porto e le forze politiche locali. Si parte da un foglio bianco e su esso si scriveranno insieme le regole.
Le forze politiche sull’isola, però, rappresentano ben pochi cittadini, come ha fatto notare più di un pantesco commentando la notizia che la prima riunione delle istituzioni su questa questione sia stata fatta con i rappresentanti dei partiti.
Naturalmente non si deve restare fermi alle sole forze politiche e alle istituzioni, si dovranno coinvolgere anche le realtà economiche e sociali che vivono l’isola e conoscono bene i pericoli da cui bisogna salvaguardarla.
Eppure, anche con l’assicurazione che ci sarà coinvolgimento, alcuni panteschi nutrono forti dubbi sull’istituzione dell’AMP, a volte più che dubbio potremmo chiamare il loro un netto NO. Come si possono far cambiare idea o perlomeno informare meglio sulla questione?
Purtroppo, come sempre, c’è qualcuno che sta provando ad ostacolare questo processo partecipato, perché non vuole l’istituzione dell’Area Marina. Mi piacerebbe conoscerne le ragioni. Infatti, ad oggi, sento solo parlare di nuovo di “imposizione dall’alto”, quando in effetti si vuole coinvolgere tutti. Questi soggetti, come è solito, pensano solo ad avvelenare i pozzi, diffondendo notizie false al solo fine di spaccare la popolazione. Ed in effetti la storia dovrebbe aver loro insegnato qualcosa. Il ‘parto’ del Parco Nazionale è stato lungo e travagliato e non ha coinvolto la popolazione. Si contrastavano due fronti: uno che voleva un Parco fasullo che permettesse di continuare a sfruttare il territorio, un altro che voleva delle regole certe per conservare Pantelleria e renderla fruibile anche alle generazioni future. Il batti e ribatti tra le due fazioni che si alternavano alla guida dell’Amministrazione ha portato alla nascita di un Parco non del tutto condiviso dalla popolazione, che lo ha visto come un’imposizione dall’alto e che ha dovuto aspettare una tragedia per vedere la luce.
Eppure tanti panteschi si lamentano di quanti effettuano la pesca di frodo o a strascico, della pesca massiccia che negli anni ha depredato Pantelleria attuata da pescherecci siciliani, dei fondali sempre più sporchi e spogli, perché ora ostacolare un processo di tutela che servirebbe proprio ad impedire che questa situazione continui?
A quanto pare questa lezione non è servita e c’è ancora chi intende solo speculare sulla pelle dell’ambiente e quindi delle persone, perché noi viviamo in questo ambiente e per vivere bene, abbiamo bisogno che sia sano. Incuranti di questa elementare deduzione, oggi c’è chi sta riprovando a rallentare, se non bloccare, il processo partecipato che deve portare alla nascita dell’Area Marina.
Non a caso appaiono assurde alcune dichiarazioni di esponenti politici che durante il primo incontro sostenevano di “voler leggere le carte prima di esprimere un giudizio”. Sembrerebbe che vogliano sottrarsi all’invito a scriverle insieme quelle “carte”. Un modo per dire “andate avanti voi, io forse verrò dopo” e così poter essere liberi di bocciare un’eventuale proposta condivisa. Un modo assurdo per non assumersi le proprie responsabilità e non dire apertamente quello che pensano. Atteggiamenti da vecchia politica truccata da nuova.
Comunque il processo è partito e mi auguro che si arrivi alla scrittura di una proposta che possa mettere d’accordo le richieste dei cittadini e la salvaguardia dell’ambiente.
Foto di Tommaso Brignone
Sono il corrispondente di Punto a Capo per la Regione Sicilia, in particolare, per l‘isola di Pantelleria. Affronto le maggiori tematiche riguardanti il mio territorio, portando le notizie siciliane anche fuori dall’isola.
Cerco di trasmettere tramite i miei articoli la mia passione per la scrittura che sempre mi ha distinto e che oggi è arrivata anche a diventare metodo per la diffusione di notizie. Sono molto legato al mio territorio, questo è quello che mi porta a scrivere; oltre anche, sicuramente, alla passione che provo nei confronti delle tematiche che tratto.
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È la mia prima esperienza in un giornale, cerco di scrivere le notizie in modo tale da render interessante il tutto e condendolo con un pizzico di senso critico, per appassionare il lettore alla lettura dei miei articoli, trasmettendo la passione che metto nel scrivere i pezzi.