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Intervista all’Assessore Parisi sull’AMP a Pantelleria

Pantelleria - Foto di Tommaso Brignone

L’AMP a Pantelleria: tante discussioni, tante polemiche, tanti dubbi ed il timore di un’altra decisione calata dall’alto. Abbiamo sentito Angelo Parisi, che prima di assessore è Ingegnere Ambientale e esperto nazionale per le energie rinnovabili, nella prima di una serie di interviste mirate sull’argomento.

di Fla­vio Silvia

Si par­la di AMP a Pan­tel­le­ria, ma in mol­ti non han­no ben capi­to di cosa si trat­ta. Innan­zi tut­to, AMP sta per Area Mari­na Pro­tet­ta, un’oasi mari­na che pro­teg­ge l’ambiente, la fau­na itti­ca, i fon­da­li e rap­pre­sen­ta, in sol­do­ni, una gran­de risor­sa turi­sti­ca ed economica.

Ma se que­sta è un’AMP, da cosa ha ori­gi­ne l’avversione che alcu­ni iso­la­ni stan­no mostran­do ver­so que­sta ulte­rio­re pre­ser­va­zio­ne dell’ambiente iso­la­no, in par­ti­co­la­re il più fra­gi­le e depau­pe­ra­to, quel­lo marino?

Lo abbia­mo chie­sto ad un esper­to che vive a Pan­tel­le­ria e ci lavo­ra, ma che mol­ti non cono­sco­no nel­la sua veste pro­fes­sio­na­le, ma solo ammi­ni­stra­ti­va, l’Ing. Ange­lo Pari­si, spe­cia­liz­za­to pro­prio in Inge­gne­ria Ambien­ta­le ed Ener­gie Rinnovabili.

Assessore, ci permetta, nell’ambito di un’intervista di settore, di lasciare da parte il ruolo istituzionale e di considerare quello che ci interessa per parlare di AMP, il ruolo professionale. Quindi la chiameremo semplicemente Ingegnere.

Va benis­si­mo.

Allora, Ing. Parisi, ci spiega in parole povere cos’è un’AMP?

Un’area mari­na pro­tet­ta è un par­co natu­ra­le che riguar­da un trat­to di mare. Ser­ve a pre­ser­va­re dall’inquinamento o dal­lo sfrut­ta­men­to incon­trol­la­to un trat­to di mare e di costa di ele­va­to pre­gio natu­ra­le, pae­sag­gi­sti­co o ambien­ta­le. Come tut­te le iso­le mino­ri, Pan­tel­le­ria pos­sie­de tut­te que­ste carat­te­ri­sti­che, non a caso è nota con il nome di “Per­la nera del Medi­ter­ra­neo”. Per­la per­ché è una gem­ma pre­zio­sa e, in quan­to tale, va pre­ser­va­ta e con­ser­va­ta per impe­di­re alla vora­ci­tà uma­na di dan­neg­giar­la irrimediabilmente.

Come nasce l’esigenza delle AMP nel Mediterraneo, già attive in altre isole?

Il mare negli ulti­mi anni è diven­ta­ta la pat­tu­mie­ra dell’uomo e que­sto ha pro­dot­to la per­di­ta, a vol­te irri­me­dia­bi­le, del­la fau­na e del­la flo­ra sot­to­ma­ri­na, che ha por­ta­to con sé anche la mor­te di alcu­ne atti­vi­tà, soprat­tut­to pic­co­le, che vive­va­no gra­zie ad esse. Par­lo, ad esem­pio, del­le pic­co­le fami­glie di pesca­to­ri. A tut­to ciò biso­gna som­ma­re l’effetto del riscal­da­men­to glo­ba­le che ha pro­dot­to i suoi effet­ti soprat­tut­to sui mari “chiu­si”, qua­le è il Mare Nostrum, il Medi­ter­ra­neo, con un innal­za­men­to del­la tem­pe­ra­tu­ra media dell’acqua e, a segui­to dell’apertura del Cana­le di Suez, anche di una tro­pi­ca­liz­za­zio­ne del­le stes­se con la pre­sen­za di spe­cie ani­ma­li e vege­ta­li alie­ne, tipi­che del Mar Ros­so o del­le zone tropicali.

Dal lato del­la ter­ra, poi, non va meglio. L’inquinamento ver­sa­to sui cor­si d’acqua fini­sce in mare, così come gli sca­ri­chi fogna­ri abu­si­vi e incon­trol­la­ti frut­to, il più del­le vol­te, di una cemen­ti­fi­ca­zio­ne del­le coste con­se­guen­te alla spe­cu­la­zio­ne lega­ta all’edilizia.

A tut­to ciò si aggiun­go­no le atti­vi­tà del­la pesca di fro­do e a stra­sci­co, del­la pesca indu­stria­le, le atti­vi­tà petro­li­fe­re, il cre­sce­re del tra­spor­to del­le mer­ci con­se­guen­te alla glo­ba­liz­za­zio­ne dei mer­ca­ti. Tut­to ciò non fa bene al nostro mare e le pic­co­le iso­le sono le pri­me a pagar­ne le conseguenze.

E allora cosa fare?

Per tale ragio­ne è neces­sa­rio pre­ser­va­re l’ambiente del­le pic­co­le iso­le, facen­do in modo che la loro bel­lez­za non si per­da per sempre.

Ma come possiamo farlo? 

Rego­la­men­tan­do le atti­vi­tà uma­ne per ren­der­le soste­ni­bi­li, così come han­no fat­to i nostri avi per seco­li. Loro sape­va­no di esse­re par­te dell’ambiente in cui vive­va­no e quin­di era­no coscien­ti che pre­ser­va­re l’ambiente signi­fi­ca­va pre­ser­va­re loro stes­si. Oggi que­sto con­cet­to si è qua­si per­so. L’uomo moder­no si sen­te onni­po­ten­te ed estra­neo all’ambiente in cui vive. Per tale ragio­ne cre­de di poter­lo sfrut­ta­re a pro­prio pia­ci­men­to arri­van­do al pun­to di soste­ne­re che quel­le poche rego­le che ser­vo­no a sal­va­guar­da­re la vita uma­na, gli sia­no di impic­cio. Non pen­sa, ad esem­pio, che un ambien­te tute­la­to e pre­ser­va­to pos­sa for­nir­gli altre pos­si­bi­li­tà di sviluppo.

Qui allora entra in ballo l’AMP?

Sì. Que­sti sono i moti­vi per cui si ren­de neces­sa­rio com­ple­ta­re gli stru­men­ti di tute­la ambien­ta­le con la richie­sta di isti­tu­zio­ne dell’Area Mari­na Pro­tet­ta, pre­vi­sta fin dagli anni ’80 e fino ad oggi inspie­ga­bil­men­te mai attuata.

Quanto ci vuole a creare un’AMP? I panteschi hanno già subito una sorta di ‘imposizione dall’alto’ per la creazione del Parco e molti temono che succeda qualcosa di analogo e di svegliarsi una mattina e trovarsi con l’AMP in vigore, senza che abbiano potuto discuterla.

L’iter non deve esse­re né bre­ve, né lun­go e, soprat­tut­to, deve pre­ve­de­re la par­te­ci­pa­zio­ne del­la popo­la­zio­ne nel­la scrit­tu­ra del­le rego­le e nel dise­gno del­le zone. Que­sto per evi­ta­re che, come già suc­ces­so, sia vista come un’imposizione e non come una impor­tan­te opportunità.

In que­sto pro­ces­so un ruo­lo impor­tan­te lo avran­no le for­ze poli­ti­che loca­li. Spet­ta a loro seder­si insie­me e chie­de­re la col­la­bo­ra­zio­ne dei cit­ta­di­ni e far­si inter­pre­ti del­le esi­gen­ze di tut­ti. Natu­ral­men­te di quel­le leci­te, per­ché quel­le ille­ci­te non pos­so­no ave­re cit­ta­di­nan­za in una società.

L’Amministrazione comu­na­le, su que­sto fron­te, ha avvia­to un pro­ces­so di coin­vol­gi­men­to del­le real­tà loca­li. Comin­cian­do pro­prio con l’Ente Par­co, la Capi­ta­ne­ria di Por­to e le for­ze poli­ti­che loca­li. Si par­te da un foglio bian­co e su esso si scri­ve­ran­no insie­me le regole.

Le for­ze poli­ti­che sull’isola, però, rap­pre­sen­ta­no ben pochi cit­ta­di­ni, come ha fat­to nota­re più di un pan­te­sco com­men­tan­do la noti­zia che la pri­ma riu­nio­ne del­le isti­tu­zio­ni su que­sta que­stio­ne sia sta­ta fat­ta con i rap­pre­sen­tan­ti dei partiti.

Natu­ral­men­te non si deve resta­re fer­mi alle sole for­ze poli­ti­che e alle isti­tu­zio­ni, si dovran­no coin­vol­ge­re anche le real­tà eco­no­mi­che e socia­li che vivo­no l’isola e cono­sco­no bene i peri­co­li da cui biso­gna salvaguardarla.

Eppure, anche con l’assicurazione che ci sarà coinvolgimento, alcuni panteschi nutrono forti dubbi sull’istituzione dell’AMP, a volte più che dubbio potremmo chiamare il loro un netto NO. Come si possono far cambiare idea o perlomeno informare meglio sulla questione?

Pur­trop­po, come sem­pre, c’è qual­cu­no che sta pro­van­do ad osta­co­la­re que­sto pro­ces­so par­te­ci­pa­to, per­ché non vuo­le l’istituzione dell’Area Mari­na. Mi pia­ce­reb­be cono­scer­ne le ragio­ni. Infat­ti, ad oggi, sen­to solo par­la­re di nuo­vo di “impo­si­zio­ne dall’alto”, quan­do in effet­ti si vuo­le coin­vol­ge­re tut­ti. Que­sti sog­get­ti, come è soli­to, pen­sa­no solo ad avve­le­na­re i poz­zi, dif­fon­den­do noti­zie fal­se al solo fine di spac­ca­re la popo­la­zio­ne. Ed in effet­ti la sto­ria dovreb­be aver loro inse­gna­to qual­co­sa. Il ‘par­to’ del Par­co Nazio­na­le è sta­to lun­go e tra­va­glia­to e non ha coin­vol­to la popo­la­zio­ne. Si con­tra­sta­va­no due fron­ti: uno che vole­va un Par­co fasul­lo che per­met­tes­se di con­ti­nua­re a sfrut­ta­re il ter­ri­to­rio, un altro che vole­va del­le rego­le cer­te per con­ser­va­re Pan­tel­le­ria e ren­der­la frui­bi­le anche alle gene­ra­zio­ni futu­re. Il bat­ti e ribat­ti tra le due fazio­ni che si alter­na­va­no alla gui­da dell’Amministrazione ha por­ta­to alla nasci­ta di un Par­co non del tut­to con­di­vi­so dal­la popo­la­zio­ne, che lo ha visto come un’imposizione dall’alto e che ha dovu­to aspet­ta­re una tra­ge­dia per vede­re la luce.

Eppure tanti panteschi si lamentano di quanti effettuano la pesca di frodo o a strascico, della pesca massiccia che negli anni ha depredato Pantelleria attuata da pescherecci siciliani, dei fondali sempre più sporchi e spogli, perché ora ostacolare un processo di tutela che servirebbe proprio ad impedire che questa situazione continui?

A quan­to pare que­sta lezio­ne non è ser­vi­ta e c’è anco­ra chi inten­de solo spe­cu­la­re sul­la pel­le dell’ambiente e quin­di del­le per­so­ne, per­ché noi vivia­mo in que­sto ambien­te e per vive­re bene, abbia­mo biso­gno che sia sano. Incu­ran­ti di que­sta ele­men­ta­re dedu­zio­ne, oggi c’è chi sta ripro­van­do a ral­len­ta­re, se non bloc­ca­re, il pro­ces­so par­te­ci­pa­to che deve por­ta­re alla nasci­ta dell’Area Marina.

Non a caso appa­io­no assur­de alcu­ne dichia­ra­zio­ni di espo­nen­ti poli­ti­ci che duran­te il pri­mo incon­tro soste­ne­va­no di “voler leg­ge­re le car­te pri­ma di espri­me­re un giu­di­zio”. Sem­bre­reb­be che voglia­no sot­trar­si all’invito a scri­ver­le insie­me quel­le “car­te”. Un modo per dire “anda­te avan­ti voi, io for­se ver­rò dopo” e così poter esse­re libe­ri di boc­cia­re un’eventuale pro­po­sta con­di­vi­sa. Un modo assur­do per non assu­mer­si le pro­prie respon­sa­bi­li­tà e non dire aper­ta­men­te quel­lo che pen­sa­no. Atteg­gia­men­ti da vec­chia poli­ti­ca truc­ca­ta da nuova.

Comun­que il pro­ces­so è par­ti­to e mi augu­ro che si arri­vi alla scrit­tu­ra di una pro­po­sta che pos­sa met­te­re d’accordo le richie­ste dei cit­ta­di­ni e la sal­va­guar­dia dell’ambiente.


Foto di Tom­ma­so Brignone


 

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