Pantelleria c’è, resiste, deve rilanciare, guarda molto avanti. Ma l’Italia ‘monti&collialti’ è vulnerabile e in pericolo
di Giampietro Comolli
La situazione sulla “isola piccola” del Mediterraneo non è facile, non da prospettiva.
I primi di settembre una tromba d’aria, ancora in periodo di attività turistica, ha prodotto calamità ingenti procurando anche danni mortali a persone con feriti.
Prontamente il sindaco Vincenzo Campo ha inoltrato richiesta di riconoscimento dell’emergenza e calamità naturale. Nello Musumesi, governatore siciliano, si è recato sulla “Perla Nera”insieme al vice Gaetano Armao, all’Assessore Ruggero Razza, al responsabile Protezione Civile Salvo Cocina, la giunta ha deliberato lo stato eccezionale e ha chiesto il riconoscimento dello stato di calamità.
Colpita la zona di nordest di Khattibugale e Campobello: aree verdi che fanno ombra ai tradizionali dammusi. Solo per fare il quadro della situazione “pantesca”, 5 anni fa gli incendi desertificarono 500 ettari a verde della famosa Montagna Grande. Nuovamente dal 24 ottobre e nei giorni successivi, l’isola di Pantelleria è stata ancora sotto attacco da condizioni metereologiche avverse provenienti dal mare, sotto forma di uragano, chiamato Apollo.
Prontamente il sindaco ha emesso le ordinanze del caso, ma nuovi danni ingenti sono evidenti soprattutto nei porti: barche affondate, ovviamente interruzione delle utenze, in aperta campagna crolli, smottamenti e viabilità interrotta.
In 5 ore è piovuto oltre il 30% di tutta l’acqua di un anno intero.
Altra richiesta inoltrata dal sindaco Vincenzo Campo in Regione per una nuova calamità naturale. La situazione è molto grave e da “amico” di Pantelleria mi sento un po’ ferito anch’io, ho sentito tristezza negli amici panteschi, ho letto delusione, rinunce. Non è giusto.
Non solo per Pantelleria. Ma per tutte le aree interne minori, difficili, precarie d’Italia: il 61% del territorio nazionale è in aree definite di Monti&Collialti.
È la spina dorsale, la schiena dritta dell’intero stivale, dove c’è verde e forestazione, si producono eccellenze enogastronomiche, c’è attrazione turistica di relax salutare e salutistica, piccole imprese artigianali. Quelle rimaste dopo la fuga e l’abbandono negli ultimi 50 anni di 14 milioni di italiani, pochissimi i rientri, quasi solo di ritorni da pensionati. Si sono perse, fra agricoltura, commercio, industria, artigianato, oltre il 78% delle imprese presenti negli anni 1965–1975, quando la CEE emanò direttive sostanziose con grandi impegni di spesa allora per incentivare il territorio agroalimentare e agropastorale svantaggiato.
La politica non seppe guardare oltre alla costituzione delle Comunità Montane, al posizionamento di figure partitiche, elargendo con il contagocce sussidi assistenziali che portarono solo alla agonia o alla chiusura. Addirittura furono costituite Comunità Montane anche lungo le coste marittime.
Occorre una nuova legge per “montagne, Appennini, isole minori”, cancellando però tutte le vecchie leggi.
Dettando norme veloci semplici dirette di attualità e di prospettiva, con strategia di lungo periodo, puntando sui giovani e le nuove imprese.
Niente assistenza senza costrutto, ma un’integrazione al reddito per chi ritorna a vivere fisso, creando una famiglia e un’impresa che duri nel tempo, almeno 20 anni, partendo dal settore più presidiante, l’agricoltura forestale, pastorale, ambientale. Evidentemente, però, con il massimo della efficienza tecnologica, interattiva, viaria, sociale, civile, commerciale, assistenziale, ospitale e sanitario.
Dare un contributo per l’acquisto della prima casa non è sufficiente. La vendita di case ad 1 euro non serve a tutto il sistema-modello che dobbiamo mettere in pratica per governare in modo intelligente la “transizione eco ambientale territoriale”, perché questa è la vera e unica designazione necessaria.
Massima integrazione fra figure istituzionali, sociali e private diverse. Una giovane famiglia agraria che alleva animali o coltiva gli orti e i campi, può benissimo essere impiegata anche come maestri d’asilo, infermieri, veterinari, medici, autisti, fornai.
I recenti incontri pubblici, in contemporanea, delle ministre Carfagna (per il sud e la coesione territoriale) e Gelmini (affari regionali) farebbero ben sperare: la prima parla di 350 milioni di euro del Pnrr per l’innovazione degli ecosistemi marginalizzati del sud Italia, oltre a 300 milioni di euro solo per le strade interne; la seconda di circa 1 miliardo dedicato alla emergenza economica delle Montagne d’Italia.
Spero in una legge che guardi al futuro e non al passato, cancelli norme inutili, porti avanti progetti stra-vecchi dei piani 2014–2020 della UE, sia integrativa e inclusiva di ministeri diversi, ma solo con una visione strategica e non collusiva, compensativa, di prebende, di assistenza non attiva.
La Carfagna è stata chiara: “…non esiste solo un divario nord-sud, ma anche pianura-montagna, comuni e isole minori e metropoli e isole grandi”.
Non è la pandemia che ha distrutto l’economia montana, appenninica e isole minori, ma una miopia della generazione precedente, la mia e la stessa mia generazioni. Abbiamo guardato agli interessi di bottega, ordinari, quotidiani. Ci sono, fra ministeri diversi nazionali, compreso quello della transizione, della agricoltura, della tecnologia, circa 56 miliardi di euro che finiranno alla Regioni italiane, di questi quasi 2/3 alle regioni del sud Italia. Spero che il governatore Musumeci si ricordi di Pantelleria, delle calamità, dei danni e soprattutto della difesa, tutela, ripresa, rilancio della Perla Nera del Mediterraneo
Pantelleria può farcela tranquillamente, deve solo impostare un progetto e crono-programma che non punti a fatti occasionali e a soluzione di problemi continenti. Certo l’ospedale deve funzionare tutti i giorni, come l’aeroporto e il porto, ecc…
C’è bisogno di una visione strategica per almeno 20 anni.
Saranno altri sindaci a goderne i frutti? È nella logica della politica, ma la politica di oggi deve garantire futuro, spazio, iniziativa, inventiva, controlli, sicurezza, garanzia. Oltre al Comune, esiste da luglio 2016 un Parco Nazionale dedicato all’isola di Pantelleria: quali idee e progetti ha da presentare ai Ministri Carfagna, Gelmini, Colao, Patuanelli, Cingolani (NB: è di qualche ora fa la definizione dei bilanci MiTe anche per i territori montani meridionali) tramite la Regione e le strutture operative previste?
Il Comune ha già posto in essere i piani habitat-Ue, paesaggistici, regolatori. La Regione Sicilia ha definito la Riserva Speciale, lo stesso ministero la ZSC e l’area di competenza; ora tocca al Parco, indicato come gestore e responsabile della disciplina della tutela, riconosciuto come servizio pubblico da adempiere, dotato di organico e di fondi diretti ordinari e speciali.
Come “amico” di Pantelleria mi piacerebbe leggere, presto, un piano organico predisposto in modo che le attività imprenditoriali siano attivate, accresciute, stimolate, incentivate in una logica di ripresa economica, di rientro dei “cervelli panteschi”, di investimenti nelle persone, di allargamento condiviso e inter-operativo di tutte le attività sociali-civili. A quando?
Foto di Tommaso Brignone
Laurea in agraria e in economia politica agraria, master in gestione e marketing di imprese agroindustriale, economista del vino, giornalista, enologo, accademico della vite e del vino, degustatore per guide, docente a progetto in marketing prodotti Dop, esperto di consorzi di tutela Doc-Dop. Oggi dirige l’Altamarca Trevigiana, terra di grandi prodotti Docg, Doc e Dop, una agenzia di attrazione e sviluppo di marketing territoriale e segue l’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti-OVSE. Interessato alla scuola artistica di Barbizon, giocatore di golf, anche appassionato di cucina e di ricette del territorio.