La rabbia e il fuoco. Pantelleria brucia, racconto di una notte all’inferno

La rabbia e il fuoco. Pantelleria brucia, racconto di una notte all’inferno

18/08/2022 2 Di Francesca Marrucci

L’Editoriale. Cronaca e riflessioni di una notte all’inferno, tra la paura e l’ansia delle persone, tra lo scempio di un disastro, con la rabbia di un colpevole sconosciuto

di Fran­ce­sca Marrucci

Ecco­mi qui, sto bene, tranquilli.

Rin­gra­zio i tan­tis­si­mi che han­no scrit­to e tele­fo­na­to pre­oc­cu­pa­ti. Scu­sa­te se non ho subi­to rispo­sto e qual­cu­no l’ho liqui­da­to in due paro­le, ma non sem­pre era pos­si­bi­le. Tipo mia madre che mi ha chia­ma­to nel bel mez­zo dell’incendio e del­le tele­fo­na­te di coor­di­na­men­to del­le azio­ni, giu­sto per dir­ne una!

Ieri è stata una giornata davvero impegnativa e faticosa.

Oltre al lavo­ro e alla bel­lis­si­ma con­fe­ren­za archeo­lo­gi­ca tenu­ta in Aula Con­si­lia­re da Tho­mas Schä­fer e Fre­rich Schön, spe­ra­vo di poter tor­na­re pre­sto a casa e inve­ce mi è arri­va­to un mes­sag­gio da Fla­vio Sil­via che mi dice­va ‘Mez­za iso­la va a fuo­co e tu dove sei?

Giu­sto il tem­po di risi­ste­ma­re la sala con­si­lia­re e man­gia­re un po’ di pasta per cena e poi abbia­mo deci­so di anda­re a vede­re la situa­zio­ne di per­so­na, per­ché Fla­vio ci con­ti­nua­va a dire che c’e­ra l’in­fer­no in ter­ra e arri­va­va­no tele­fo­na­te mon­che e distur­ba­te dal­la Pro­te­zio­ne Civi­le che pale­sa­va pre­oc­cu­pa­zio­ne. Sal­va­to­re ha fat­to par­ti­re tre auto­bot­ti del Comu­ne per aiu­ta­re i mez­zi di soc­cor­so e poi sia­mo par­ti­ti, pri­ma io e Ange­lo, anche per­ché ave­vo neces­si­tà di cam­bia­re le infra­di­to con un paio di scar­pe chiu­se, per­ché imma­gi­na­va­mo cosa avrem­mo tro­va­to, poi sono par­ti­ti Leo e Sal­va­to­re che ci han­no pre­ce­du­to di qual­che minu­to al pri­mo posto di blocco.

Sul­la stra­da, giu­ro, le imma­gi­ni dei baglio­ri e del­le fiam­me che si sta­glia­va­no all’o­riz­zon­te era­no qua­si irrea­li, oltre che spa­ven­to­se. Man mano che ci avvi­ci­na­va­mo ci ren­de­va­mo con­to del­la vasti­tà del rogo. Lun­go la stra­da, sul ciglio del­la car­reg­gia­ta, fuo­chi spar­si ria­ni­ma­ti dal for­te ven­to, con­ti­nua­va­no a camminare.

In alto, alzavamo lo sguardo e, tutto intorno, il solito buio era cosparso di fiammelle.

Quan­do c’è tan­to buio è dif­fi­ci­le capi­re le distan­ze, le altez­ze, le sago­me, l’u­ni­ca cosa che si capi­va bene era­no i fuo­chi pic­co­li e gran­di spar­si ovun­que che segna­va­no il con­fi­ne tra ter­ra e cielo.

Ogni tan­to fiam­me altis­si­me e improv­vi­se si alza­va­no a destra o sini­stra in mez­zo a cam­pi fino a qual­che secon­do pri­ma com­ple­ta­men­te bui e ci sen­ti­va­mo impo­ten­ti davan­ti a quel­lo spet­ta­co­lo di distruzione.

Quan­do sia­mo arri­va­ti all’in­cro­cio con Kham­ma, Fla­vio ci aspet­ta­va lì, ave­va par­cheg­gia­to al sicu­ro l’au­to ed era a pie­di a foto­gra­fa­re, fil­ma­re, inter­vi­sta­re ormai da più di tre ore. Da solo.

La sua cro­na­ca del­l’in­cen­dio gli è val­sa mol­ti com­pli­men­ti dai col­le­ghi del­le testa­te nazio­na­li che han­no ini­zia­to a chia­mar­lo e a chie­der­gli fil­ma­ti, foto e notizie.

Nel frat­tem­po, Fla­vio ave­va atti­va­to un filo diret­to con la Capi­ta­ne­ria di Por­to che lo aggior­na­va sul­le loro atti­vi­tà di soccorso.

Arrivati a Gadir siamo rimasti senza fiato.

Un’in­te­ra col­li­na in fiam­me, altis­si­me, ali­men­ta­te da un ven­to impie­to­so e cal­dis­si­mo, con gli uomi­ni dei VVFF a far­si in quat­tro con i pic­kup e le par­ten­ze, i volon­ta­ri del­la Pro­te­zio­ne Civi­le che non si sono rispar­mia­ti e poi i Cara­bi­nie­ri ver­di e ordi­na­ri, il Cor­po del­la Fore­sta­le, Car­mi­ne del Par­co Nazio­na­le, il Sin­da­co che anda­va avan­ti e indie­tro in scoo­ter a con­trol­la­re le case più vici­ne alle fiam­me e a sen­ti­re gli abi­tan­ti spa­ven­ta­ti e noi tut­ti a guar­dar­ci con que­st’a­ria sper­sa e preoccupata.

Ad un cer­to pun­to, anche per met­te­re in con­tat­to Vin­cen­zo con i media che chia­ma­va­no, deci­do di seguir­lo a pie­di e Fla­vio vie­ne con me.

Sul fron­te del fuo­co abbia­mo visto con ango­scia come in pochi secon­di, spin­to dal­lo sci­roc­co, il fuo­co con­su­ma­va cen­ti­na­ia di metri di ter­re­no, abbia­mo attra­ver­sa­to una spe­cie di infer­no fat­to di arbu­sti in fiam­me, uli­vi e pian­te anne­ri­ti e con­su­ma­ti, nugo­li di cene­re che ci copri­va­no e sec­ca­va­no la gola e anneb­bia­va­no la vista.

Un mondo nero e di fuliggine

Un mon­do nero di not­te e fulig­gi­ne oltre il qua­le, accer­chia­te, c’erano case e per­so­ne sen­za luce, sen­za acqua (per­ché qui per l’acqua ci vuo­le la cor­ren­te per la pom­pa), con lo sguar­do fis­so sull’avanzare del fuo­co, spe­ran­do che il ven­to non cam­bias­se dire­zio­ne, ros­se e suda­te di calo­re. Per­so­ne che non avreb­be­ro chiu­so occhio, anzi gli occhi li avreb­be­ro tenu­ti ben spa­lan­ca­ti, pron­te a tutto.

Una ras­se­gna­zio­ne cupa, corag­gio­sa, insie­me a sguar­di atten­ti e ansio­si uni­va tut­te quel­le per­so­ne, anche se non si cono­sce­va­no, ter­ro­riz­za­te di per­de­re le pro­prie case, le pro­prie cose, la pro­pria vita.

Con uno di que­sti abi­tan­ti, quel­lo in posi­zio­ne più peri­co­lo­sa, sia­mo rima­sti a lun­go, Vin­cen­zo, Fla­vio ed io. Le imma­gi­ni che ho pub­bli­ca­to ieri, con le sago­me dei Vigi­li del Fuo­co, sono sta­te fat­te a casa sua.

Men­tre tor­na­va sul­la stra­da con noi per par­la­re con i pom­pie­ri, si è accor­to che dei lapil­li era­no arri­va­ti sul can­niz­za­to di un’altra sua abi­ta­zio­ne e ave­va­no preso.

Che fare? Soprattutto, che fare subito?

L’acqua non usci­va e ho sug­ge­ri­to di pren­de­re una bot­ti­glia d’acqua da bere. Men­tre gli face­va­mo luce si è arram­pi­ca­to e ha bagna­to alla buo­na la tra­ve e le can­ne che già sfrigolavano.

Ci ha rac­con­ta­to che ave­va fame, per­ché era sta­to tut­to il gior­no al mare e rien­tran­do alle 19.15 ave­va visto il fuo­co e ave­va chia­ma­to i pom­pie­ri e da lì è ini­zia­to il suo tur­no da ‘sen­ti­nel­la’. Non ave­va corag­gio di entra­re a man­gia­re e per­de­re d’occhio la situazione.

All’una di not­te era ormai cir­con­da­to dal­le fiam­me e tene­va duro, come appun­to una sen­ti­nel­la in una guer­ra infer­na­le, men­tre aspet­ta­va l’attacco fina­le e pre­ga­va che non arrivasse.

Poi mi ha chia­ma­to il Coman­dan­te del­la Capi­ta­ne­ria di Por­to dicen­do­mi che ave­va­no eva­cua­to da Gadir 30 per­so­ne via mare con le moto­ve­det­te, le sta­va­no por­tan­do al por­to e biso­gna­va tro­va­re loro un posto per dormire.

Ripartiamo per Pantelleria porto.

Allo­ra abbia­mo lascia­to l’inferno per tor­na­re al cen­tro. Appe­na arri­va­ta mi han­no det­to che c’erano per­so­ne anzia­ne che non ave­va­no volu­to lascia­re le case, quin­di, ho deci­so di man­da­re la Cro­ce Ros­sa a con­trol­la­re chie­den­do di bus­sa­re casa per casa e inter­ve­ni­re nei casi di even­tua­le intos­si­ca­zio­ne. Subi­to i volon­ta­ri sono par­ti­ti con il mas­si­mo impegno.

Rima­ne­va­no 18 per­so­ne che non ave­va­no ami­ci o paren­ti che li ospi­tas­se­ro in atte­sa di una siste­ma­zio­ne per la not­te. Mol­ti era­no fra­stor­na­ti, stan­chi, affa­ma­ti, alcu­ni sot­to choc. Gra­zie al pre­zio­so aiu­to di Fran­ca Aleo e Giu­sy Di Mal­ta, oltre che di altri alber­ga­to­ri pan­te­schi, alle 2.45 ave­va­mo tro­va­to un posto per tut­ti. Anzi no. Due ragaz­zet­ti era­no rima­sti fuo­ri, tor­na­va­no da una can­ti­na in cui ave­va­no fat­to una degu­sta­zio­ne e non sono potu­ti tor­na­re nel­la strut­tu­ra di Cala Cot­to­ne che li ospi­ta­va, sen­za rice­ve­re dal tito­la­re alcun aiu­to e indi­ca­zio­ne. Si pre­pa­ra­va­no a pas­sa­re la not­te in macchina.

E che lasci due ragazzetti in mezzo ad una strada?

Pri­ma ho pen­sa­to di ospi­tar­li a casa mia che però sem­bra un cam­po rom ulti­ma­men­te, visto che riu­scia­mo a sta­re a casa poche ore a not­te, poi la solu­zio­ne: li avreb­be ospi­ta­ti il Sin­da­co in una casa del­la madre, men­tre Giu­sy e Fran­ca si pren­de­va­no cura degli altri.

Dopo un bic­chie­re di Ace bevu­to come se non ci fos­se un doma­ni, pulen­do il viso da fulig­gi­ne infi­ni­ta, ci sia­mo rifat­ti il viag­gio fino a Kham­ma per lascia­re i ragaz­zi a Vin­cen­zo. Alle 3.00 era­va­mo final­men­te a casa, che puz­za­va­mo di fumo da schi­fo, quin­di urgen­ti doc­cia e capel­li. Men­tre si lava­va Ange­lo io ho final­men­te fat­to il post sull’incendio sul­la pagi­na del Comu­ne e poi sono crol­la­ta come un sasso.

Dopo qual­che ora, mi ha sve­glia­to dal coma di nuo­vo Fran­ca: è mat­ti­na, biso­gna capi­re se gli eva­cua­ti pos­so­no tor­na­re a Gadir e cosa tro­ve­ran­no, i media chie­do­no inter­vi­ste e dichia­ra­zio­ni, paren­ti e ami­ci voglio­no ras­si­cu­ra­zio­ni, Vin­cen­zo comin­cia a dare indi­ca­zio­ni per il lavo­ro del gior­no… insom­ma si ricomincia.

E non racconto il resto che vi annoierei, anche se la giornata è iniziata con un altro incendio a Bue Marino.

Vi lascio alcu­ne del­le foto che ho fat­to che cre­do par­li­no da sole.

Voglio solo dire che oltre a Fla­vio che ha fat­to un lavo­ro eccel­len­te, di cui sono orgo­glio­sa come Diret­tri­ce, come Ammi­ni­stra­tri­ce sono inve­ce orgo­glio­sa del lavo­ro che ho visto fare ai nostri Vigi­li del Fuo­co, ai volon­ta­ri del­la Pro­te­zio­ne Civi­le, del­la Cro­ce Ros­sa, ai Cara­bi­nie­ri nel­le due vesti, al Cor­po del­la Fore­sta­le, a tan­ti, tan­ti pan­te­schi che si sono rim­boc­ca­ti le mani­che per dare una mano, chi nel­lo spe­gni­men­to dei pic­co­li foco­lai, chi nel dare con­for­to e ripa­ro alla popo­la­zio­ne col­pi­ta. Una mobi­li­ta­zio­ne per l’isola che com­muo­ve e che con­tra­sta net­ta­men­te con l’infamità di chi si è reso col­pe­vo­le di que­sto enor­me danno.

A Pantelleria non ci sono pecore da far pascolare, non si può costruire, quindi, mi chiedo, perché fare questo disastro?

A spre­gio di chi? Dell’isola stes­sa? Dei pan­te­schi? Del buon senso?

Quan­to dev’essere dura la pena per un atto tan­to vile e premeditato?

Me lo chie­do e non ho rispo­sta, per­ché non scor­do che anco­ra non c’è col­pe­vo­le per l’incendio del 2016 e per tan­ti altri incen­di in Italia.

Per­ché qual­che gior­no fa ci ave­va­no già pro­va­to a Cala Cin­que Den­ti ed era sta­to fer­ma­to in tempo.

Per­ché la rab­bia è tan­ta e non tro­va anco­ra sfogo.

Per­ché sta­se­ra sen­tia­mo un tuo­no, ci acce­ca un lam­po, e sospi­ria­mo. Ago­gnan­do la piog­gia, ci affi­dia­mo alla Natu­ra, per­ché l’uo­mo ci ha delu­so troppo.