Pantelleria: Alexia Fanuli, studentessa dell’Almanza, e la condizione delle donne

Pantelleria: Alexia Fanuli, studentessa dell’Almanza, e la condizione delle donne

23/02/2023 0 Di Redazione

Pub­bli­chia­mo uno scrit­to del­la gio­va­ne Ale­xia Fanu­li, stu­den­tes­sa del­l’I­sti­tu­to Omni­com­pren­si­vo Alman­za di Pan­tel­le­ria. Si trat­ta di un tema che la ragaz­za ha scrit­to lo scor­so anno in occa­sio­ne del lavo­ro in clas­se sul­la tema­ti­ca del­la vio­len­za sul­le donne.

Que­st’an­no, duran­te il Semi­na­rio tenu­to­si a scuo­la dal tito­lo “I DIRITTI DELLE DONNE, NELLA STORIA E IN ITALIA – Dal­la Let­te­ra Scar­lat­ta alla real­tà di casa nostra.  Qua­li le dif­fe­ren­ze per le nostre non­ne, per le nostre madri e per noi?” a cura del­l’As­ses­so­re Fran­ce­sca Mar­ruc­ci per il Pro­get­to DONNA: UNA STRADA IN SALITA, giun­to alla ter­za edi­zio­ne, Ale­xia ha rac­con­ta­to que­sto tema come testi­mo­nian­za e ha accet­ta­to di far­lo pubblicare.

Così Fran­ce­sca Mar­ruc­ci moti­va la deci­sio­ne di chie­de­re alla gio­va­ne pan­te­sca di poter pub­bli­ca­re il suo scrit­to come esem­pio di rifles­sio­ne e discus­sio­ne: “Quel­la di Ale­xia è una rifles­sio­ne toc­can­te ed auten­ti­ca che ho ritro­va­to spes­so, in que­sti 5 anni di semi­na­ri nel­le scuo­le, nel­le paro­le di tan­te ragaz­ze, per­si­no in quel­le del­le più pic­co­le di pri­ma media. Sono paro­le che non rac­con­ta­no sto­rie, pro­ie­zio­ni, mitiz­za­zio­ni, ma sen­sa­zio­ni, sta­ti d’a­ni­mo, inquie­tu­di­ne, vita rea­le che trop­pe ragaz­ze e don­ne sono costret­te a vive­re nel loro quotidiano.

La testi­mo­nian­za di Ale­xia è la voce di tan­te voci di don­ne, che chie­do­no di non esse­re giu­di­ca­te per quel­lo che indos­sa­no, di non esse­re ogget­to di com­men­ti e pseu­do com­pli­men­ti non desi­de­ra­ti, di ave­re le stes­se pos­si­bi­li­tà dei col­le­ghi maschi, di smet­te­re di ave­re pau­ra dei giu­di­zi, degli sguar­di, del­le mani, del­le pre­sen­ze oppri­men­ti e non desi­de­ra­te che pos­so­no esse­re sì di sco­no­sciu­ti, ma anche e trop­po spes­so, anche di chi ci è vici­no e dovreb­be proteggerci.

Il gri­do di giu­sti­zia che Ale­xia ci invia con le sue paro­le mi fa spe­ra­re, come le voci di tan­te stu­den­tes­se incon­tra­te in que­sti anni, che il futu­ro per la don­na potrà esse­re miglio­re, più giu­sto, più equo, pro­prio gra­zie alla sen­si­bi­li­tà e alla coscien­za dimo­stra­ta da que­sta nuo­va generazione.

Rin­gra­zio Ale­xia Fanu­li e la sua Prof. Simo­na Scia­lan­ga per que­sto pre­zio­so scrit­to che han­no volu­to con­di­vi­de­re con tut­ti noi e che rap­pre­sen­ta un po’ tut­te le don­ne che alme­no una vol­ta nel­la vita han­no cono­sciu­to una con­di­zio­ne di disa­gio o pau­ra come quel­le da lei descrit­te. L’im­pe­gno di tut­ti, gio­va­ni e adul­ti, ma soprat­tut­to degli uomi­ni, dev’es­se­re quel­lo di non crea­re più situa­zio­ni in cui Ale­xia o Pao­la o Maria o Gior­gia o mil­le altre deb­ba­no sen­tir­si così.”

 

Par­lan­do di vio­len­za con­tro le don­ne, gene­ral­men­te si pen­sa ad un tipo di vio­len­za qua­si esclu­si­va­men­te fisi­ca, poi­ché si esclu­de che una don­na pos­sa pro­va­re dolo­re, anche se non fisi­ca­men­te, in situa­zio­ni dif­fe­ren­ti. Esse­re don­na oggi per me è rab­bia, insod­di­sfa­zio­ne e pau­ra; è voglia di lot­ta­re, di com­bat­te­re e di urla­re. Esse­re don­na oggi deve esse­re for­za e corag­gio di cam­bia­re le cose.

Ho pau­ra di cam­mi­na­re da sola per stra­da la sera o di met­te­re un vesti­to cor­to o ade­ren­te se devo usci­re da sola.                                                 

Non trop­po tem­po fa, ad esem­pio ave­vo voglia di vestir­mi e truc­car­mi bene, pri­ma di usci­re mi sono guar­da­ta allo spec­chio e mi sono vista dav­ve­ro bel­la, gio­ia che è ter­mi­na­ta poco dopo però e, per assur­do per la stes­sa ragio­ne; quan­do sul­l’au­to­bus degli uomi­ni han­no ini­zia­to a fis­sar­mi in modo sem­pre più insi­sten­te sen­za chia­ra­men­te rispar­miar­si com­men­ti sul­le mie for­me, ho ini­zia­to a sen­tir­mi meno bel­la e sem­pre più umi­lia­ta, in imba­raz­zo, in tor­to per aver avu­to il desi­de­rio di vestir­mi in quel modo, qua­si come se la col­pa fos­se la mia, per esser­mi espo­sta così tan­to, per­ché for­se se mi ero sen­ti­ta un ogget­to “iper ses­sua­liz­za­to” era col­pa mia; ma di que­sto non se ne può par­la­re qua­si mai, per­ché sia­mo noi che dovrem­mo coprir­ci, tute­lar­ci, pre­sen­tar­ci in modo ade­gua­to, vesten­do­ci bene, non essen­do pro­vo­can­ti.  

“Se non ti copri che ti aspet­ti? Poi quel­li sono uomi­ni sai come fan­no, han­no degli impul­si.” Sono fra­si che tut­ti abbia­mo già sen­ti­to trop­pe vol­te, come se l’es­se­re uomi­ni li giu­sti­fi­cas­se, come se noi don­ne gli impul­si ses­sua­li pro­prio non li avessimo.

Le bat­tu­te, le “pal­pa­ti­ne”, gli sguar­di inva­den­ti e non richie­sti, i sor­ri­set­ti sono vio­len­ze, sono moti­vo di imba­raz­zo e di sof­fe­ren­ze!  

Mi fa rab­bia che ci sia­no per­so­ne che si sen­ta­no for­se in dove­re di deci­de­re o giu­di­ca­re i moti­vi per cui le vit­ti­me deb­ba­no sen­tir­si molestate.

Cre­do che il ses­si­smo, le discri­mi­na­zio­ni e le vio­len­ze di gene­re sia­no frut­to di una cul­tu­ra patriar­ca­le e maschi­li­sta che sen­za fati­ca riu­scia­mo a vede­re attor­no a noi: le mole­stie, gli stu­pri sono il risul­ta­to di con­vin­zio­ni date da com­bi­na­zio­ni di reli­gio­ni restrit­ti­ve che con­dan­na­no la ses­sua­li­tà, la sco­per­ta del pro­prio cor­po dal pun­to di vista ses­sua­le e del­la disin­for­ma­zio­ne uni­ta alla con­vin­zio­ne che le don­ne non abbia­no impul­si e desi­de­ri ses­sua­li tali e qua­li a quel­li degli uomini.

Nel­le socie­tà patriar­ca­le i ruo­li sono tipi­ca­men­te ben defi­ni­ti e ven­go­no tra­smes­si fin dal­l’in­fan­zia: alle bam­bi­ne ven­go­no com­pra­te le cuci­ne, gli aspi­ra­pol­ve­re gio­cat­to­lo, ai bam­bi­ni inve­ce le mac­chi­ni­ne e le pisto­le gio­cat­to­lo. Alle bam­bi­ne vie­ne inse­gna­to a sta­re al loro posto e a fare le fac­cen­de dome­sti­che, ai bam­bi­ni ad esse­re for­ti, viri­li, corag­gio­si e se è neces­sa­rio ad esse­re vio­len­ti.   

Que­sto feno­me­no può appa­ri­re supe­ra­to, ma è anco­ra mol­to dif­fu­so, anche se in modo meno espli­ci­to ed evi­den­te; ne sono la pro­va gli innu­me­re­vo­li epi­so­di di vio­len­za dome­sti­ca che sono il ten­ta­ti­vo di mol­ti uomi­ni di rie­qui­li­bra­re e reim­por­re i valo­ri del patriar­ca­to.    

Sul­la que­stio­ne del­la vio­len­za dome­sti­ca è fon­da­men­ta­le cita­re la ten­den­za a smi­nui­re i casi di vio­len­za, la fre­quen­te indif­fe­ren­za da par­te del­le for­ze del­l’or­di­ne che bana­liz­za­no chia­ri segna­li di peri­co­lo per la sicu­rez­za del­le vit­ti­me, la ten­den­za a sca­ri­ca­re una par­te di col­pa sul­la vit­ti­ma attra­ver­so ele­men­ti super­fi­cia­li come il pas­sa­to o l’at­teg­gia­men­to di chi ha subi­to la vio­len­za (da qui nasce un impor­tan­te feno­me­no chia­ma­to Vic­tim Bla­ming), anche que­sto è patriar­ca­to, è discriminazione.

Zit­ti­re una don­na solo per­ché è tale, rim­pro­ve­rar­la per come par­la solo per­ché non è fem­mi­ni­le, con­ce­der­le un posto di lavo­ro solo per­ché è “un bel vede­re”, guar­dar­la solo come ogget­to ses­sua­le, cre­der­la più debo­le a pre­scin­de­re, toc­car­la sen­za il suo con­sen­so, smi­nui­re le rea­zio­ni del­le don­ne alle mole­stie, bana­liz­za­re le emo­zio­ni, il dolo­re, dire ad una don­na come deve com­por­tar­si in rea­zio­ne ad una vio­len­za fisi­ca o ad uno stu­pro: tut­to que­sto è una violenza!

Le dif­fe­ren­ze fisio­lo­gi­che tra uomi­ni e don­ne esi­sto­no e sono sta­te pro­va­te scien­ti­fi­ca­men­te; ma devo­no esse­re sfrut­ta­te e viste come occa­sio­ne di cre­sci­ta col­let­ti­va e non come ogget­to di discriminazione. 

I dirit­ti di ogni esse­re uma­no van­no tute­la­ti e, pro­prio su que­sto il nostro Pae­se deve anco­ra lavo­ra­re tan­to e non bana­liz­za­re pub­bli­ca­men­te le vicen­de; il pro­ble­ma infat­ti, sta esat­ta­men­te qui, nel non com­pren­de­re la gra­vi­tà di cer­ti gesti, nel bana­liz­za­re i sen­ti­men­ti che la vit­ti­ma può pro­va­re in que­ste situa­zio­ni: l’im­ba­raz­zo e l’u­mi­lia­zio­ne che una don­na vit­ti­ma di vio­len­za dome­sti­ca, ad esem­pio, può pro­va­re; l’es­se­re costret­ta a subi­re il giu­di­zio di gen­te che non cono­sce quel­le situa­zio­ni e quin­di ne par­la super­fi­cial­men­te igno­ran­do ogni for­ma di sof­fe­ren­za e di trau­ma che una don­na è costret­ta a sopportare.

Esse­re don­na oggi vuol dire non mol­la­re e ave­re corag­gio di lot­ta­re per la pari­tà e per la tute­la dei pro­pri dirit­ti, per­ché mori­re per il sem­pli­ce moti­vo di esse­re don­na è disu­ma­no e noi non abbas­se­re­mo più la testa.

Ale­xia Fanuli