Per la rubrica Lettori e Scrittori, ospitiamo altri due brevi racconti di Rosa D’Aietti, che ce ha inviati davvero tanti.
Anche in questi, i ricordi di una Pantelleria che non c’è più torna ad essere protagonista
Ricordiamo che chi volesse mandare un racconto (max 1.000 parole), che abbia una qualche attinenza con l’isola, può farlo compilando il modulo in questa pagina -> INVIA IL TUO RACCONTO
I pacchi
Eravamo considerati ricchi, ma non lo eravamo, perciò a Natale in quel grosso albero allestito nella nostra scuola (talmente alto da sfiorare il soffitto) non c’erano regali per noi.
Noi li guardavamo con gli occhi spalancati, ma erano riservati a pochi intimi e noi restavamo a bocca asciutta. Per noi neanche una caramella per consolazione!
Ma poco ci importava, noi le caramelle ce le compravamo da sole. Ne avevamo una varietà da scegliere nei negozietti limitrofi, contenute in quelle enormi boccacce di vetro.
La mia meta preferita era quel negozietto proprio di fronte alla scuola. Aveva una scaletta che conduceva al paradiso delle leccornie. Quella putiga era di proprietà di colei che sarebbe stata poi prescelta da me come madrina.
Mia madre pur essendo vissuta nell’epoca del fascio, era molto democratica: la madrina ce la faceva scegliere a noi anche se avevamo sei anni appena! Allora, cresima e comunione si facevano nello stesso giorno. Non mi ricordo un sontuoso pranzo, perché purtroppo la mia cresima si festeggiò in un momento in cui si era lutto, per cui niente festa e così quando mi aveva fatto la fatidica domanda sulla scelta della madrina avevo risposto senza indugio alcuno: “Anna Maria Liguori’ e di certo il motivo preponderante era che era la proprietaria della bottega dei miei sogni.
Così da allora oltre al gelato alla modica somma di 30 lire, anche per le mie sorelle, offertoci dal mio padrino di battesimo al Bar Policardo, ora avevamo anche quest’altra grande opportunità: caramelle a buon mercato.
La ciambellona “nivira”
Questa mattina sentivo dei danni provocati dalla plastica dispersa in mare. Tra questa anche quella delle ciambelle di chi non sa nuotare.
Mi è venuta in mente la ciambella di quando ero piccola. Altro non era che la camera d’aria del copertone del camion di mio padre: niente teste di paperelle né di cavallino.
La nostra ciambellona era nivira comu la pici, ma poco ci importava! Ci conteneva tutte e tre: io e le mie sorelle e c’era spazio anche per gli amici ospiti che mia madre portava con noi al mare dai Pazzarelli. C’era una grande casa con un cortile dove starnazzavano le oche, le uniche dell’isola.
In quello stesso mare, mia nonna prendeva i FURDICULI, che mia madre friggeva per farceli mangiare caudi caudi.
Una vera delizia del palato.
Rosa D’Aietti
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