Giacomo Policardo ha voluto condividere con noi ed i lettori una sua riflessione sulla vicenda di Annalisa e sulla violenza sulle donne, dopo la Marcia di mercoledì
Cara Francesca,
voglio condividere con te alcune mie riflessioni dopo la Marcia di ieri sera. C’ero anche io e penso ci sia stata davvero tanta voglie di partecipare. Però devo dire una cosa. Sì è vero, è una battaglia delle donne, ma credo che anche qualche uomo avrebbe potuto dire qualcosa.
Dobbiamo essere vicini alle donne in queste manifestazioni perché siamo noi uomini che ci dobbiamo vergognare per primi. Forse sarebbe stato appropriato un intervento da parte di qualche uomo, senza nulla togliere a quanto letto alle tre ragazze che hanno parlato.
Penso che avrebbe dovuto parlare anche qualche uomo per far capire che siamo loro vicini, che ci vergogniamo e siamo sensibili ad una battaglia che, come dico io, dobbiamo fare tutti, ma in principal modo gli uomini. Perché? Perché siamo noi che siamo delle bestie. Quindi dimostrando vicinanza e solidarietà possiamo almeno cercare di ribilanciare la situazione.
Una cosa che posso dire agli uomini è quella di trattare le donne come come è giusto che siano trattate: con una carezza, un bacio, un abbraccio per farle sentire speciali. Si può anche criticare, ma la critica deve essere costruttiva, non di disprezzo. E il disprezzo può essere espresso da uno schiaffo o dalle offese psicologiche. Come si dice? Una parola detta male, rompe le ossa.
Anche la violenza psicologica è brutta. Magari non si vede, se non se ne parla, se non ci si confida, se non la si conosce. Mi auguro che si organizzino convegni, conferenze, per sensibilizzare di più su questa situazione, che questa scia di rabbia non si perda nel tempo.
Agli uomini voglio dire di provare vergogna per quello che è successo, per quello che tanti uomini fanno ogni giorno. Dico di stare vicino alle proprie compagne o alle amiche che hanno subito queste violenze da altri, di essere più sensibili e di continuare insieme alle donne questa battaglia.
Io lo farò.
Giacomo Policardo
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