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Le guerre non finiscono con il cessate il fuoco. Pantelleria lo insegna

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Le guerre non finiscono con il cessate il fuoco. Pantelleria lo insegna

di Ange­lo Parisi

Dome­ni­ca 11 feb­bra­io Pan­tel­le­ria è sta­ta inte­res­sa­ta da un’operazione di disin­ne­sco di un ordi­gno bel­li­co risa­len­te alla Secon­da Guer­ra Mondiale.

Nel cor­so dei lavo­ri per la riqua­li­fi­ca­zio­ne dell’edificio che dove­va ospi­ta­re l’ospizio per gli anzia­ni, infat­ti, gli ope­rai che sta­va­no ese­guen­do uno sca­vo han­no rin­ve­nu­to una bom­ba aerea. Si trat­ta­va di una del­le tan­te bom­be lan­cia­te nel 1943 dagli Allea­ti che han­no raso al suo­lo il cen­tro abi­ta­to di Pan­tel­le­ria e che è rima­sta nasco­sta per ottant’anni.

Per qual­che ragio­ne, la spo­let­ta non si è inne­sca­ta e la bom­ba non è esplo­sa quan­do ha rag­giun­to il suolo.

Solo un caso ha fat­to sì che venis­se fuo­ri oggi e non quarant’anni fa, quan­do in quel­lo stes­so sito si sta­va rea­liz­zan­do l’edificio che oggi dovrà esse­re demo­li­to per fare spa­zio ad un asi­lo nido.

Un edi­fi­cio che per decen­ni è rima­sto lì a fare brut­ta mostra di sé e detur­pa­re una zona del cen­tro abi­ta­to, in atte­sa che si tro­vas­se­ro i sol­di per inter­ve­ni­re. Due incen­di, infat­ti, lo han­no reso ina­gi­bi­le e oggi il costo per met­ter­lo in sicu­rez­za e far sì che rispet­tas­se le nuo­ve nor­me sismi­che sareb­be sta­to supe­rio­re a quel­lo del­la sua demo­li­zio­ne e ricostruzione.

Così, ci ha pen­sa­to il PNRR a tro­va­re le risor­se per abbat­ter­lo e costrui­re al suo posto una strut­tu­ra più pic­co­la, di impat­to mino­re, con meno cuba­tu­ra, che pos­sa dare un aiu­to alle fami­glie con figli pic­co­li e, soprat­tut­to, alle tan­te don­ne lavo­ra­tri­ci che così potran­no con­ci­lia­re il lavo­ro con la cre­sci­ta dei figli.

Cer­to, sen­za i lavo­ri di oggi, ci ritro­ve­rem­mo anco­ra con una bom­ba sot­to i pie­di nel cen­tro di Pan­tel­le­ria, con il peri­co­lo che que­sto può com­por­ta­re. E chis­sà quan­te bom­be di que­sto tipo sono anco­ra sepol­te nel sot­to­suo­lo del cen­tro abi­ta­to. Infat­ti, pare che que­sto sia il pri­mo ordi­gno ine­splo­so rin­ve­nu­to nel cen­tro abitato.

Così dome­ni­ca scor­sa l’area nel rag­gio di cir­ca 500 metri dal sito di rin­ve­ni­men­to del­la bom­ba, Pan­tel­le­ria cen­tro è sta­ta eva­cua­ta. Più di un miglia­io di per­so­ne han­no dovu­to lascia­re la “zona ros­sa” e rag­giun­ge­re le aree di acco­glien­za alle­sti­te in aero­por­to, nel­la scuo­la media e nel­la scuo­la supe­rio­re di San­ta Chia­ra. Una deci­na di per­so­ne affet­te da varie pato­lo­gie e costret­te a let­to, sono sta­te mes­se in sicu­rez­za dal­la Cro­ce Ros­sa e dal­la Misericordia.

Una mac­chi­na che ha impe­gna­to, oltre al Comu­ne, la Pre­fet­tu­ra, il Genio Gua­sta­to­ri dell’Esercito, i Som­moz­za­to­ri del­la Mari­na Mili­ta­re, i Cara­bi­nie­ri, la Guar­dia di Finan­za, l’Aeronautica Mili­ta­re, la Guar­dia Costie­ra, la Poli­zia Loca­le, la Pro­te­zio­ne Civi­le, i Vigi­li del Fuo­co, l’ASP, la Cro­ce Ros­sa, la Mise­ri­cor­dia, l’ENAC, la Smede.

L’evacuazione è ini­zia­ta alle 7 del mat­ti­no e si è con­clu­sa con qual­che minu­to di ritar­do intor­no alle 10. “Meglio esse­re sicu­ri e veri­fi­ca­re un’ultima vol­ta che tut­ti abbia­no lascia­to la zona ros­sa” si dice­va alla Sala Operativa.

Le ope­ra­zio­ni sono anda­te come pre­vi­sto e intor­no alle 11 la spo­let­ta è sta­ta stac­ca­ta dal­la bom­ba per esse­re suc­ces­si­va­men­te distrut­ta in sicurezza.

La bom­ba, resa iner­me, è sta­ta così cari­ca­ta su un mez­zo dell’Esercito e tra­spor­ta­ta al por­to dove è sta­ta con­se­gna­ta ai som­moz­za­to­ri del­la Mari­na Mili­ta­re che la por­te­ran­no al lar­go e la distrug­ge­ran­no nei pros­si­mi gior­ni, quan­do il mare si sarà cal­ma­to e con­sen­ti­rà di effet­tua­re le ope­ra­zio­ni in pie­na sicurezza.

Come dimo­stra que­sto fat­to, le guer­re non si con­clu­do­no con il ces­sa­te il fuo­co. E nem­me­no con la fir­ma dei trat­ta­ti di pace. Le con­se­guen­ze del­le guer­re, quel­le che in ger­go si chia­ma­no “effet­ti col­la­te­ra­li”, si pro­trag­go­no per decen­ni. Ci sono volu­ti 80 anni per rin­ve­ni­re la bom­ba nel cen­tro abi­ta­to di Pan­tel­le­ria e anco­ra chis­sà quan­te se ne dovran­no sco­pri­re, per­ché pare che un vero lavo­ro di rico­gni­zio­ne nel cen­tro sto­ri­co non si sia mia fatto.

80 anni e ancor sia­mo costret­ti ad eva­cua­re i cen­tri urba­ni, a disin­ne­sca­re, a spe­ra­re. Quan­ti anni ci vor­ran­no per boni­fi­ca­re e met­te­re in sicu­rez­za le aree tea­tro del­le guer­re odier­ne? La guer­ra non fini­sce mai, nem­me­no quan­do è fini­ta. Nem­me­no quan­do le nostre memo­rie la rile­ga­no alle pagi­ne dei libri di Storia.

Pan­tel­le­ria ce lo inse­gna: la guer­ra è una bom­ba pron­ta ad esplo­de­re sot­to il nostro diva­no, anche dopo qua­si un seco­lo. Le sue con­se­guen­ze con­ti­nua­no ad esse­re paga­te a caro prez­zo sui cam­pi mina­ti che fan­no sal­ta­re brac­cia e gam­be a gran­di e pic­co­li. Gli stes­si che ora cer­ca­no di soprav­vi­ve­re ai bom­bar­da­men­ti in trop­pe par­ti del mondo.

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