Una giornata al Museo del Cappero per i ragazzi dell’Albero Azzurro nella cronaca del nostro Giacomo Policardo
di Giacomo Policardo
Gentili ascoltatori, gentili ascoltatrici di Pantelleria Notizie, un cordiale saluto da Giacomo Policarto.
È stato martedì 4 giugno, in una giornata dal sapore estivo, che con i ragazzi dell’Associazione Albero Azzurro abbiamo deciso di intraprendere un percorso. Salendo sul nostro pulmino, fra una musica e un’altra, fra un telefono che squilla e un altro che riceve messaggi, abbiamo deciso di fare un’uscita.
Dove andiamo? Ebbene, siamo andati al Museo del Cappero a fare una visita guidata, è stata un’emozione bellissima e straordinaria. Entrando lì ci ha subito accolto una ragazza dolcissima che ci ha spiegato in maniera molto chiara che cos’è questo museo: la carissima Ornella, che ringrazio veramente di cuore per l’esposizione chiara.
Ecco, che cosa abbiamo visitato in questo museo? Intanto, ho potuto ritoccare con mano utensili che non vedevo da parecchio tempo. La cosiddetta statia, che sarebbe la bilancia con cui si pesavano i capperi, soprattutto i nostri nonni. Adesso ci sono magari bilanci digitali che sono belli a vedersi, però non sono così antiche, non sono così museali come la statia.
Abbiamo visto diversi recipienti, la cosiddetta tina dove venivano salati i capperi, messi in salamoia per poi poterli mangiare. Questa ragazza Ornella, come vi dicevo prima, ci ha spiegato l’importanza del cappero. Intanto, ci ha parlato dell’azienda Bonomo e Giglio che si è costituita nel 1949.
Sapete tutti che l’Italia veniva dal dopoguerra, quindi si doveva cercare di sollevarsi, di ricostruire quello che c’era da ricostruire e Pantelleria ha fatto bene a investire nel cappero. La Bonomo e Giglio ha dato tanto lavoro a Panteschi che raccoglievano i capperi, ma quello che era importante, come ci ha spiegato questa ragazza Ornella, è capire la fatica che hanno fatto i nostri nonni, le nostre mamme, i nostri padri nell’andare a raccogliere questi frutti. Perché sì, è vero, noi adesso li vediamo in tavola conditi, non insalati, però c’è tanta fatica dietro.
Intanto le nostre madri, i nostri nonni si alzavano alle 4 del mattino, o c’era freddo, o c’era caldo, o c’era pioggia, ma si andava, si andava a raccogliere sminuziosamente questi frutti, perché dovevi stare attento anche nel raccoglierli, perché se maledettamente li raccoglievi con tutto il gambo o il cosiddetto pidicudro, rischiavi di rallentarne la crescita. Bisognava andarci ogni 10–12 giorni, perché la raccolta iniziava dal mese di maggio fino al mese di agosto e quindi tutte le mattine, perché non è che poi c’era un terreno soltanto.
Si iniziava il lunedì e si finiva la domenica per poi riniziare nuovamente il lunedì, quindi è una fatica immensa, con pochi utensili, perché all’epoca i mezzi erano questi. La considerazione che faccio è che ai tempi si faticava molto e si produceva tanto, adesso che magari ci sono i macchinari, i ragazzi non hanno più voglia di andare a raccogliere questi capperi.
Adesso i capperi vengono chiamati semplicemente cappero medio, cappero piccolo e cappero grande, una volta avevamo diverse denominazioni, avevamo la capparella, il capparone, quindi adesso ci si limita solamente a chiamarli capperi medi e capperi grandi.
Anche la distribuzione ai tempi era… perché non si è deciso solo di raccoglierli per Pantelleria stessa, ma si esportavano, venivano delle navi mercantili che addirittura non attraccavano neanche al porto qui, perché ancora non si poteva attraccare, quindi si dovevano trasportare fuori dal porto. Poi con delle barche a vela venivano portate fuori dal porto e imbarcate in queste navi, con dei fusti, così che anche fuori potevano assaporare questi ottimi sapori. Quindi è stato bello sentire queste storie.
Abbiamo visto anche dei video su come viene fatta la potatura, intanto si faceva un lavoro minuzioso con la cosiddetta birrina, che scavava sottoterra per cercare di rendere questi capperi freschi, per mantenergli sempre la terra fresca. La birrina è una sorta di zappa che permetteva tutto ciò.
A un certo punto è arrivato forse il momento più bello per me, perché passando da alcuni espositori, ci hanno fatto odorare, perché giustamente la Bonomo & Giglio fa arrivare dei capperi anche da fuori per far capire ai turisti l’importanza del cappero pantesco.
Ornella ci dice: “Odorando questi capperi il turista deve capire qual è il cappero pantesco e qual è il cappero di fuori”. Naturalmente io mi sono messo in gioco, ho assaporato, per il primo fusto, perché è un odore inebriante, affascinante, un odore che ti coinvolgeva, ti assuefaceva e proprio assuefatto. Quindi è stata un’emozione bellissima.
In questi video, poi ne abbiamo visti due, e uno parlava del Parco Nazionale, come anche il Parco Nazionale cerca di tutelare questi prodotti. Quindi, che vi posso dire, gentili ascoltatori, visitate il Museo del Cappero a Kazen, perché merita di essere visitato. Ci sono strumenti che non li trovi neanche più su Amazon ormai.
Abbiamo visto addirittura vecchi quaderni contabili che ormai non lo sgualciti dal tempo, per come gli imprenditori una volta, come dicevo dal 1949 in poi, dettagliavano approfonditamente le varie vendite e i vari profitti e i vari deficit dell’azienda. Bene, ho cercato di farvi un sunto di quello che ho potuto assaporare di questa visita.
Vi auguro un buon proseguimento di serata.
Da Giacomo Policardo è tutto.
Un cordiale buon pomeriggio.
Giacomo Policardo è un ragazzo pantesco, radioamatore, speaker e dj che ha collaborato per anni con varie radio storiche e occupandosi di sport e sociale. A Pantelleria è membro dell’associazione L’Albero Azzurro che si occupa di ragazzi speciali come lui, che è non vedente e che nella nostra Redazione porterà allegria e temi importanti riguardanti soprattutto il sociale.