Ci scrive un lettore: che cosa si vuole fare di Pantelleria?

Ci scrive un lettore: che cosa si vuole fare di Pantelleria?

28/06/2024 0 Di Redazione

Ci scrive sul nostro profilo Instagram un lettore e propone una interessante riflessione sulla questione Vele e sul futuro di Pantelleria.

Risponde la Direttrice, Francesca Marrucci, ma la discussione è aperta a chiunque abbia voglia di unirsi alla discussione: info@pantellerianotizie.it

 
 
 

In que­sti gior­ni seguo l’ac­ce­so dibat­ti­to sul­la que­stio­ne Vele, vor­rei però por­la in modo diver­so, per­ché è un attac­co stru­men­ta­le che pog­gia le sue fon­da­men­ta su altri aspet­ti, poli­ti­ci e di par­te che poco c’en­tra­no con lo sta­to del mare e del­le vele!
Det­to ciò, come orga­no d’in­for­ma­zio­ne, vi tro­vo mol­to atti­vi e vi seguo sul­le vostre varie pagi­ne, ma vi voglio por­re una doman­da, per­ché for­se può esse­re un occa­sio­ne per fare auto­cri­ti­ca e maga­ri crea­re un’o­pi­nio­ne diver­sa attra­ver­so di voi.
Ma ve lo sie­te fat­to un giro sul­la nostra cara, ama­ta e bel­la isola?
È una disca­ri­ca a cie­lo aperto.
Le disce­se a mare sono ormai del­le disca­ri­che, tut­to lun­go la peri­me­tra­le è un con­ti­nuo di car­te pla­sti­che e bot­ti­glie, spe­ran­do che non tagli­no l’er­ba (ormai for­se taglia­no solo quel­la all’in­ter­no del­la car­reg­gia­ta) così da evi­den­zia­re anco­ra di più ciò che c’è sot­to… Una discarica!
Mol­te cale sono pie­ne di pla­sti­ca e rifiuti.… 
Sen­za dilun­gar­mi oltre, qui non c’è da capi­re di chi sia la col­pa. La pla­sti­ca arri­va dal mare e le per­so­ne inci­vil­men­te get­ta­no dai fine­stri­ni per abi­tu­di­ne bot­ti­glie duran­te il tragitto.
Qui non si discu­te del Sin­da­co, del suo schie­ra­men­to poli­ti­co, del Par­co e nem­me­no di Legam­bien­te e dei rispet­ti­vi interessi.
La doman­da che pon­go io è: cosa si vuo­le fare per man­te­ne­re l’i­so­la come meri­ta e argi­na­re que­ste tema­ti­che, che tra qual­che anno saran­no pro­ble­mi enormi?
Grazie.

Fabri­zio Varano

Gen­ti­le Signor Fabrizio, 

la doman­da da Lei posta è inte­res­san­te e sostan­zia­le, per­ché chia­ma in cau­sa la coscien­za di ognu­no. Spes­so il cit­ta­di­no ten­de a dere­spon­sa­bi­liz­za­re sé stes­so rivol­gen­do ogni col­pa e ogni respon­sa­bi­li­tà ad un Ente ter­zo: il Comu­ne, il Par­co, la Pro­vin­cia, la Regio­ne, per arri­va­re al Gover­no o più in gene­ra­le alla poli­ti­ca e ai poli­ti­ci. Del resto come dice il famo­so det­to? “Pio­ve! Gover­no ladro!”. 

È mol­to como­do dire che le cose non van­no bene per­ché è col­pa di qual­cun altro, in spe­cie un’i­sti­tu­zio­ne che è vista come una sor­ta di enti­tà astrat­ta, ma non c’è pro­prio nien­te di astrat­to nel­le nostre vite quo­ti­dia­ne. Ogni isti­tu­zio­ne è fat­ta di per­so­ne e nel­lo spe­ci­fi­co del­le isti­tu­zio­ni loca­li, que­ste sono fat­te di cittadini. 

Quan­to può un’Am­mi­ni­stra­zio­ne Comu­na­le con­tro la male­du­ca­zio­ne e la man­can­za di rispet­to per la cosa pub­bli­ca? Cer­to, può avvia­re pro­get­ti per com­bat­te­re que­ste cat­ti­ve pra­ti­che nel­le nuo­ve gene­ra­zio­ni, ma non sono cer­to i bam­bi­ni del­le ele­men­ta­ri che van­no a get­ta­re in un fos­so lava­tri­ci e frigoriferi.

Pur­trop­po al popo­lo ita­lia­no, o alla mag­gior par­te di que­sto, in spe­cie dal Lazio in giù (e lo dico da roma­na) man­ca il sen­so del rispet­to per il bene pub­bli­co. Trat­tia­mo l’am­bien­te che ci cir­con­da come una cava infi­ni­ta da sfrut­ta­re, sen­za pen­sa­re che stia­mo depau­pe­ran­do quel­lo che abbia­mo ere­di­ta­to e poco o nien­te lasce­re­mo alle pros­si­me generazioni.

Di que­sta mio­pia, che spes­so divie­ne ceci­tà tota­le, e di que­sta for­ma estre­ma di egoi­smo sem­bra che i cit­ta­di­ni non rie­sca­no a libe­rar­si. Per que­sto man­ca una visio­ne di come vor­rem­mo il mon­do in un futu­ro anche pros­si­mo, oltre che del­l’i­so­la di Pantelleria. 

Dal dibat­ti­to inne­sca­to intor­no alle Vele si evin­ce che c’è una sor­ta di schi­zo­fre­nia in mol­ti che pen­sa­no che la ric­chez­za e il turi­smo pos­sa­no pro­ve­ni­re da un ter­ri­to­rio in cui tut­to è pos­si­bi­le, in cui non si pos­so­no met­te­re vin­co­li per­ché l’uo­mo vie­ne pri­ma del­la natu­ra. Per­so­nal­men­te mi chie­do, ma cosa dovreb­be veni­re a vede­re un turi­sta qui? Il pae­sag­gio natu­ra­le o le costru­zio­ni che tro­va anche altro­ve (a prez­zi più bassi)?

Qual è la voca­zio­ne che deve attrar­re turi­sti a Pan­tel­le­ria? I resort tipo Ibi­za o i sen­tie­ri del trek­king? A que­sta doman­da devo­no rispon­de­re i pan­te­schi, con davan­ti il futu­ro dei loro figli.

Mi chie­do per­ché si deb­ba vede­re in ogni for­ma di tute­la del­l’am­bien­te una minac­cia per la liber­tà del­l’uo­mo. Come se ambien­te, per colo­ro che la pen­sa­no così, fos­se sino­ni­mo di coercizione.

In base alle rispo­ste che i pan­te­schi si dan­no, si dovrà deci­de­re come pro­ce­de­re, anzi deci­de­ran­no loro stes­si come pro­ce­de­re. La que­stio­ne è: la solu­zio­ne che tro­ve­ran­no garan­ti­rà o meno un futu­ro per quest’isola?

Fran­ce­sca Marrucci


Foto di Tom­ma­so Brignone