Al ritorno da un viaggio, Aurelio Mustacciuoli fa le sue considerazioni sulla nave che lo riporta all’isola. Una dichiarazione d’amore a Pantelleria a cui abbiamo voluto dare spazio
Ore 3:27 del mattino.
La sala centrale della Pietro Novelli sembra un campo di sfollati, gente sdraiata per terra, su materassini gonfiabili arrangiati, incastrata tra le poltrone.
Non sembra proprio di viaggiare verso una delle più belle isole del mondo, sembra più un cargo che batte bandiera liberiana, che impiega 8 ore per attraversare un braccio di mare di poco più di 100 chilometri. Una nave con quattro cabine fatiscenti, impossibili da trovare libere in alta stagione. E non c’è quindi da stupirsi se le nave è semivuota, chi mai vorrebbe viaggiare così, ai prezzi di una crociera sul Nilo.
Si poteva prendere l’aereo certo, ma non c’era posto. L’aereoporto di pantelleria si sa, è bello da vedere e con belle piste ma non è fatto per fare volare gli aerei. Evidentemente serve ad altro, alcuni si trincerano dietro la sicurezza nazionale, ma non sembra proprio che l’Italia possa essere difesa da questi lidi. Non è successo neanche nel ’43, quando Pantelleria è stata pesantementw bombardata e il paese raso al suolo dagli angloamericani.
Esco sul ponte passeggiando tra i pensieri. Li lascio andare. Ho letto che meditare è questo, fare fluire i pensieri senza trattenerli, senza rimanerci incastrati. È liberatorio.
L’odore acre dello scarico dei comignoli prende alla gola. Chissà quanta CO2 produrrà questa vecchia nave in un solo viaggio. Ci pigghiano pi u culo con la transizione green, la nostra isola potrebbe vivere di vento, di sole e di geotermia, ma produce tutta la sua energia con motori a gasolio, a 2,5 euro al litro. Un’altra delle tante incongruenze di questa terra bella e disgraziata.
Come siamo distanti da Roeselare nelle fiandre del Belgio dove mi sono svegliato questa mattina. Più distanti nel tempo che nello spazio. Li è il 28 giugno del 2024 e l’economia corre veloce, qui sembra sempre di svegliarsi il 28 giugno del 43 e l’economia è morta. Eppure 80 anni fa eravamo allo stesso punto, due paesi in ginocchio dopo la guerra, come è stato possibile questo divario?
Si sono fatte le 5:30, e si comincia vedere il chiarore dell’ alba. È bello arrivare al mattino nella terra delle mie radici che è diventata la mia casa.
È proprio vero, tutti gli isolani sono felici allo stesso modo quando tornano a casa, ogni isolano è infelice a modo suo quando ci vive.
Aurelio Mustacciuoli
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