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Quando bisogna pensare alle conseguenze di scrivere online

Editoriale di Francesca Marrucci: condividiamo la richiesta del nostro lettore di cancellare le sue lettere, perché le reazioni di chi ha commentato non sono solo preoccupanti, ma danno dell’isola di Pantelleria un’idea distorta e non reale

Nei gior­ni scor­si abbia­mo ospi­ta­to sul­le pagi­ne del­la nostra testa­ta le let­te­re di un cit­ta­di­no che pone­va del­le inte­res­san­ti que­stio­ni alla discus­sio­ne pub­bli­ca. L’ar­go­men­to era la puli­zia del­l’i­so­la. Que­ste due let­te­re e le rispo­ste da me date han­no avu­to let­tu­re da record e han­no susci­ta­to una discus­sio­ne sui social e sul­la stes­sa testata.

Come abbia­mo sem­pre det­to, noi non ponia­mo cen­su­re a nes­su­no, a meno che non si trat­ti di inci­ta­men­to all’o­dio o dela­zio­ne, quin­di abbia­mo subi­to accol­to l’in­vi­to ad apri­re que­sta discus­sio­ne tra i lettori.

Come fac­cio sem­pre, da anni ormai, ho però sem­pre sot­to­li­nea­to nel­le mie rispo­ste che quan­do si sol­le­va un pro­ble­ma pub­bli­co, biso­gna innan­zi tut­to ripor­tar­lo alle sue effet­ti­ve dimen­sio­ni e non esa­ge­rar­lo, e in secon­do luo­go non biso­gna pre­ten­de­re rispo­ste che non pos­so­no esse­re date, alme­no da un giornale.

Non a caso ho cita­to la let­te­ra che ormai 4 anni fa mi scri­ve­va un turi­sta che era sta­to ten­ta­to di annul­la­re la vacan­za sul­l’i­so­la per­ché nei vari grup­pi Face­book non face­va altro che leg­ge­re che l’i­so­la era una disca­ri­ca, con alle­ga­te foto, sal­vo poi ricre­der­si una vol­ta arri­va­to sul­l’i­so­la. Quan­ti, al posto suo, inve­ce, avran­no rinun­cia­to, allar­ma­ti da ciò che pote­va­no trovare?

Ecco, è sem­pre bene denun­cia­re un pro­ble­ma, dice­vo, ma biso­gna far­lo con le giu­ste misu­re e pen­san­do alle con­se­guen­ze che esa­ge­ra­re una situa­zio­ne può por­ta­re all’i­so­la. L’ho riba­di­to in tut­te le mie rispo­ste, ma per con­tro mi sono tro­va­ta gen­te invi­pe­ri­ta che mi tac­cia­va di usa­re “l’ot­to­vo­lan­te del­l’i­ta­lia­no” per tro­va­re scu­se. Come se doves­se esse­re un gior­na­le a tro­va­re le soluzioni.

Di que­ste rea­zio­ni scom­po­ste e del fat­to che alcu­ne discus­sio­ni poste in que­sti ter­mi­ni pos­so­no fare più male che bene all’i­so­la, si è accor­to anche il nostro let­to­re, che ieri ci ha chie­sto di toglie­re le sue let­te­re per­ché dava­no del­l’i­so­la un’i­dea distorta.

Di soli­to non toglia­mo né i pez­zi né le let­te­re, al limi­te ci limi­tia­mo a toglie­re il nome, ma viste le rea­zio­ni e i com­men­ti del­le per­so­ne inter­ve­nu­te, ci tro­via­mo d’ac­cor­do con lui.

È pre­oc­cu­pan­te il fat­to che nes­su­no abbia rece­pi­to il mes­sag­gio di respon­sa­bi­li­tà ed edu­ca­zio­ne col­let­ti­va. Tut­ti si sono impun­ta­ti sul fat­to che se è spor­co le isti­tu­zio­ni devo­no puli­re, non è respon­sa­bi­li­tà del cit­ta­di­no male­du­ca­to, ma di chi non puli­sce. Que­sta è una visio­ne distor­ta e preoccupante.

Qual­cu­no addi­rit­tu­ra invo­ca­va la Comu­ni­tà Euro­pea per veni­re a puli­re Pan­tel­le­ria, a que­sto pun­to mi chie­do anche quan­to i cit­ta­di­ni capi­sca­no del­le com­pe­ten­ze ter­ri­to­ria­li isti­tu­zio­na­li. Ma soprat­tut­to: non una paro­la di con­dan­na per gli sca­ri­ca­to­ri abu­si­vi di rifiuti.

Que­sto ci deve far riflet­te­re e molto.

Quin­di, anche con­tro i nostri inte­res­si, visto che le let­te­re in que­stio­ne han­no avu­to miglia­ia di let­tu­re, abbia­mo deci­so che la richie­sta del let­to­re sia più che ragio­ne­vo­le e che sono anco­ra lon­ta­ni i tem­pi di una rie­du­ca­zio­ne al bene pub­bli­co se que­sti sono i com­men­ti che la discus­sio­ne ha stimolato.

Per con­to mio e per la linea edi­to­ria­le che le testa­te Pun­to a Capo han­no sem­pre avu­to, con­ti­nue­re­mo a soste­ne­re che sep­pur è impor­tan­te l’a­zio­ne del­le isti­tu­zio­ni, soprat­tut­to nel­le que­stio­ni che riguar­da­no l’ab­ban­do­no dei rifiu­ti, van­da­li­smi, e distru­zio­ne dei beni pub­bli­ci, per pri­ma cosa van­no con­dan­na­ti i com­por­ta­men­ti di chi met­te in atto que­sti rea­ti, van­no avvia­ti pro­get­ti mira­ti alla sen­si­bi­liz­za­zio­ne dei cit­ta­di­ni sul valo­re del patri­mo­nio pub­bli­co e poi anche le isti­tu­zio­ni devo­no fare quan­to pos­so­no, ma per espe­rien­za so che è una lot­ta impari.

Non dipen­de da que­sto o quel Sin­da­co, da que­sto o quel par­ti­to, ma dal­la strut­tu­ra stes­sa del­le isti­tu­zio­ni rispet­to al ter­ri­to­rio che gover­na­no e chie­de­re, anzi “pre­ten­de­re” che ven­ga qual­che altro Comu­ne a puli­re Pan­tel­le­ria mostra tut­to il limi­te di un ragio­na­men­to sen­za alcu­na base realistica.

Comin­cia­mo noi a non spor­ca­re, a denun­cia­re chi lo fa, a puli­re, per­ché le scuo­le, le asso­cia­zio­ni, i volon­ta­ri che perio­di­ca­men­te lo fan­no non sono dei pove­ri cre­ti­ni, come vor­reb­be lasciar cre­de­re chi si appel­la “ai pote­ri for­ti” (for­ti di che?). Sono per­so­ne, cit­ta­di­ni, con sen­so del bene pub­bli­co, che han­no capi­to che man­te­ne­re puli­to un ter­ri­to­rio signi­fi­ca vive­re in un luo­go più sano.

Trop­po como­do giu­sti­fi­ca­re lo schi­fo e poi pren­der­se­la con le isti­tu­zio­ni per­ché non rie­sco­no a puli­re. Non cre­do pro­prio aves­se­ro lo sco­po di por­ta­re a que­sto gene­re di com­men­ti le let­te­re del nostro let­to­re e noi sia­mo d’ac­cor­do con lui e lo rin­gra­zia­mo comun­que per aver pro­va­to a sti­mo­la­re una discus­sio­ne civile.

Pur­trop­po è più faci­le pren­der­se­la con le isti­tu­zio­ni che richia­ma­re tut­ti al pro­prio dove­re di cit­ta­di­ni. Se tut­ti riu­scis­si­mo a rispet­ta­re le rego­le, fat­te per far­ci vive­re meglio, già sarem­mo a buon pun­to con la solu­zio­ne di que­sto problema.

Il mio con­si­glio, sia a chi scri­ve ad un gior­na­le, sia a chi scri­ve sui social, è di pen­sa­re alla rea­zio­ne che pos­so­no pro­vo­ca­re cer­te affer­ma­zio­ni e se que­ste sia­no più un bene o un male. Que­sto non signi­fi­ca auto­cen­su­rar­si, ma impa­ra­re a capi­re che, spe­cial­men­te onli­ne, la pla­tea che leg­ge non è sem­pre in gra­do di capi­re le con­se­guen­ze di un com­men­to o di un’af­fer­ma­zio­ne e si rischia, sep­pur in buo­na fede come in que­sto caso, di dare del­l’i­so­la, già pro­va­ta da altri fat­to­ri, un’im­ma­gi­ne non rea­le e dele­te­ria all’esterno.

Fran­ce­sca Marrucci

Diret­to­re Editoriale


Foto di Tom­ma­so Brignone


 

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