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Pantelleria: il 20 agosto MORIRE A PALERMO proiettato a Scauri

Il 20 agosto al Cinema San Gaetano Caterina Pasqualino presenta il suo documentario MORIRE A PALERMO, uno spaccato di quanto accade nel cimitero palermitano, attraverso i volti, i racconti le vite e le morti di tanti personaggi

di Fran­ce­sca Marrucci

Il docu­men­ta­rio ‘MORIRE A PALERMO’ di Cate­ri­na Pasqua­li­no sarà pro­iet­ta­to il 20 ago­sto alle ore 21.30 al cine­ma San Gae­ta­no di Scau­ri. Un even­to impor­tan­te che por­ta sul­l’i­so­la una vicen­da di cui in pochi han­no par­la­to come la regi­sta Cate­ri­na Pasqualino.

Un docu­men­ta­rio che par­te da una noti­zia di cro­na­ca, le bare che non tro­va­no dimo­ra nel cimi­te­ro di Paler­mo, per arri­va­re alle sto­rie dei defun­ti e del­le loro fami­glie, in uno spac­ca­to di vita, più che di mor­te, che fa riflet­te­re e apre una fine­stra ine­di­ta su que­sta vicenda.

Il docu­men­ta­rio vede la regia di Cate­ri­na Pasqua­li­no, con la Foto­gra­fia di Dan­ny Bian­car­di e Ales­san­dro Dru­di, il mon­tag­gio di Sil­via Mio­la e Mas­si­mi­lia­no Lan­za, a cura del­le Bibi­film e Museo Inter­na­zio­na­le del­le Mario­net­te Anto­nio Pasqua­li­no, che dura un’o­ra cir­ca ed è in ita­lia­no, anche se saran­no pre­sen­ti anche i sot­to­ti­to­li in inglese.

Cate­ri­na Pasqua­li­no, antro­po­lo­ga e regi­sta di fama inter­na­zio­na­le, nel suo ulti­mo docu­men­ta­rio, Mori­re a Paler­mo, sca­va nei mean­dri più oscu­ri e dolo­ro­si del­la sto­ria recen­te del capo­luo­go sici­lia­no. Il film non si limi­ta a rac­con­ta­re la mafia, ma esplo­ra le sue pro­fon­de radi­ci cul­tu­ra­li e socia­li, met­ten­do in luce le dina­mi­che che, anco­ra oggi, influen­za­no la vita quo­ti­dia­na e l’a­ni­ma del­la città.

Ecco come la Pasqua­li­no rac­con­ta l’i­dea di gira­re il docu­men­ta­rio: “Chi avreb­be mai imma­gi­na­to che a Paler­mo nel­l’im­men­so cimi­te­ro dei Roto­li, affac­cia­to su un magni­fi­co pano­ra­ma, si stes­se con­su­man­do una tri­ste far­sa, con bare ammas­sa­te a cen­ti­na­ia in atte­sa di tro­va­re la loro ulti­ma dimo­ra? Que­sta situa­zio­ne mi spin­ge a fare del­le inda­gi­ni al cimi­te­ro e in cit­tà, dove incon­tro alcu­ni paler­mi­ta­ni che tes­so­no rela­zio­ni com­ples­se con i loro cari defun­ti. Entro in pun­ta di pie­di nel­le sto­rie, nel­le loro vite, e tra i loro mor­ti, per esplo­ra­re quel sot­ti­le con­fi­ne che esi­ste tra vita, mor­te e il poe­ti­co desi­de­rio di rina­sci­ta.”

Il docu­men­ta­rio si apre con imma­gi­ni evo­ca­ti­ve del­la cit­tà: i mer­ca­ti cao­ti­ci, le stra­de tor­tuo­se e gli sguar­di silen­zio­si dei suoi abi­tan­ti. Ma die­tro que­sta fac­cia­ta vibran­te si nascon­do­no sto­rie di dolo­re e resi­sten­za, sto­rie di uomi­ni e don­ne che han­no lot­ta­to con­tro il gio­go mafio­so, spes­so pagan­do con la vita.

La Pasqua­li­no ci gui­da in un viag­gio attra­ver­so i luo­ghi sim­bo­lo di Paler­mo, da via D’A­me­lio, dove il giu­di­ce Pao­lo Bor­sel­li­no fu assas­si­na­to nel 1992, al quar­tie­re Bran­cac­cio, tea­tro di uno dei più effe­ra­ti omi­ci­di mafio­si: quel­lo di Don Pino Pugli­si. Attra­ver­so testi­mo­nian­ze diret­te, archi­vi sto­ri­ci e inter­vi­ste a esper­ti, il docu­men­ta­rio dipin­ge un qua­dro com­ples­so e a trat­ti stra­zian­te del­la città.

Uno degli aspet­ti più toc­can­ti di Mori­re a Paler­mo è il modo in cui la Pasqua­li­no dà voce alle vit­ti­me, spes­so dimen­ti­ca­te o rele­ga­te ai mar­gi­ni del­la nar­ra­zio­ne uffi­cia­le. Tra que­ste, spic­ca­no le sto­rie dei fami­lia­ri di colo­ro che han­no per­so la vita per mano del­la mafia. Le loro paro­le, cari­che di dolo­re e di un’incredibile digni­tà, sono un moni­to per ricor­da­re che die­tro ogni cifra, die­tro ogni sta­ti­sti­ca, ci sono esse­ri uma­ni, fami­glie spez­za­te e sogni infranti.

Il docu­men­ta­rio non è solo un’o­pe­ra di denun­cia, ma anche un invi­to alla rifles­sio­ne e alla con­sa­pe­vo­lez­za. La Pasqua­li­no rie­sce a evi­ta­re la trap­po­la del sen­sa­zio­na­li­smo, man­te­nen­do sem­pre un tono rispet­to­so e atten­to alla com­ples­si­tà del tema trat­ta­to. La sua nar­ra­zio­ne è avvol­gen­te e pro­fon­da­men­te uma­na, capa­ce di toc­ca­re cor­de emo­ti­ve sen­za mai risul­ta­re didascalica.

Mori­re a Paler­mo si inse­ri­sce in un filo­ne di cine­ma docu­men­ta­rio che, negli ulti­mi anni, ha cer­ca­to di resti­tui­re una voce a chi è sta­to oppres­so dal pote­re mafio­so, di far emer­ge­re quel­le sto­rie che trop­po spes­so resta­no sepol­te sot­to il peso del­la pau­ra e del­l’o­mer­tà. Ma il lavo­ro del­la regi­sta si distin­gue per la sua pro­fon­di­tà antro­po­lo­gi­ca e per la capa­ci­tà di met­te­re in rela­zio­ne il micro­co­smo paler­mi­ta­no con dina­mi­che glo­ba­li, mostran­do come il feno­me­no mafio­so, pur essen­do radi­ca­to in un con­te­sto loca­le, abbia rami­fi­ca­zio­ni che van­no ben oltre i con­fi­ni dell’isola.

In con­clu­sio­ne, Mori­re a Paler­mo è un docu­men­ta­rio neces­sa­rio, una testi­mo­nian­za pre­zio­sa per chiun­que voglia com­pren­de­re dav­ve­ro cosa signi­fi­chi vive­re sot­to il gio­go del­la mafia, e, soprat­tut­to, per chiun­que voglia ricor­da­re le vit­ti­me e il loro corag­gio. Il film di Cate­ri­na Pasqua­li­no non offre solu­zio­ni faci­li né rispo­ste defi­ni­ti­ve, ma ci invi­ta a non dimen­ti­ca­re, a tene­re viva la memo­ria e a con­ti­nua­re a lot­ta­re per una Paler­mo, e un’I­ta­lia, libe­re dal­la paura.

 

 

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