Un pomeriggio di poesia con Caterina D’Aietti al Centro Culturale Giamporcaro: quando il dialetto pantesco diventa arte
di Lucia Boldi
Pomeriggio dedicato alla poesia quello di ieri al Centro Culturale Vito Giamporcaro a Pantelleria, in cui si è celebrato il potere delle parole e delle emozioni.
Protagonista assoluta la poetessa Caterina D’Aietti e la sua poesia in dialetto pantesco.
La sua straordinaria capacità di trasformare l’ordinario in straordinario, di dare voce a sentimenti complessi con parole semplici ed immediate, ha creato fra il numeroso pubblico un senso di connessione: la poesia unisce, aiutando a sentirsi meno soli nelle proprie emozioni.
Caterina D’Aietti è nata sull’isola, ma ha dovuto abbandonarla all’età di 13 anni per seguire la sua famiglia che si è trasferita a Nettuno, così la poesia è diventata per lei un rifugio nei momenti di difficoltà e di tristezza, perché la nostalgia della sua Pantiddrarìa non l’ha mai abbandonata.
Poi è arrivata l’amicizia con il noto poeta Lillo di Bonsulton, le chiacchierate telefoniche, lo scambio di poesie. L’apprezzamento di Lillo l’ha incoraggiata a continuare, perlopiù utilizzando il dolce linguaggio del dialetto, la lingua più vicina al cuore.
Si sono avvicendate nella lettura delle poesie la stessa Caterina, Annarita Gabriele e la figlia Serena, Laura Di Bartolo, Teresa Lucio e Lucia Boldi, accompagnate dalla chitarra di Gianfranco Ferreri.
Fra le poesie più apprezzate dal pubblico Lu Velu, nata da un’esperienza vissuta, che ha vinto il Premio internazionale Apollo d’Oro e il Premio Ferraù, A Finestra, Catarì, Sciarrìa, ҪiuҪia ventu, tutte presenti nel libro, edito da Aporema, “Pantiddrarìa fìgghia di lu me cori”.
Ha dato invece il titolo alla serata la sua ultima poesia, ancora inedita, Vivemo un cucciteddru, che ha vinto ad agosto il premio Lillo di Bonsulton.
Lucia Boldi, nata a Palermo nel 1961, ama definirsi una collezionista di storie e di emozioni. Da giovanissima ha firmato articoli di attualità per il giornale L’Ora. Negli anni ottanta, nella storica via Libertà, ha aperto una boutique, diventata presto luogo di nicchia per le appassionate di moda. Per quasi quarant’anni ha ricercato la bellezza nei vestiti e fatto emozionare tante donne grazie alla linea ardita di un abito, alla consistenza eterea di un caftano in seta o alla forma originale di una collana. Quando la moda ha smesso di darle il batticuore, ha scoperto che con la penna poteva ricreare lo stesso incanto. Scegliere le collezioni o scrivere libri sono due attività che, a suo dire, si somigliano: si tratta sempre di esprimere la propria personalità e i propri sentimenti, anche se in maniera diversa. Cucurummà è il suo romanzo d’esordio.