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Voci nel vento di Pantelleria, che soffia con una dolcezza antica…

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Chi vive a Pantelleria deve far pace con il vento, deve lasciarsi accarezzare, trasportare, spettinare, il vento è parte stessa dell’isola. Giusy Andaloro ci racconta come il vento di Pantelleria può essere il miglior biglietto da visita dell’isola

di Giu­sy Andaloro

Il ven­to di Pan­tel­le­ria sof­fia con una dol­cez­za anti­ca, come un sus­sur­ro che por­ta con sé i segre­ti del mare e del­la ter­ra. È un ven­to che acca­rez­za la pel­le, leg­ge­ro e al tem­po stes­so poten­te, capa­ce di tra­spor­tar­ti in un’al­tra dimen­sio­ne, dove il tem­po sem­bra fer­mar­si e l’a­ni­ma tro­va final­men­te pace.

Imma­gi­na di esse­re su un pro­mon­to­rio, l’i­so­la diste­sa ai tuoi pie­di come una gem­ma inca­sto­na­ta nel blu pro­fon­do del Medi­ter­ra­neo. Il sole al tra­mon­to tin­ge il cie­lo di sfu­ma­tu­re dora­te e aran­cio­ni, men­tre il ven­to gio­ca con i tuoi capel­li, por­tan­do con sé il pro­fu­mo del mare, del­le erbe sel­va­ti­che e dei fio­ri di cappero.

In quel momen­to, tut­to ciò che esi­ste sei tu e quel ven­to che sem­bra cono­sce­re ogni tuo pen­sie­ro, ogni tuo desiderio.

È come se il ven­to di Pan­tel­le­ria aves­se il pote­re di rac­con­ta­re sto­rie d’a­mo­re dimen­ti­ca­te, sto­rie di incon­tri sot­to le stel­le, di baci ruba­ti tra le roc­ce, di pro­mes­se sus­sur­ra­te al chia­ro di luna. Ogni sua fola­ta è un invi­to a chiu­de­re gli occhi e lascia­re che il cuo­re pren­da il volo, libe­ro e sel­vag­gio, come le onde che si infran­go­no sugli scogli.

E in quel­l’at­ti­mo, men­tre il ven­to ti avvol­ge, sen­ti che tut­to è pos­si­bi­le. Che l’a­mo­re, quel­lo vero, è lì, nasco­sto tra le pie­ghe di quel sof­fio leg­ge­ro, pron­to a rive­lar­si a chi ha il corag­gio di ascol­ta­re. E allo­ra ti lasci anda­re, apri le brac­cia e ti fon­di con quel ven­to, diven­tan­do par­te di un sogno che solo Pan­tel­le­ria può rega­la­re. Un sogno fat­to di ven­to, di mare e di amo­re sen­za tempo.

Il ven­to di Pan­tel­le­ria, nel­la sua inces­san­te dan­za tra le roc­ce vul­ca­ni­che e le acque cri­stal­li­ne, non è solo un sof­fio leg­ge­ro; è la voce di mil­len­ni. Se ascol­ti atten­ta­men­te, potre­sti sen­ti­re l’e­co di anti­che navi feni­cie che sol­ca­no il mare, cari­che di mer­can­zie pre­zio­se e spe­ran­ze per nuo­ve ter­re. Le vele gon­fie di ven­to sem­bra­no anco­ra incre­spar­si nel­l’o­riz­zon­te, e con esse il sus­sur­ro di lin­gue dimen­ti­ca­te, di com­mer­ci, di salu­ti lontani.
Pan­tel­le­ria, cro­ce­via di popo­li, custo­di­sce nel­la sua brez­za la memo­ria del­le mani che han­no toc­ca­to le sue coste: quel­le dei Gre­ci, dei Roma­ni, degli Ara­bi. Ogni raf­fi­ca rac­con­ta di scam­bi, di incon­tri, di vite intrec­cia­te per un istan­te eter­no. È come se il ven­to por­tas­se con sé la sag­gez­za del Medi­ter­ra­neo anti­co, un tem­po in cui l’ac­qua era una via di unio­ne, non di separazione.

C’è una magia nel ven­to di Pan­tel­le­ria, una voce nasco­sta che can­ta le sto­rie di chi ha cam­mi­na­to su que­sta ter­ra nei seco­li passati.
I Car­ta­gi­ne­si, con i loro sguar­di rivol­ti a nuo­vi con­fi­ni, lascia­va­no qui il loro cuo­re, ascol­tan­do il ven­to che pro­met­te­va for­tu­na e glo­ria oltre l’orizzonte.
Gli anti­chi esplo­ra­to­ri bizan­ti­ni segui­va­no il sof­fio gen­ti­le che li gui­da­va ver­so la sicu­rez­za del­le baie nasco­ste, cer­can­do ripa­ro dal­le tempeste.
E i pesca­to­ri ara­bi, con le loro reti get­ta­te nel­le acque pro­fon­de, pre­ga­va­no il ven­to di esse­re cle­men­te, di accom­pa­gnar­li sani e sal­vi al ritorno.

In ogni ango­lo del­l’i­so­la, il ven­to sem­bra voler sve­la­re i segre­ti di amo­ri per­du­ti, di bat­ta­glie com­bat­tu­te, di navi­gan­ti che non han­no mai fat­to ritor­no. È un sof­fio eter­no che lega il pre­sen­te all’an­ti­co, un pon­te invi­si­bi­le tra epo­che che si con­fon­do­no tra la neb­bia e le casca­te di nuvo­le che da Mon­ta­gna Gran­de avvol­go­no l’isola.

Il ven­to di Pan­tel­le­ria non cono­sce tem­po, ma por­ta den­tro di sé l’a­ni­ma di ogni civil­tà che ha attra­ver­sa­to il Medi­ter­ra­neo. For­se, chiu­den­do gli occhi, potre­sti anco­ra udi­re le voci dei pira­ti, che rac­con­ta­no sto­rie di con­qui­ste e di pro­mes­se sus­sur­ra­te sot­to il cie­lo stel­la­to, o quel­la di Ulis­se che qui cer­ca­va pace pri­ma di affron­ta­re il viag­gio ver­so l’ignoto.

Ogni fola­ta sem­bra cari­ca di anti­che pre­ghie­re, di desi­de­ri mai pro­nun­cia­ti, di spe­ran­ze por­ta­te lon­ta­no dal­le acque.
Il ven­to è custo­de di rac­con­ti di vite che si sono sfio­ra­te su que­sta pic­co­la iso­la e poi si sono per­se nel gran­de mare blu.
È come se ogni roc­cia nera, ogni pian­ta di oli­vo, vite e cap­pe­ro, por­tas­se in sé la memo­ria di un Medi­ter­ra­neo che non ha mai smes­so di rac­con­ta­re le sue sto­rie, attra­ver­so il ven­to che con­ti­nua a sof­fia­re, dol­ce e impla­ca­bi­le, come una voce sen­za fine.

In que­sto ven­to anti­co, ogni ani­ma sem­bra tro­va­re il suo posto, ogni respi­ro si mesco­la al respi­ro del­la sto­ria stes­sa, e in quel­l’ab­brac­cio sen­za tem­po, Pan­tel­le­ria rive­la la sua essen­za: un’i­so­la sospe­sa tra sogno e real­tà, tra mare e cie­lo, tra pas­sa­to e futuro.

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