Successo e emozioni nel concerto di chiusura del Suoni Panteschi Festival all’Hangar, ma l’enorme afflusso…
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Quartetto Pessoa: ricordando Pantelleria continua il successo
20/02/2025Intervista al Quartetto Pessoa che dopo l’esibizione all’Hangar di Pantelleria, continua ad esibirsi e a riscuotere successi in attesa di tornare a suonare sull’isola
di Giusy Andaloro
Il Quartetto d’archi Pessoa ha uno stile musicale unico. Come descriverebbe l’essenza del vostro suono?
Il nostro stile musicale nasce dal desiderio di comunicare emozioni forti e autentiche. Suonando insieme da molti anni, abbiamo sviluppato una sintonia speciale che ci permette di vivere e trasmettere emozioni in ogni performance, soprattutto dal vivo. Ogni nota diventa un linguaggio che crea un legame diretto con il pubblico, trasformando ogni concerto in un’esperienza intensa e condivisa. L’approccio profondamente emotivo alla musica costituisce l’essenza della nostra filosofia artistica.
Quali sono le principali influenze musicali che hanno contribuito a formare il suo approccio al violino e alla musica da camera?
Il mio approccio al violino e alla musica da camera è fortemente influenzato dalla mia formazione classica in Conservatorio, che mi ha fornito rigore tecnico e comprensione strutturale. Tuttavia, generi come il Klezmer e il Jazz, in particolare il lavoro di Bill Evans, hanno giocato un ruolo cruciale nel mio sviluppo musicale. Il Klezmer mi ha insegnato a esprimere emozioni in modo più istintivo e libero, mentre il jazz mi ha mostrato l’importanza dell’improvvisazione e dell’ascolto reciproco.
Questi generi mi hanno portato a cercare una semplicità e naturalezza che arricchiscono la mia interpretazione, soprattutto nella musica da camera, dove l’interazione tra i musicisti è essenziale. Negli ultimi anni, mi sono anche avvicinato al Pop, influenzato anche da questioni familiari: mio figlio, Tommaso Quaranta, è un cantante pop, violinista e pianista. Un esempio di questa apertura è stato il tributo a Ennio Morricone, tenutosi presso l’Hangar di Pantelleria, in cui ho suonato insieme a mio figlio e al Quartetto Pessoa. Quell’esperienza ha rappresentato per me un momento speciale, in cui si sono fusi musica da camera, Jazz, Pop e la dimensione affettiva familiare, ampliando ulteriormente il mio approccio alla musica.
Quando e come è nato il quartetto d’archi Pessoa? Potrebbe raccontarci un po’ della vostra storia e del percorso che vi ha portato a suonare insieme?
Il Quartetto d’archi Pessoa nasce nel 1998, insieme alla mia compagna Rita Cucci, fondato da un gruppo di musicisti con una profonda passione comune per la musica da camera. Fin dall’inizio, la formazione ha mantenuto una notevole stabilità, con i due violini e la viola attuali che hanno collaborato sin dai primi anni di vita dell’ensemble. Questa coesione ha permesso al gruppo di sviluppare un’intesa musicale e un affiatamento che si riflettono nelle interpretazioni raffinate e precise.
Negli ultimi anni, l’ingresso del talentuoso violoncellista Marco Simonacci ha completato l’organico, portando una nuova energia e ulteriori sfumature interpretative al quartetto. Insieme, continuiamo a esplorare un vasto repertorio, spaziando dai grandi classici ai compositori contemporanei, mantenendo sempre un altissimo livello esecutivo e un forte spirito di collaborazione.
Qual è stato il progetto o la performance più importante nella sua carriera con il quartetto?
Nella mia carriera con il Quartetto Pessoa ci sono stati diversi progetti di grande importanza, ognuno con un valore unico per il nostro percorso musicale. Tuttavia, uno dei momenti più significativi è stato il primo concerto in cui abbiamo unito, in un unico programma, tre opere molto diverse tra loro, ma ugualmente iconiche. Abbiamo eseguito il Quintetto in Fa minore op. 34 di Brahms, uno dei pilastri assoluti della musica da camera, che ha rappresentato una grande sfida tecnica e interpretativa.
A questo capolavoro abbiamo affiancato Le Stagioni di Astor Piazzolla, un’opera che ha portato un tocco di modernità e passione al concerto, grazie ai suoi ritmi vibranti e alla sua energia tipica del tango argentino. Infine, abbiamo eseguito le splendide musiche da film di Ennio Morricone, che ci hanno permesso di esplorare un registro completamente diverso, più evocativo e cinematografico. Questo progetto ha dimostrato la versatilità del quartetto e la nostra volontà di esplorare nuovi orizzonti musicali, senza mai perdere di vista l’importanza della tradizione.
In che modo il repertorio del quartetto Pessoa riflette le sue personali preferenze musicali?
Il repertorio del Quartetto Pessoa riflette in modo profondo e personale le mie preferenze musicali, intrecciando la tradizione classica con generi e stili più moderni e contaminati. Se da un lato il nostro cuore rimane ancorato alla musica classica, dall’altro abbiamo sempre cercato di espandere i nostri orizzonti, includendo opere che ci consentono di esplorare nuove dimensioni espressive.
Ad esempio, la musica di Astor Piazzolla è una presenza costante nei nostri programmi, grazie alla sua potenza ritmica e all’intensità emotiva che trasmette. È una musica vibrante, capace di essere al contempo leggera e travolgente, una sfida stilistica che affrontiamo con grande attenzione. Un altro autore che ha lasciato un segno profondo nel nostro repertorio è Ennio Morricone, le cui composizioni mescolano melodie indimenticabili con un’armonia sofisticata.
Il film “Ennio” di Giuseppe Tornatore ha celebrato la sua genialità, e la definizione di Quentin Tarantino, che lo ha paragonato a Schubert e Mozart, ci ha spinti a riflettere su quanto la sua musica sia in grado di trasmettere emozioni universali. Sebbene i puristi possano considerarlo un azzardo, per noi questa affermazione coglie la potenza emotiva della sua opera. Nel corso degli anni, il Quartetto Pessoa ha sviluppato un repertorio che non solo rispecchia le preferenze di ogni singolo musicista, ma che si è evoluto grazie alla nostra interazione reciproca. Io ho influenzato il quartetto, ma anche loro hanno influenzato me, creando un gusto musicale collettivo che ci permette di affrontare un’ampia varietà di generi, dagli arrangiamenti orchestrali al puro quartetto, con un’attenzione costante sia alla stilistica che all’espressività emotiva.
Come si svolge il processo creativo all’interno del quartetto? Come decidete quali brani inserire nel vostro repertorio?
Il processo creativo all’interno del Quartetto Pessoa si svolge in modo molto spontaneo e fluido, senza una rigida pianificazione, ma piuttosto lasciandoci ispirare dalle opportunità e dai progetti che ci vengono proposti. Il nostro repertorio principale include compositori come Astor Piazzolla ed Ennio Morricone, le cui opere sono un terreno fertile per l’esplorazione emotiva e stilistica. Tuttavia, non ci limitiamo a questi grandi nomi: affrontiamo anche la musica classica di Mozart e Puccini, oltre a composizioni provenienti dal mondo del cinema e della musica leggera. Le scelte del repertorio spesso nascono in risposta alle richieste di specifici eventi o concerti.
Ad esempio, abbiamo realizzato una versione per quartetto e pianoforte delle canzoni dei Beatles, un progetto a cui siamo molto legati e che speriamo di riprendere presto. Non ci fermiamo qui: abbiamo interpretato anche pezzi dei Queen, di Lucio Dalla e di Luigi Tenco, adattandoli al nostro stile, cercando sempre di catturare la densità emotiva e la complessità compositiva di ogni autore. Il nostro approccio è basato su un’immedesimazione totale con il linguaggio dell’autore, cercando di trasmettere attraverso il suono ciò che il compositore intendeva esprimere. Questo ci permette di spaziare tra i generi, mantenendo sempre un profondo rispetto per la musica e per l’emozione che essa porta con sé.
Ha un compositore o un’opera che preferisce eseguire rispetto ad altri? Se sì, cosa rende quella musica speciale per lei?
Un brano che porto nel cuore e che amo particolarmente eseguire è Chi mai di Ennio Morricone, che abbiamo arrangiato per il nostro quartetto. Questo pezzo è incredibilmente suggestivo: ha un tema forte e coinvolgente, unito a una ritmica potente ed espressiva. Lo eseguiamo in Fa diesis minore, e ogni volta è un’esperienza emozionante, per noi e per il pubblico. Tra le opere classiche, sento una forte connessione con alcuni brani di Schubert e con momenti di Bach, che riescono a toccare corde profonde del mio essere. Un’altra opera che mi è rimasta nel cuore è il Quintetto in Fa minore di Brahms, per pianoforte e quartetto, che abbiamo eseguito tanti anni fa e che considero una delle composizioni più intense ed esaltanti da interpretare.
Poi ci sono le opere di Astor Piazzolla, come la Milonga del Angel, che abbiamo suonato molte volte, portandola anche a concorsi: la sua forza emotiva è ineguagliabile. Infine, un brano che sogno di suonare è Terra mia di Pino Daniele, una composizione di straordinaria intensità che sento vicina e che aspetto l’occasione giusta per eseguire. Sono opere che offrono un’estasi unica, sia nell’esecuzione che nell’ascolto.
L’interazione tra i membri del quartetto è fondamentale per l’esecuzione. Come descriverebbe la dinamica e la chimica tra voi quattro?
L’interazione all’interno del Quartetto Pessoa è caratterizzata da una forte simbiosi e da un legame profondo, che va oltre la semplice collaborazione musicale. Ci sentiamo estremamente fortunati perché, oltre a essere colleghi, siamo anche una sorta di famiglia. Suono insieme alla mia compagna, Rita Cucci, una presenza costante e importante nella mia vita musicale e personale, e da molti anni collaboriamo con Achille Taddeo, che è parte integrante e fondamentale del nostro viaggio artistico.
Più di recente, l’arrivo del talentuoso violoncellista Marco Simonacci ha portato una nuova energia, arricchendo ulteriormente la dinamica del gruppo. Questa unione ci permette di vivere ogni esecuzione come una festa condivisa, dove la musica è il mezzo attraverso cui esprimiamo la nostra profonda connessione. La nostra chimica è fondata su anni di lavoro e di esperienze comuni, ma anche su una comprensione reciproca che rende ogni prova e concerto un momento unico e irripetibile. Il nostro percorso non è stato solo musicale, ma ha toccato molti aspetti della vita, creando un’intesa che è irrinunciabile per tutti noi. È questa simbiosi a renderci uniti sul palco, permettendoci di interpretare il repertorio con una forza e un’intensità che vengono dalla fiducia e dall’affetto che proviamo l’uno per l’altro.
Oltre al violino, quali altri strumenti o attività artistiche coltiva nel suo tempo libero?
Il mio percorso musicale è iniziato in modo quasi casuale, quando da ragazzino, durante le scuole medie, ho cominciato a suonare il flauto dolce. Fu un’esperienza semplice, ma che mi avvicinò al mondo della musica. La vera svolta arrivò grazie a mio zio, consulente musicale a Napoli, che a 13 anni mi suggerì di provare con il violino, intuendo le potenzialità che questo strumento avrebbe potuto offrirmi. Seguendo il suo consiglio, mi sono immerso nello studio del violino, e col tempo ho scoperto quanto fosse giusta quella scelta. Il violino mi ha aperto molte porte, regalandomi immense soddisfazioni e numerose opportunità professionali.
Oltre alla musica, un’altra grande passione che ha influenzato la mia carriera è il cinema. Sono sempre stato affascinato dalla cultura cinematografica e dal modo in cui i registi e i compositori creano un legame indissolubile tra immagini e musica. Questo interesse si è tradotto anche nel mio approccio musicale, in particolare quando ho avuto l’opportunità di eseguire le musiche da film di grandi compositori come Ennio Morricone, un autore che sento particolarmente vicino. L’amore per il cinema e per la musica da film ha continuato a nutrire la mia creatività e a ispirare molti dei miei progetti con il Quartetto Pessoa.
Qual è stata la sfida più grande che ha affrontato come musicista e come parte del quartetto Pessoa?
La sfida più grande per noi come Quartetto Pessoa è stata trovare un equilibrio artistico, una vera simbiosi tra i musicisti. È stato complesso conciliare stili così diversi, come il classico, il barocco e il tango, insieme alla musica da film. Ognuno di questi generi ha una sensibilità unica, e trovare una coerenza espressiva nel passare dall’uno all’altro richiede un lavoro di grande empatia e intesa musicale tra noi.
Maestro Quaranta, il concerto di chiusura del festival “Suoni Panteschi” si è svolto il 30 agosto 2024 presso l’Hangar di Pantelleria, un luogo davvero suggestivo. Come ha influito un’ambientazione così particolare sulla resa delle esecuzioni musicali e sull’emotività del pubblico?
L’Hangar di Pantelleria ha conferito al concerto un’atmosfera unica, avvolgendo pubblico e musicisti in un’aura di magia. L’acustica naturale dello spazio ha esaltato la purezza del suono, rendendo ogni nota vibrante e intensa. Suonare in un luogo così suggestivo ha amplificato l’emotività dell’esecuzione, creando un legame profondo tra noi e gli spettatori. Il pubblico, immerso in questo scenario straordinario, ha vissuto un’esperienza sensoriale totale, reagendo con grande coinvolgimento. L’energia della serata è stata speciale, trasformando la musica in un viaggio emozionante. Un concerto indimenticabile, che resterà nel cuore di tutti.
Il programma del concerto che si è svolto presso l’Hangar di Pantelleria prevedeva un omaggio alle composizioni del maestro Ennio Morricone. Qual è stato l’approccio del Quartetto Pessoa e suo personale nel reinterpretare le opere di un compositore così iconico, e quali sfumature particolari avete pensato di portare alla luce durante l’esibizione?
Con il Quartetto Pessoa abbiamo reinterpretato Morricone con profondo rispetto, esaltando la cantabilità e l’intensità emotiva delle sue melodie. Abbiamo lavorato su dinamiche e colori per offrire una nuova chiave di lettura, valorizzando le sfumature più intime della sua musica. Il nostro obiettivo era restituire la magia delle sue composizioni, esplorando i contrasti tra tensione e lirismo. Abbiamo adattato il suono del quartetto per evocare la profondità orchestrale di Morricone. Personalmente, ho cercato di dare alla mia interpretazione una dimensione narrativa e cinematografica. Ogni nota evocava immagini, e il nostro lavoro è stato darle vita con sensibilità. Morricone scriveva con l’anima, e noi abbiamo cercato di rendergli omaggio con intensità.
L’esibizione congiunta tra il Quartetto Pessoa e suo figlio, il pianista Tommaso Quaranta, ha rappresentato un dialogo unico tra archi e pianoforte. Quali sfide e opportunità avete incontrato nell’arrangiare i brani di Morricone per questa combinazione strumentale, e come ha influito la collaborazione padre-figlio sulla resa musicale?
L’arrangiamento dei brani di Morricone per quartetto d’archi e pianoforte ha richiesto un delicato equilibrio tra fedeltà all’originale e nuove possibilità timbriche. La sfida principale è stata rispettare la ricchezza armonica e le sfumature orchestrali adattandole a una formazione più intima. La collaborazione con mio figlio Tommaso ha aggiunto una dimensione speciale, fatta di intesa profonda e spontaneità musicale. Il dialogo tra archi e pianoforte si è sviluppato in modo naturale, arricchendo l’interpretazione con sfumature emotive uniche. Questo progetto è stato un’esperienza artistica e personale straordinaria, in cui la musica ha unito generazioni.
Suonare nell’isola di Pantelleria, con la sua atmosfera unica e suggestiva, ha suscitato emozioni particolari in voi? Come ha influenzato la vostra interpretazione musicale? E in futuro, è previsto un ritorno sull’isola? Quali brani vi piacerebbe proporre in una prossima esibizione?
Suonare a Pantelleria è stata un’esperienza magica. L’isola ha un’energia particolare, con il suo paesaggio selvaggio e il mare che sembra fondersi con il cielo. Questa atmosfera ha amplificato l’emotività della nostra esibizione, rendendo ogni nota ancora più intensa. Il pubblico, attento e partecipe, ha creato un dialogo speciale con noi, facendoci sentire parte di qualcosa di unico. Il vento, il profumo della salsedine e il silenzio carico di storia hanno ispirato una resa musicale più espressiva e profonda.
Tornare a Pantelleria sarebbe un grande piacere, perché lì la musica risuona in modo diverso, più intimo e vibrante. In un prossimo concerto, ci piacerebbe esplorare ancora Morricone, ma anche proporre brani di Piazzolla, che ben si sposano con l’anima dell’isola. La forza evocativa di queste musiche, immersa nella bellezza naturale di Pantelleria, creerebbe un’esperienza indimenticabile. Speriamo di poter rivivere presto quelle emozioni uniche e condividerle di nuovo con il pubblico dell’isola.
Quando si trova sul palcoscenico e sente la connessione profonda tra la sua musica e il pubblico, quale emozione o riflessione la pervade? C’è un momento particolare in cui ha sentito che la musica ha davvero toccato un cuore o cambiato una vita?
Quando sono sul palco e sento quella connessione speciale con il pubblico, provo un’emozione intensa, un misto di gratitudine e meraviglia. La musica diventa un linguaggio universale, capace di toccare l’anima senza bisogno di parole. Ricordo un concerto in cui, dopo un brano particolarmente struggente di Morricone, una persona tra il pubblico mi ha ringraziato con le lacrime agli occhi, dicendo che quella musica le aveva riportato alla mente un momento prezioso della sua vita. In quei momenti capisco davvero il potere trasformativo della musica e il privilegio di poterla condividere. È questa la magia che mi spinge a suonare ogni volta con il cuore.
Quale consiglio si sente di dare ai giovani musicisti che aspirano ad entrare nel mondo della musica da camera professionale?
Ai giovani musicisti consiglio di coltivare la passione con dedizione e umiltà, perché la musica da camera richiede ascolto, rispetto e sintonia con gli altri. È fondamentale studiare con rigore, ma anche sviluppare la capacità di comunicare ed emozionare attraverso lo strumento. L’esperienza sul palco e il confronto con musicisti più esperti sono preziosi per crescere artisticamente. Non abbiate paura delle difficoltà: ogni sfida è un’occasione per migliorarsi e trovare la propria voce. Soprattutto, ricordate che la musica è condivisione e deve sempre nascere da un’espressione autentica del proprio essere.
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Nata e cresciuta a Milazzo, dove vive tuttora con la propria famiglia d’origine, Giusy Andaloro è laureata in Lettere e Filosofia. Abilitata per l’insegnamento in vari ordini di scuola (Infanzia, Primaria, Secondaria di I e II grado) è insegnante di Lettere a tempo indeterminato presso la Scuola Secondaria di I grado “Zirilli” di Milazzo.
Trasferita in provincia di Milano nel ’99 per esigenze di lavoro, dopo un lunghissimo precariato meneghino, nel 2013 riesce ad ottenere il trasferimento a Pantelleria, estrema isola di confine, situata nel cuore del Mediterraneo a metà tra l’Italia e l’Africa.
La passione per la scrittura creativa l’ha rapita fin da quando era bambina e da sempre, oltre a scrivere per se stessa, cerca di trasmettere ai suoi alunni l’amore per la poesia e per la scrittura tout court.
L’arte poetica è una forma di comunicazione peculiare attraverso la quale è possibile rivelare agli altri istanti di vita vissuta e i turbamenti emotivi provati: l’intelletto decodifica emozioni, ordina percezioni e intuizioni, intesse relazioni, costruisce schemi e modelli e sa spingersi anche al di fuori di essi.
Attraverso il linguaggio della poesia s’impara pian piano ad avvertire e ad esplorare i meandri della propria anima e ciò risulta indispensabile per acquisire sicurezza, fiducia nelle proprie capacità e per costruire in modo solido la propria identità.
Cimentarsi a scrivere un componimento in versi non è altro che saper sfogliare tra le pagine della nostra mente, saper ascoltare e prestare attenzione alla flebile voce del nostro io interiore, riuscire a percepire le nostre emozioni e suggestioni, saper sognare sospesi tra cielo e terra, riuscire insomma ad essere “immensi” pur amando la semplicità che quotidianamente si cela nelle piccole cose.