Quartetto Pessoa: ricordando Pantelleria continua il successo

Quartetto Pessoa: ricordando Pantelleria continua il successo

20/02/2025 0 Di Giusy Andaloro

Intervista al Quartetto Pessoa che dopo l’esibizione all’Hangar di Pantelleria, continua ad esibirsi e a riscuotere successi in attesa di tornare a suonare sull’isola

di Giu­sy Andaloro

Il Quartetto d’archi Pessoa ha uno stile musicale unico. Come descriverebbe l’essenza del vostro suono?

Il nostro sti­le musi­ca­le nasce dal desi­de­rio di comu­ni­ca­re emo­zio­ni for­ti e auten­ti­che. Suo­nan­do insie­me da mol­ti anni, abbia­mo svi­lup­pa­to una sin­to­nia spe­cia­le che ci per­met­te di vive­re e tra­smet­te­re emo­zio­ni in ogni per­for­man­ce, soprat­tut­to dal vivo. Ogni nota diven­ta un lin­guag­gio che crea un lega­me diret­to con il pub­bli­co, tra­sfor­man­do ogni con­cer­to in un’e­spe­rien­za inten­sa e con­di­vi­sa. L’approccio pro­fon­da­men­te emo­ti­vo alla musi­ca costi­tui­sce l’essenza del­la nostra filo­so­fia artistica.

Quali sono le principali influenze musicali che hanno contribuito a formare il suo approccio al violino e alla musica da camera?

Il mio approc­cio al vio­li­no e alla musi­ca da came­ra è for­te­men­te influen­za­to dal­la mia for­ma­zio­ne clas­si­ca in Con­ser­va­to­rio, che mi ha for­ni­to rigo­re tec­ni­co e com­pren­sio­ne strut­tu­ra­le. Tut­ta­via, gene­ri come il Kle­z­mer e il Jazz, in par­ti­co­la­re il lavo­ro di Bill Evans, han­no gio­ca­to un ruo­lo cru­cia­le nel mio svi­lup­po musi­ca­le. Il Kle­z­mer mi ha inse­gna­to a espri­me­re emo­zio­ni in modo più istin­ti­vo e libe­ro, men­tre il jazz mi ha mostra­to l’im­por­tan­za del­l’im­prov­vi­sa­zio­ne e del­l’a­scol­to reciproco.

Que­sti gene­ri mi han­no por­ta­to a cer­ca­re una sem­pli­ci­tà e natu­ra­lez­za che arric­chi­sco­no la mia inter­pre­ta­zio­ne, soprat­tut­to nel­la musi­ca da came­ra, dove l’in­te­ra­zio­ne tra i musi­ci­sti è essen­zia­le. Negli ulti­mi anni, mi sono anche avvi­ci­na­to al Pop, influen­za­to anche da que­stio­ni fami­lia­ri: mio figlio, Tom­ma­so Qua­ran­ta, è un can­tan­te pop, vio­li­ni­sta e pia­ni­sta. Un esem­pio di que­sta aper­tu­ra è sta­to il tri­bu­to a Ennio Mor­ri­co­ne, tenu­to­si pres­so l’Han­gar di Pan­tel­le­ria, in cui ho suo­na­to insie­me a mio figlio e al Quar­tet­to Pes­soa. Quell’esperienza ha rap­pre­sen­ta­to per me un momen­to spe­cia­le, in cui si sono fusi musi­ca da came­ra, Jazz, Pop e la dimen­sio­ne affet­ti­va fami­lia­re, amplian­do ulte­rior­men­te il mio approc­cio alla musica.

Quando e come è nato il quartetto d’archi Pessoa? Potrebbe raccontarci un po’ della vostra storia e del percorso che vi ha portato a suonare insieme? 

Il Quar­tet­to d’ar­chi Pes­soa nasce nel 1998, insie­me alla mia com­pa­gna Rita Cuc­ci, fon­da­to da un grup­po di musi­ci­sti con una pro­fon­da pas­sio­ne comu­ne per la musi­ca da came­ra. Fin dall’inizio, la for­ma­zio­ne ha man­te­nu­to una note­vo­le sta­bi­li­tà, con i due vio­li­ni e la vio­la attua­li che han­no col­la­bo­ra­to sin dai pri­mi anni di vita dell’ensemble. Que­sta coe­sio­ne ha per­mes­so al grup­po di svi­lup­pa­re un’intesa musi­ca­le e un affia­ta­men­to che si riflet­to­no nel­le inter­pre­ta­zio­ni raf­fi­na­te e precise.

Negli ulti­mi anni, l’ingresso del talen­tuo­so vio­lon­cel­li­sta Mar­co Simo­nac­ci ha com­ple­ta­to l’organico, por­tan­do una nuo­va ener­gia e ulte­rio­ri sfu­ma­tu­re inter­pre­ta­ti­ve al quar­tet­to. Insie­me, con­ti­nuia­mo a esplo­ra­re un vasto reper­to­rio, spa­zian­do dai gran­di clas­si­ci ai com­po­si­to­ri con­tem­po­ra­nei, man­te­nen­do sem­pre un altis­si­mo livel­lo ese­cu­ti­vo e un for­te spi­ri­to di collaborazione.

Qual è stato il progetto o la performance più importante nella sua carriera con il quartetto?

Nel­la mia car­rie­ra con il Quar­tet­to Pes­soa ci sono sta­ti diver­si pro­get­ti di gran­de impor­tan­za, ognu­no con un valo­re uni­co per il nostro per­cor­so musi­ca­le. Tut­ta­via, uno dei momen­ti più signi­fi­ca­ti­vi è sta­to il pri­mo con­cer­to in cui abbia­mo uni­to, in un uni­co pro­gram­ma, tre ope­re mol­to diver­se tra loro, ma ugual­men­te ico­ni­che. Abbia­mo ese­gui­to il Quin­tet­to in Fa mino­re op. 34 di Brahms, uno dei pila­stri asso­lu­ti del­la musi­ca da came­ra, che ha rap­pre­sen­ta­to una gran­de sfi­da tec­ni­ca e interpretativa.

A que­sto capo­la­vo­ro abbia­mo affian­ca­to Le Sta­gio­ni di Astor Piaz­zol­la, un’opera che ha por­ta­to un toc­co di moder­ni­tà e pas­sio­ne al con­cer­to, gra­zie ai suoi rit­mi vibran­ti e alla sua ener­gia tipi­ca del tan­go argen­ti­no. Infi­ne, abbia­mo ese­gui­to le splen­di­de musi­che da film di Ennio Mor­ri­co­ne, che ci han­no per­mes­so di esplo­ra­re un regi­stro com­ple­ta­men­te diver­so, più evo­ca­ti­vo e cine­ma­to­gra­fi­co. Que­sto pro­get­to ha dimo­stra­to la ver­sa­ti­li­tà del quar­tet­to e la nostra volon­tà di esplo­ra­re nuo­vi oriz­zon­ti musi­ca­li, sen­za mai per­de­re di vista l’importanza del­la tradizione.

In che modo il repertorio del quartetto Pessoa riflette le sue personali preferenze musicali? 

Il reper­to­rio del Quar­tet­to Pes­soa riflet­te in modo pro­fon­do e per­so­na­le le mie pre­fe­ren­ze musi­ca­li, intrec­cian­do la tra­di­zio­ne clas­si­ca con gene­ri e sti­li più moder­ni e con­ta­mi­na­ti. Se da un lato il nostro cuo­re rima­ne anco­ra­to alla musi­ca clas­si­ca, dal­l’al­tro abbia­mo sem­pre cer­ca­to di espan­de­re i nostri oriz­zon­ti, inclu­den­do ope­re che ci con­sen­to­no di esplo­ra­re nuo­ve dimen­sio­ni espressive.

Ad esem­pio, la musi­ca di Astor Piaz­zol­la è una pre­sen­za costan­te nei nostri pro­gram­mi, gra­zie alla sua poten­za rit­mi­ca e all’intensità emo­ti­va che tra­smet­te. È una musi­ca vibran­te, capa­ce di esse­re al con­tem­po leg­ge­ra e tra­vol­gen­te, una sfi­da sti­li­sti­ca che affron­tia­mo con gran­de atten­zio­ne. Un altro auto­re che ha lascia­to un segno pro­fon­do nel nostro reper­to­rio è Ennio Mor­ri­co­ne, le cui com­po­si­zio­ni mesco­la­no melo­die indi­men­ti­ca­bi­li con un’armonia sofisticata.

Il film “Ennio” di Giu­sep­pe Tor­na­to­re ha cele­bra­to la sua genia­li­tà, e la defi­ni­zio­ne di Quen­tin Taran­ti­no, che lo ha para­go­na­to a Schu­bert e Mozart, ci ha spin­ti a riflet­te­re su quan­to la sua musi­ca sia in gra­do di tra­smet­te­re emo­zio­ni uni­ver­sa­li. Seb­be­ne i puri­sti pos­sa­no con­si­de­rar­lo un azzar­do, per noi que­sta affer­ma­zio­ne coglie la poten­za emo­ti­va del­la sua ope­ra. Nel cor­so degli anni, il Quar­tet­to Pes­soa ha svi­lup­pa­to un reper­to­rio che non solo rispec­chia le pre­fe­ren­ze di ogni sin­go­lo musi­ci­sta, ma che si è evo­lu­to gra­zie alla nostra inte­ra­zio­ne reci­pro­ca. Io ho influen­za­to il quar­tet­to, ma anche loro han­no influen­za­to me, crean­do un gusto musi­ca­le col­let­ti­vo che ci per­met­te di affron­ta­re un’am­pia varie­tà di gene­ri, dagli arran­gia­men­ti orche­stra­li al puro quar­tet­to, con un’attenzione costan­te sia alla sti­li­sti­ca che all’espressività emotiva.

Come si svolge il processo creativo all’interno del quartetto? Come decidete quali brani inserire nel vostro repertorio? 

Il pro­ces­so crea­ti­vo all’in­ter­no del Quar­tet­to Pes­soa si svol­ge in modo mol­to spon­ta­neo e flui­do, sen­za una rigi­da pia­ni­fi­ca­zio­ne, ma piut­to­sto lascian­do­ci ispi­ra­re dal­le oppor­tu­ni­tà e dai pro­get­ti che ci ven­go­no pro­po­sti. Il nostro reper­to­rio prin­ci­pa­le inclu­de com­po­si­to­ri come Astor Piaz­zol­la ed Ennio Mor­ri­co­ne, le cui ope­re sono un ter­re­no fer­ti­le per l’e­splo­ra­zio­ne emo­ti­va e sti­li­sti­ca. Tut­ta­via, non ci limi­tia­mo a que­sti gran­di nomi: affron­tia­mo anche la musi­ca clas­si­ca di Mozart e Puc­ci­ni, oltre a com­po­si­zio­ni pro­ve­nien­ti dal mon­do del cine­ma e del­la musi­ca leg­ge­ra. Le scel­te del reper­to­rio spes­so nasco­no in rispo­sta alle richie­ste di spe­ci­fi­ci even­ti o concerti.

Ad esem­pio, abbia­mo rea­liz­za­to una ver­sio­ne per quar­tet­to e pia­no­for­te del­le can­zo­ni dei Bea­tles, un pro­get­to a cui sia­mo mol­to lega­ti e che spe­ria­mo di ripren­de­re pre­sto. Non ci fer­mia­mo qui: abbia­mo inter­pre­ta­to anche pez­zi dei Queen, di Lucio Dal­la e di Lui­gi Ten­co, adat­tan­do­li al nostro sti­le, cer­can­do sem­pre di cat­tu­ra­re la den­si­tà emo­ti­va e la com­ples­si­tà com­po­si­ti­va di ogni auto­re. Il nostro approc­cio è basa­to su un’im­me­de­si­ma­zio­ne tota­le con il lin­guag­gio del­l’au­to­re, cer­can­do di tra­smet­te­re attra­ver­so il suo­no ciò che il com­po­si­to­re inten­de­va espri­me­re. Que­sto ci per­met­te di spa­zia­re tra i gene­ri, man­te­nen­do sem­pre un pro­fon­do rispet­to per la musi­ca e per l’emozione che essa por­ta con sé.

Ha un compositore o un’opera che preferisce eseguire rispetto ad altri? Se sì, cosa rende quella musica speciale per lei? 

Un bra­no che por­to nel cuo­re e che amo par­ti­co­lar­men­te ese­gui­re è Chi mai di Ennio Mor­ri­co­ne, che abbia­mo arran­gia­to per il nostro quar­tet­to. Que­sto pez­zo è incre­di­bil­men­te sug­ge­sti­vo: ha un tema for­te e coin­vol­gen­te, uni­to a una rit­mi­ca poten­te ed espres­si­va. Lo ese­guia­mo in Fa die­sis mino­re, e ogni vol­ta è un’esperienza emo­zio­nan­te, per noi e per il pub­bli­co. Tra le ope­re clas­si­che, sen­to una for­te con­nes­sio­ne con alcu­ni bra­ni di Schu­bert e con momen­ti di Bach, che rie­sco­no a toc­ca­re cor­de pro­fon­de del mio esse­re. Un’al­tra ope­ra che mi è rima­sta nel cuo­re è il Quin­tet­to in Fa mino­re di Brahms, per pia­no­for­te e quar­tet­to, che abbia­mo ese­gui­to tan­ti anni fa e che con­si­de­ro una del­le com­po­si­zio­ni più inten­se ed esal­tan­ti da interpretare.

Poi ci sono le ope­re di Astor Piaz­zol­la, come la Milon­ga del Angel, che abbia­mo suo­na­to mol­te vol­te, por­tan­do­la anche a con­cor­si: la sua for­za emo­ti­va è ine­gua­glia­bi­le. Infi­ne, un bra­no che sogno di suo­na­re è Ter­ra mia di Pino Danie­le, una com­po­si­zio­ne di straor­di­na­ria inten­si­tà che sen­to vici­na e che aspet­to l’oc­ca­sio­ne giu­sta per ese­gui­re. Sono ope­re che offro­no un’e­sta­si uni­ca, sia nell’esecuzione che nell’ascolto.

L’interazione tra i membri del quartetto è fondamentale per l’esecuzione. Come descriverebbe la dinamica e la chimica tra voi quattro?

L’in­te­ra­zio­ne all’in­ter­no del Quar­tet­to Pes­soa è carat­te­riz­za­ta da una for­te sim­bio­si e da un lega­me pro­fon­do, che va oltre la sem­pli­ce col­la­bo­ra­zio­ne musi­ca­le. Ci sen­tia­mo estre­ma­men­te for­tu­na­ti per­ché, oltre a esse­re col­le­ghi, sia­mo anche una sor­ta di fami­glia. Suo­no insie­me alla mia com­pa­gna, Rita Cuc­ci, una pre­sen­za costan­te e impor­tan­te nel­la mia vita musi­ca­le e per­so­na­le, e da mol­ti anni col­la­bo­ria­mo con Achil­le Tad­deo, che è par­te inte­gran­te e fon­da­men­ta­le del nostro viag­gio artistico.

Più di recen­te, l’arrivo del talen­tuo­so vio­lon­cel­li­sta Mar­co Simo­nac­ci ha por­ta­to una nuo­va ener­gia, arric­chen­do ulte­rior­men­te la dina­mi­ca del grup­po. Que­sta unio­ne ci per­met­te di vive­re ogni ese­cu­zio­ne come una festa con­di­vi­sa, dove la musi­ca è il mez­zo attra­ver­so cui espri­mia­mo la nostra pro­fon­da con­nes­sio­ne. La nostra chi­mi­ca è fon­da­ta su anni di lavo­ro e di espe­rien­ze comu­ni, ma anche su una com­pren­sio­ne reci­pro­ca che ren­de ogni pro­va e con­cer­to un momen­to uni­co e irri­pe­ti­bi­le. Il nostro per­cor­so non è sta­to solo musi­ca­le, ma ha toc­ca­to mol­ti aspet­ti del­la vita, crean­do un’in­te­sa che è irri­nun­cia­bi­le per tut­ti noi. È que­sta sim­bio­si a ren­der­ci uni­ti sul pal­co, per­met­ten­do­ci di inter­pre­ta­re il reper­to­rio con una for­za e un’intensità che ven­go­no dal­la fidu­cia e dall’affetto che pro­via­mo l’uno per l’altro.

Oltre al violino, quali altri strumenti o attività artistiche coltiva nel suo tempo libero? 

Il mio per­cor­so musi­ca­le è ini­zia­to in modo qua­si casua­le, quan­do da ragaz­zi­no, duran­te le scuo­le medie, ho comin­cia­to a suo­na­re il flau­to dol­ce. Fu un’esperienza sem­pli­ce, ma che mi avvi­ci­nò al mon­do del­la musi­ca. La vera svol­ta arri­vò gra­zie a mio zio, con­su­len­te musi­ca­le a Napo­li, che a 13 anni mi sug­ge­rì di pro­va­re con il vio­li­no, intuen­do le poten­zia­li­tà che que­sto stru­men­to avreb­be potu­to offrir­mi. Seguen­do il suo con­si­glio, mi sono immer­so nel­lo stu­dio del vio­li­no, e col tem­po ho sco­per­to quan­to fos­se giu­sta quel­la scel­ta. Il vio­li­no mi ha aper­to mol­te por­te, rega­lan­do­mi immen­se sod­di­sfa­zio­ni e nume­ro­se oppor­tu­ni­tà professionali.

Oltre alla musi­ca, un’al­tra gran­de pas­sio­ne che ha influen­za­to la mia car­rie­ra è il cine­ma. Sono sem­pre sta­to affa­sci­na­to dal­la cul­tu­ra cine­ma­to­gra­fi­ca e dal modo in cui i regi­sti e i com­po­si­to­ri crea­no un lega­me indis­so­lu­bi­le tra imma­gi­ni e musi­ca. Que­sto inte­res­se si è tra­dot­to anche nel mio approc­cio musi­ca­le, in par­ti­co­la­re quan­do ho avu­to l’opportunità di ese­gui­re le musi­che da film di gran­di com­po­si­to­ri come Ennio Mor­ri­co­ne, un auto­re che sen­to par­ti­co­lar­men­te vici­no. L’a­mo­re per il cine­ma e per la musi­ca da film ha con­ti­nua­to a nutri­re la mia crea­ti­vi­tà e a ispi­ra­re mol­ti dei miei pro­get­ti con il Quar­tet­to Pessoa.

Qual è stata la sfida più grande che ha affrontato come musicista e come parte del quartetto Pessoa? 

La sfi­da più gran­de per noi come Quar­tet­to Pes­soa è sta­ta tro­va­re un equi­li­brio arti­sti­co, una vera sim­bio­si tra i musi­ci­sti. È sta­to com­ples­so con­ci­lia­re sti­li così diver­si, come il clas­si­co, il baroc­co e il tan­go, insie­me alla musi­ca da film. Ognu­no di que­sti gene­ri ha una sen­si­bi­li­tà uni­ca, e tro­va­re una coe­ren­za espres­si­va nel pas­sa­re dall’uno all’altro richie­de un lavo­ro di gran­de empa­tia e inte­sa musi­ca­le tra noi.

Maestro Quaranta, il concerto di chiusura del festival “Suoni Panteschi” si è svolto il 30 agosto 2024 presso l’Hangar di Pantelleria, un luogo davvero suggestivo. Come ha influito un’ambientazione così particolare sulla resa delle esecuzioni musicali e sull’emotività del pubblico?

L’Hangar di Pan­tel­le­ria ha con­fe­ri­to al con­cer­to un’atmosfera uni­ca, avvol­gen­do pub­bli­co e musi­ci­sti in un’aura di magia. L’acu­sti­ca natu­ra­le del­lo spa­zio ha esal­ta­to la purez­za del suo­no, ren­den­do ogni nota vibran­te e inten­sa. Suo­na­re in un luo­go così sug­ge­sti­vo ha ampli­fi­ca­to l’emo­ti­vi­tà dell’esecuzione, crean­do un lega­me pro­fon­do tra noi e gli spet­ta­to­ri. Il pub­bli­co, immer­so in que­sto sce­na­rio straor­di­na­rio, ha vis­su­to un’esperienza sen­so­ria­le tota­le, rea­gen­do con gran­de coin­vol­gi­men­to. L’energia del­la sera­ta è sta­ta spe­cia­le, tra­sfor­man­do la musi­ca in un viag­gio emo­zio­nan­te. Un con­cer­to indi­men­ti­ca­bi­le, che reste­rà nel cuo­re di tutti.

Il programma del concerto che si è svolto presso l’Hangar di Pantelleria prevedeva un omaggio alle composizioni del maestro Ennio Morricone. Qual è stato l’approccio del Quartetto Pessoa e suo personale nel reinterpretare le opere di un compositore così iconico, e quali sfumature particolari avete pensato di portare alla luce durante l’esibizione?

Con il Quar­tet­to Pes­soa abbia­mo rein­ter­pre­ta­to Mor­ri­co­ne con pro­fon­do rispet­to, esal­tan­do la can­ta­bi­li­tà e l’intensità emo­ti­va del­le sue melo­die. Abbia­mo lavo­ra­to su dina­mi­che e colo­ri per offri­re una nuo­va chia­ve di let­tu­ra, valo­riz­zan­do le sfu­ma­tu­re più inti­me del­la sua musi­ca. Il nostro obiet­ti­vo era resti­tui­re la magia del­le sue com­po­si­zio­ni, esplo­ran­do i con­tra­sti tra ten­sio­ne e liri­smo. Abbia­mo adat­ta­to il suo­no del quar­tet­to per evo­ca­re la pro­fon­di­tà orche­stra­le di Mor­ri­co­ne. Per­so­nal­men­te, ho cer­ca­to di dare alla mia inter­pre­ta­zio­ne una dimen­sio­ne nar­ra­ti­va e cine­ma­to­gra­fi­ca. Ogni nota evo­ca­va imma­gi­ni, e il nostro lavo­ro è sta­to dar­le vita con sen­si­bi­li­tà. Mor­ri­co­ne scri­ve­va con l’anima, e noi abbia­mo cer­ca­to di ren­der­gli omag­gio con intensità.

L’e­si­bi­zio­ne con­giun­ta tra il Quar­tet­to Pes­soa e suo figlio, il pia­ni­sta Tom­ma­so Qua­ran­ta, ha rap­pre­sen­ta­to un dia­lo­go uni­co tra archi e pia­no­for­te. Qua­li sfi­de e oppor­tu­ni­tà ave­te incon­tra­to nel­l’ar­ran­gia­re i bra­ni di Mor­ri­co­ne per que­sta com­bi­na­zio­ne stru­men­ta­le, e come ha influi­to la col­la­bo­ra­zio­ne padre-figlio sul­la resa musicale?

L’arrangiamento dei bra­ni di Mor­ri­co­ne per quar­tet­to d’archi e pia­no­for­te ha richie­sto un deli­ca­to equi­li­brio tra fedel­tà all’originale e nuo­ve pos­si­bi­li­tà tim­bri­che. La sfi­da prin­ci­pa­le è sta­ta rispet­ta­re la ric­chez­za armo­ni­ca e le sfu­ma­tu­re orche­stra­li adat­tan­do­le a una for­ma­zio­ne più inti­ma. La col­la­bo­ra­zio­ne con mio figlio Tom­ma­so ha aggiun­to una dimen­sio­ne spe­cia­le, fat­ta di inte­sa pro­fon­da e spon­ta­nei­tà musi­ca­le. Il dia­lo­go tra archi e pia­no­for­te si è svi­lup­pa­to in modo natu­ra­le, arric­chen­do l’interpretazione con sfu­ma­tu­re emo­ti­ve uni­che. Que­sto pro­get­to è sta­to un’esperienza arti­sti­ca e per­so­na­le straor­di­na­ria, in cui la musi­ca ha uni­to generazioni.

Suonare nell’isola di Pantelleria, con la sua atmosfera unica e suggestiva, ha suscitato emozioni particolari in voi? Come ha influenzato la vostra interpretazione musicale? E in futuro, è previsto un ritorno sull’isola? Quali brani vi piacerebbe proporre in una prossima esibizione?

Suo­na­re a Pan­tel­le­ria è sta­ta un’esperienza magi­ca. L’isola ha un’energia par­ti­co­la­re, con il suo pae­sag­gio sel­vag­gio e il mare che sem­bra fon­der­si con il cie­lo. Que­sta atmo­sfe­ra ha ampli­fi­ca­to l’emotività del­la nostra esi­bi­zio­ne, ren­den­do ogni nota anco­ra più inten­sa. Il pub­bli­co, atten­to e par­te­ci­pe, ha crea­to un dia­lo­go spe­cia­le con noi, facen­do­ci sen­ti­re par­te di qual­co­sa di uni­co. Il ven­to, il pro­fu­mo del­la sal­se­di­ne e il silen­zio cari­co di sto­ria han­no ispi­ra­to una resa musi­ca­le più espres­si­va e pro­fon­da.

Tor­na­re a Pan­tel­le­ria sareb­be un gran­de pia­ce­re, per­ché lì la musi­ca risuo­na in modo diver­so, più inti­mo e vibran­te. In un pros­si­mo con­cer­to, ci pia­ce­reb­be esplo­ra­re anco­ra Mor­ri­co­ne, ma anche pro­por­re bra­ni di Piaz­zol­la, che ben si spo­sa­no con l’anima dell’isola. La for­za evo­ca­ti­va di que­ste musi­che, immer­sa nel­la bel­lez­za natu­ra­le di Pan­tel­le­ria, cree­reb­be un’esperienza indi­men­ti­ca­bi­le. Spe­ria­mo di poter rivi­ve­re pre­sto quel­le emo­zio­ni uni­che e con­di­vi­der­le di nuo­vo con il pub­bli­co dell’isola.

Quando si trova sul palcoscenico e sente la connessione profonda tra la sua musica e il pubblico, quale emozione o riflessione la pervade? C’è un momento particolare in cui ha sentito che la musica ha davvero toccato un cuore o cambiato una vita?

Quan­do sono sul pal­co e sen­to quel­la con­nes­sio­ne spe­cia­le con il pub­bli­co, pro­vo un’emozione inten­sa, un misto di gra­ti­tu­di­ne e mera­vi­glia. La musi­ca diven­ta un lin­guag­gio uni­ver­sa­le, capa­ce di toc­ca­re l’anima sen­za biso­gno di paro­le. Ricor­do un con­cer­to in cui, dopo un bra­no par­ti­co­lar­men­te strug­gen­te di Mor­ri­co­ne, una per­so­na tra il pub­bli­co mi ha rin­gra­zia­to con le lacri­me agli occhi, dicen­do che quel­la musi­ca le ave­va ripor­ta­to alla men­te un momen­to pre­zio­so del­la sua vita. In quei momen­ti capi­sco dav­ve­ro il pote­re tra­sfor­ma­ti­vo del­la musi­ca e il pri­vi­le­gio di poter­la con­di­vi­de­re. È que­sta la magia che mi spin­ge a suo­na­re ogni vol­ta con il cuore.

Quale consiglio si sente di dare ai giovani musicisti che aspirano ad entrare nel mondo della musica da camera professionale?

Ai gio­va­ni musi­ci­sti con­si­glio di col­ti­va­re la pas­sio­ne con dedi­zio­ne e umil­tà, per­ché la musi­ca da came­ra richie­de ascol­to, rispet­to e sin­to­nia con gli altri. È fon­da­men­ta­le stu­dia­re con rigo­re, ma anche svi­lup­pa­re la capa­ci­tà di comu­ni­ca­re ed emo­zio­na­re attra­ver­so lo stru­men­to. L’esperienza sul pal­co e il con­fron­to con musi­ci­sti più esper­ti sono pre­zio­si per cre­sce­re arti­sti­ca­men­te. Non abbia­te pau­ra del­le dif­fi­col­tà: ogni sfi­da è un’occasione per miglio­rar­si e tro­va­re la pro­pria voce. Soprat­tut­to, ricor­da­te che la musi­ca è con­di­vi­sio­ne e deve sem­pre nasce­re da un’espressione auten­ti­ca del pro­prio essere.