Una passeggiata in montagna per i ragazzi de L’Albero Azzurro

24/03/2025 0 Di Giacomo Policardo

Una passeggiata a Montagna Grande per i ragazzi de L’Albero Azzurro, raccontata da uno dei protagonisti, che ci ricorda e ricorda ai suoi amici: anche noi siamo ‘normali’!

GUARDA E FOTO

di Gia­co­mo Policardo

Non pote­va ini­zia­re in manie­ra miglio­re il pri­mo gior­no di pri­ma­ve­ra per i ragaz­zi del­l’as­so­cia­zio­ne Albe­ro Azzur­ro Pan­tel­le­ria. In col­la­bo­ra­zio­ne con l’As­so­cia­zio­ne Gui­de Par­co si è deci­so di tra­scor­re­re un pome­rig­gio diver­so dal soli­to, tra­scor­ren­do un pome­rig­gio in mon­ta­gna, in mez­zo alla natu­ra, quel­la natu­ra che spes­so a noi disa­bi­li è un po’ vie­ta­ta o ci vie­ne privata.

Ed ecco che par­ten­do dal baby par­king attor­no alle 14.oo, sia­mo giun­ti in mon­ta­gna ver­so le 15.00, dove ci aspet­ta­va­no Valen­ti­na, Giu­sep­pe e Maria Ele­na, que­sti ulti­mi venu­ti appo­sta da Paler­mo per orga­niz­za­re que­sta gior­na­ta. Sce­si dal mez­zo e fat­te le dovu­te pre­sen­ta­zio­ni, abbia­mo ini­zia­to a fare una sor­ta di per­cor­so. La pri­ma pro­va la potrem­mo chia­ma­re “cac­cia agli odo­ri”, vi spie­ghia­mo il perché.

Giu­sep­pe ci dà in mano una sor­ta di spu­gnet­ta e varie cose, tra cui ramet­ti, foglie, muschio e quan­t’al­tro. Lui ci pro­po­ne una sor­ta di gio­co magi­co, nel sen­so che ci fa odo­ra­re per pri­ma i ramet­ti sen­za aver usa­to la spu­gnet­ta, noi odo­ria­mo que­sti ramet­ti, que­ste foglie. A un cer­to pun­to poi lui met­te la spu­gnet­ta in que­sti ogget­ti che ci ha fat­to odo­ra­re, come per magia, ma poi non più di tan­to per­ché sap­pia­mo tut­ti che è un gioco.

Ci fa capi­re, ci fa cre­de­re che gli odo­ri sono più inten­si, ma è un gio­co di fan­ta­sia. In real­tà, è che lui, schiac­cian­do que­ste foglie, spre­men­do­le nel­le mani e poi impre­gnan­do­le nel­la spu­gna, inten­si­fi­ca gli odo­ri. Non per un toc­co magi­co, ma per un fat­to­re piut­to­sto chi­mi­co. Però è bel­lo cre­der­ci, è bel­lo sogna­re ed è bel­lo fantasticare.

Que­sta era la pri­ma tap­pa di que­sto per­cor­so, chia­ma­ta sì cac­cia agli odo­ri, ma pos­sia­mo pure defi­nir­la “cac­cia al teso­ro”, per­ché è sem­pre bel­lo sen­ti­re gli odo­ri inten­si­fi­ca­ti. Dopo una bre­ve pau­sa, Giu­sep­pe e Mari­le­na ci con­se­gna­no una sor­ta di cion­do­lo fat­to di legno dove noi abbia­mo scrit­to i nostri nomi, come ricor­do di que­sta gior­na­ta memorabile.

Aven­do fat­to que­sta sor­ta di rac­col­ta, una sor­ta di mini pau­sa, ecco che la nostra avven­tu­ra pro­se­gue. Che cosa si fa? Loro ci dico­no di anda­re a cer­ca­re degli ogget­ti lisci, visci­di, sof­fi­ci, duri e taglien­ti ed ecco che io, abbrac­cia­to con Giu­sep­pe e ogni tan­to con Mari­le­na, ini­zio ad anda­re a cer­ca­re que­sti ogget­ti. L’og­get­to duro l’ab­bia­mo tro­va­to, quel­lo taglien­te anche.

Abbia­mo tro­va­to dif­fi­col­tà, alme­no io e Giu­sep­pe, a tro­va­re quel­lo visci­do e allo­ra sic­co­me non vole­va­mo fare mala figu­ra, ci sia­mo inven­ta­ti un nuo­vo ter­mi­ne. Abbia­mo conia­to un nome, per­ché abbia­mo tro­va­to un misto fra liscio e visci­do e quin­di ecco che nasce l’og­get­to lisci­do.

Non vi nascon­do le risa­te, per­ché è sta­to bel­lo inven­tar­lo, e quin­di poi la pro­va con­si­ste­va nel met­te­re que­sti ogget­ti sul­la pun­ta del naso dei nostri com­pa­gni di viag­gio e quel­li che sen­ti­va­no l’og­get­to sfre­ga­re nel naso dove­va­no capi­re se era lisci­do, visci­do, taglien­te e quant’altro.

Dicia­mo che abbia­mo supe­ra­to la pro­va. Que­ste in bre­ve le tap­pe che abbia­mo fat­to, ma la ter­za cosa è sta­ta vera­men­te inten­sa, per­ché ci sia­mo fer­ma­ti tre minu­ti a medi­ta­re. Mari­le­na ci ha pro­po­sto di tap­par­ci le orec­chie e di chiu­de­re gli occhi e in que­sto caso sono sta­to for­tu­na­to per­ché per quan­to sia­no aper­ti miei occhi, non vedo­no nulla!

Ci ha chie­sto di cer­ca­re di sen­ti­re, di capi­re quel­lo che c’è intor­no dopo aver tol­to le mani dal­le orecchie.

E cosa sen­tia­mo? Sen­tia­mo un ven­to inten­so, per­ché nel pome­rig­gio c’e­ra abba­stan­za ven­to lì su in mon­ta­gna, sen­tia­mo la neb­bia con­den­sa­ta che cade sui nostri giub­bot­ti, sen­tia­mo una sor­ta di rilas­sa­tez­za, di quie­te, di pace inte­rio­re, un’e­mo­zio­ne vera­men­te che è inde­scri­vi­bi­le. La si deve pro­va­re per poter­la capire.

Ma l’e­mo­zio­ne più gran­de che ho pro­va­to io per­so­nal­men­te di que­sta gior­na­ta è vede­re feli­ce un nostro nuo­vo uten­te che si è affian­ca­to a noi da qual­che mese, il caro Nino, che anche se non usa le gam­be, ma ha una testa e una voglia di fare qual­co­sa e non si fer­ma dinan­zi agli ostacoli.

Cer­to, dob­bia­mo garan­ti­re a lui per­cor­si acces­si­bi­li, ma era feli­ce, infred­do­li­to, ma feli­ce, feli­ce di sta­re con noi, feli­ce di pro­va­re quel­la gio­ia, quel­la inten­si­tà, quel­l’e­mo­zio­ne e noi sia­mo sta­ti ben lie­ti di poter­lo accon­ten­ta­re ora e chis­sà più in avanti.

Alla fine di tut­to ciò, pri­ma di scen­de­re, pri­ma di tor­na­re nel­le nostre case, i cari Giu­sep­pe e Maria Ele­na ci dan­no un pic­co­lo sac­chet­to dove noi dove­va­mo met­te­re un nostro sen­ti­men­to, un nostro ogget­to che ci face­va ricor­da­re quel­la gior­na­ta, quin­di chi met­te­va una pie­truz­za di mon­ta­gna, chi met­te­va un pez­zo di muschio o qual­che foglia sec­ca in modo da con­tras­se­gna­re quel­la che è sta­ta que­sta magni­fi­ca giornata.

Ho volu­to for­te­men­te che si orga­niz­zas­se que­sta atti­vi­tà, per­ché è vero, noi con l’Al­be­ro Azzur­ro fac­cia­mo tan­te atti­vi­tà, fac­cia­mo la cera­mi­ca, fac­cia­mo tan­tis­si­me cose, ma è anche vero ed è anche giu­sto soprat­tut­to (e io mi sono impun­ta­to su que­sto, for­se in manie­ra anche trop­po ecces­si­va), che nel pro­gram­ma­re le gior­na­te con l’as­so­cia­zio­ne, all’inizio del­l’an­no sco­la­sti­co, ho det­to ad Ange­la e agli edu­ca­to­ri che dove­va­mo pre­fis­sar­ci di fare un’u­sci­ta ogni tan­to, per­ché è tut­to bel­lo, la manua­li­tà, tut­to giu­sto, ma per­ché non pro­va­re con i ragaz­zi que­sta emozione?

Ed ecco per­ché nasce que­sta mia espe­rien­za per­so­na­le, per­ché que­sta cosa l’ho fat­ta mia, per­ché io ave­vo avu­to il pia­ce­re a set­tem­bre di par­te­ci­pa­re a una visi­ta gui­da­ta con l’U­ni­pant, dove ho potu­to visi­ta­re le tom­be mili­ta­ri, dove ho potu­to visi­ta­re le grot­te di Pia­na Ghir­lan­da, allo­ra mi sono chie­sto, ma per­ché io sì e i miei com­pa­gni di viag­gio no?

Per­ché anche loro non pos­so­no assa­po­ra­re que­sto bri­vi­do, que­ste emo­zio­ni, que­sta pal­pi­ta­zio­ne nel cuore?

È vero, sia­mo disa­bi­li, ma pro­prio in que­sta occa­sio­ne e anche ieri l’ab­bia­mo det­to, abbia­mo crea­to un nostro mot­to, sia­mo nor­ma­li, quin­di io e i ragaz­zi ogni vol­ta che fac­cia­mo una cosa diver­sa è come quan­do a tea­tro pri­ma di un’e­si­bi­zio­ne si dice “mer­da, mer­da, mer­da!”, noi dicia­mo “al 3, 2, 1, sia­mo nor­ma­li!” e lo gri­dia­mo al vento.

Per que­sto che ci pre­fis­sia­mo di fare sem­pre altre più usci­te, sem­pre più in mez­zo alla natu­ra, per­ché con la natu­ra ci si può gio­ca­re, con la natu­ra ci si può sta­re insie­me, spes­so come uomi­ni detur­pia­mo la natu­ra, ma sicu­ra­men­te la natu­ra è con­ten­ta, è feli­ce di sta­re con noi disa­bi­li, anche per­ché noi sia­mo normali.

FOTO: