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Tremarco invia una sua riflessione sull’emendamento dell’opposizione

Federico Tremarco

Federico Tremarco (LEGA PANTELLERIA) – La forza apparente dell’emendamento e il paradosso dell’opposizione attiva

C’è un aspet­to del­la dia­let­ti­ca poli­ti­ca che sfug­ge al lin­guag­gio dell’immediatezza e che richie­de – pri­ma anco­ra che una posi­zio­ne – una rifles­sio­ne. Una di quel­le rifles­sio­ni che, nel loro sno­dar­si, non voglio­no tan­to con­clu­de­re quan­to pro­ble­ma­tiz­za­re, per­ché ogni rispo­sta – in poli­ti­ca – è figlia di una doman­da più profonda.

Pan­tel­le­ria, con­si­glio comu­na­le di ieri pome­rig­gio. Una mozio­ne – legit­ti­ma, sen­ti­ta, for­se per­fet­ti­bi­le – vie­ne pre­sen­ta­ta dal grup­po di oppo­si­zio­ne “Lea­li per Pan­tel­le­ria”. Il tema è quel­lo del­la pos­si­bi­li­tà di indi­ca­re “nato a Pan­tel­le­ria” sui docu­men­ti ana­gra­fi­ci, pur in assen­za di un pun­to nasci­ta sull’isola. Una bat­ta­glia di iden­ti­tà, di radi­ci, di rico­no­sci­men­to. Una richie­sta sim­bo­li­ca, cer­to, ma non per que­sto pri­va di cari­ca poli­ti­ca. Anzi.

E fin qui, tut­to si muo­ve nel con­sue­to ordi­ne del con­fron­to demo­cra­ti­co: la mino­ran­za pro­po­ne, la mag­gio­ran­za esa­mi­na, si apre il dibattito.

Poi, però, acca­de qual­co­sa che meri­ta di esse­re osser­va­to non solo per ciò che è, ma per ciò che impli­ca: l’opposizione, di fron­te alle obie­zio­ni del­la mag­gio­ran­za – non solo fon­da­te sul fat­to che la mozio­ne miras­se a un obiet­ti­vo già for­mal­men­te avvia­to a livel­lo par­la­men­ta­re dal­la Lega, ma anche sul fat­to che la for­mu­la­zio­ne ori­gi­na­ria del­la mozio­ne non rispet­ta­va i requi­si­ti mini­mi che una pro­po­sta nor­ma­ti­va dovreb­be ave­re, ovve­ro gene­ra­li­tà, astrat­tez­za e appli­ca­bi­li­tà – deci­de di emen­da­re da sé, e su sé, la pro­pria mozio­ne.

Sosti­tui­sce “al fine di giun­ge­re a una pro­po­sta di leg­ge” con “al fine di raf­for­za­re la pro­po­sta di legge”. 
E qui comin­cia il con­tro­sen­so poli­ti­co, non tan­to nel­la for­ma, quan­to nel con­te­nu­to. Per­ché sono sta­ti gli stes­si pro­po­nen­ti a dichia­ra­re – pub­bli­ca­men­te e con con­vin­zio­ne – che la pro­po­sta si tro­va già nel­le sedi giu­ste, che è già sta­ta incar­di­na­ta nei lavo­ri par­la­men­ta­ri. Dun­que, cosa si va a raf­for­za­re con una mozio­ne che, nel­la sua for­mu­la­zio­ne ini­zia­le, mostra­va evi­den­ti caren­ze, se si rico­no­sce che il per­cor­so isti­tu­zio­na­le è già atti­vo e nel­le mani di chi di dovere?

E a com­pli­ca­re ulte­rior­men­te il qua­dro c’è un ele­men­to rile­van­te: tra i pro­po­nen­ti vi sono figu­re con espe­rien­ze ammi­ni­stra­ti­ve pre­gres­se, che dovreb­be­ro cono­sce­re il fun­zio­na­men­to del­le isti­tu­zio­ni. È dun­que natu­ra­le chie­der­si se, nel­la ste­su­ra del­la mozio­ne, si sia valu­ta­to con atten­zio­ne cosa impli­chi una pro­po­sta di leg­ge, qua­le sia il suo iter par­la­men­ta­re, e quan­to una mozio­ne con­si­lia­re pos­sa real­men­te inci­de­re su un per­cor­so legi­sla­ti­vo già avviato.
E se la rispo­sta fos­se affer­ma­ti­va, se la con­sa­pe­vo­lez­za ci fos­se, allo­ra non resta che con­clu­de­re che l’azione non è nata da inge­nui­tà isti­tu­zio­na­le, ma da oppor­tu­ni­tà narrativa.

Il rischio è quel­lo di insi­ste­re su una sovrap­po­si­zio­ne, non su un soste­gno. Di cer­ca­re una visi­bi­li­tà poli­ti­ca in più, lad­do­ve il pro­ces­so si è già avvia­to altro­ve, su un pia­no diver­so, con stru­men­ti diversi.

Non solo. La mozio­ne par­la gene­ri­ca­men­te di “iso­le mino­ri”, eppu­re il tema dell’assenza dei pun­ti nasci­ta riguar­da mol­ti comu­ni ita­lia­ni non insu­la­ri, spes­so in zone mon­ta­ne o mar­gi­na­li, dove il pro­ble­ma dell’identità ana­gra­fi­ca è lo stes­so, ma dove – for­se – non si intra­ve­de la stes­sa occa­sio­ne comunicativa.

Eppu­re, qual­cu­no potreb­be obiet­ta­re: “È così che si otten­go­no i risul­ta­ti, costruen­do convergenze.”

Sì, ma a qua­le prezzo?

Per­ché se una pro­po­sta di leg­ge esi­ste già, da oltre un anno, e sta seguen­do il pro­prio iter par­la­men­ta­re, non è det­to che neces­si­ti di ulte­rio­ri raf­for­za­men­ti ester­ni. Al con­tra­rio: il per­cor­so di una nor­ma, quan­do avvia­to nel­le sedi pro­prie, dovreb­be tro­va­re nel­la coe­ren­za isti­tu­zio­na­le il suo soste­gno natu­ra­le, sen­za sovra­strut­tu­re reto­ri­che o ini­zia­ti­ve loca­li che – pur ani­ma­te da buo­na volon­tà – rischia­no di sovrap­por­si più che supportare.

C’è un tem­po per pro­por­re, e un tem­po per accom­pa­gna­re. Ma accom­pa­gna­re non signi­fi­ca repli­ca­re, né tan­to meno affian­ca­re per riba­di­re ciò che è già sta­to for­mal­men­te assun­to dal legislatore.

Ed è in que­sto cli­ma, che cono­scia­mo bene, che tut­ti ci pre­pa­ria­mo al con­sue­to epi­lo­go comu­ni­ca­ti­vo: il post cele­bra­ti­vo sui social, cor­re­da­to maga­ri da una foto d’aula, da qual­che hash­tag isti­tu­zio­nal­men­te acce­so, e dal­la for­mu­la ormai roda­ta – “gra­zie al nostro inter­ven­to, ades­so si accen­de la luce”.

Per­ché, come acca­de da manua­le, la sto­ria – secon­do cer­ta nar­ra­zio­ne del­la sini­stra loca­le – ini­zia sem­pre dal momen­to in cui il grup­po di oppo­si­zio­ne entra in sce­na. Nul­la esi­ste pri­ma, nul­la si muo­ve se non gra­zie a quel gesto, nul­la vale se non è pre­ce­du­to dal “noi”.

Eppu­re, se il tem­po del­la poli­ti­ca è fat­to di ini­zia­ti­ve, lo è anche di memo­ria. E se ogni pro­po­sta nasce da un con­te­sto, allo­ra anche la luce – quan­do arri­va – non dovreb­be esse­re spac­cia­ta come mira­co­lo, ma rico­no­sciu­ta come frut­to di un pro­ces­so più ampio, che meri­ta rispet­to, anche nei tem­pi e nei silen­zi che lo accompagnano.

Cer­to, il risul­ta­to è sta­to otte­nu­to: la mozio­ne, emen­da­ta, è sta­ta vota­ta. Ma la doman­da resta: a che prez­zo politico?

È il para­dos­so dell’opposizione atti­va: voler appa­ri­re inci­si­va anche a costo di smus­sa­re se stes­sa, nel ten­ta­ti­vo di mostra­re che qual­co­sa si è otte­nu­to. Anche se quel qual­co­sa esi­ste­va già. Anche se lo si è otte­nu­to non per for­za, ma per adattamento.

Ed è qui che la rifles­sio­ne si fa più ampia. Per­ché for­se, oggi, si è per­so il sen­so del­le oppo­si­zio­ni che non con­fon­do­no il con­sen­so con la fun­zio­ne di vigi­lan­za e pro­po­sta auto­no­ma pro­pria del ruolo.

Fede­ri­co Tre­mar­co, Asses­so­re al Turismo

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