Per la legge dei grandi numeri, come si aspettavano un po’ tutti, è passata oggi…
Pantelleria, Gaspare Inglese: un diverso punto di vista per la questione Doc
24/06/2019Un ragionamento per assurdo sulla DOC Pantelleria, nel paradosso del vivere in nicchia e agire globale.
Gentile Direttore,
in questi giorni ho riflettuto sulla questione relativa al dibattito sulle modifiche del disciplinare della Doc Pantelleria proposta dal Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a DOC dell’Isola di Pantelleria.
Non sono un addetto del settore e quindi lungi da me dall’avanzare teorie economico – agrarie, sociali o di marketing. Osservo tuttavia, da consumatore e da soggetto che ha a cuore il futuro sostenibile dell’isola, che tra le molteplici condizioni al contorno che affastellano il complesso scenario, si affiancano tra loro sia il Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a DOC dell’Isola di Pantelleria, soggetto che nasce nel 1997 ( https://consorziodipantelleria.it/#consorzio) oltre a quello a me meno noto, Consorzio Sicilia DOC, il quale nasce nel 2011ed a cui la legge riconosce incarico erga omnes dal 2014. (http://siciliadoc.wine/il-consorzio-sicilia-doc/ ).
Tra le uve caratterizzanti della DOC Sicilia vi è lo Zibibbo, diffuso nella provincia di Trapani.
Osservo che vi sono Aziende vitivinicole che appartengono ad entrambe le DOC e, per quelle che operano anche sul territorio insulare maggiore è possibile, in deroga e richiedendo apposita autorizzazione al Ministero, imbottigliare i vini anche al di fuori di Pantelleria (solo quelle che dimostrino di aver eseguito l’imbottigliamento da almeno 1 anno prima dell’entrata in vigore del disciplinare). Inoltre, per il solo vino di tipo bianco, possono concorrere alla produzione uve provenienti dai vigneti composti, nell’ambito aziendale, oltre che dal vitigno Zibibbo, da uno o più vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Sicilia.
La proposta di modifica del disciplinare in qualche modo avrebbe, tra l’altro, fra i legittimi obiettivi di un consorzio volontario, quello di aggiungere il brand Sicilia alla DOC Pantelleria [cit. una freccia in più al nostro arco] ed esportare l’incarico erga omnes [cit. per poter svolgere adeguata attività di tutela e vigilanza sulla DOC Pantelleria (Sicilia)]. Su ciò nulla quaestio.
Da Pantesco, e da consumatore, mi pongo però una domanda, in una sorta di ragionamento per assurdo, che desidero condividere.
Se ci fossimo trovati oggi nelle condizioni, da sempre oggetto di dibattito, che a Pantelleria si fosse chiusa la filiera di produzione ed imbottigliamento di tutte le cantine produttrici di vini e passiti DOC aderenti al Consorzio e, in ragione di un mercato particolarmente favorevole (e di ottimizzazione delle economie di scala), fossimo stati nelle condizioni di importare il moscato d’Alessandria dalla provincia di Trapani, incrementando il numero delle bottiglie prodotte da parte di tutte le cantine appartenenti al Consorzio, con la clausola però di inserire la dicitura Sicilia alla DOC Pantelleria, e sotto l’egida erga omnes della DOC Sicilia, quale sarebbe stata la risposta attesa dal mercato?
Piccole Aziende vitivinicole locali, in quest’ipotetico scenario, potranno legittimamente valutare di ampliare i loro confini aziendali in provincia di Trapani, fruendo di tecniche colturali e di impianto dello Zibibbo che necessitano di minori azioni eroiche, per ampliare i loro margini di profitto ed il numero delle bottiglie prodotte? Se ciò accadesse, sarebbe a questo punto auspicabile che i suddetti lungimiranti imprenditori locali delocalizzassero alcune parti della filiera produttiva per ottimizzare i processi a valle della raccolta, trovandosi più vicini ai mercati? Questo contesto, che ricadute avrebbe in ambito sociale?
Più in generale:
Il consumatore sarebbe stato contento di sapere ciò?
- Tutto questo avrebbe avuto una ricaduta positiva?
- Gli altri concorrenti DOC, dentro e fuori dal territorio insulare, come ci avrebbero giudicati?
- Che senso ha richiedere un ennesimo sforzo ai viticoltori definiti da più fronti “eroici”, soci e non del consorzio di tutela della DOC, di riconquistare terrazzamenti e coltivi in abbandono, a fronte della possibilità di ricorrere a maggiori economie in terra ferma?
- Il soddisfacimento comune dell’interesse dei consorziati, in un dichiarato intento di salvaguardia colturale e culturale dell’identità isolana, è forse distorto da alcune posizioni dominanti di notevole peso specifico?
Se questo ragionamento che vi propongo conduce a conclusioni incoerenti e/o contraddittorie, è probabile che il tutto debba essere riequilibrato ponderando al meglio gli interessi dei produttori a tutela dei consumatori e, perché no, della concorrenza (interna ed esterna al consorzio), nonché del mercato?
Se invece pone perplessità solo a me, vi chiedo sinceramente scusa per il tempo perso, o per aver trattato con leggerezza argomenti complessi!
Viviamo in un sistema globalizzato, in cui è inevitabile l’interazione tra tutti i fenomeni connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo e Pantelleria non può estraniarsi da questo sistema. Ciò per rispetto verso i nostri avi che tanto hanno faticato per conquistare i fertili e pietrosi versanti vulcanici, che per dovere e lealtà nei riguardi delle generazioni future.
Ritornando alla realtà odierna, ritengo che Pantelleria abbia molteplici vantaggi in questo scenario. Tra tutti riconoscere alle aziende vitivinicole siciliane che hanno deciso di investire i loro capitali sull’Isola negli ultimi decenni, il notevole innalzamento della qualità del prodotto con l’iniezione di nuova linfa vitale e stimoli di concorrenza e competizione agricola in un’economia che si appiattì, ad esempio, sull’irreversibile edilizia. Inoltre, possiamo far tesoro delle nefaste ricadute sociali ed economiche che gli errori in campo enologico del passato hanno avuto, sbandierando ai quattro venti vessilli autarchici!
E’ nostro dover saper cogliere le occasioni del nostro tempo, ma è anche necessario con senso critico e conoscenza dei complessi meccanismi giuridici e del mercato globale in costante evoluzione, fare chiarezza agli occhi dei consumatori, con la consapevolezza delle ricadute dirette ed indirette sul “sistema Pantelleria”, oggi divenuto sotto molteplici aspetti fragile, cercando di coniugare anche gli aspetti sociali ed ambientali di nicchia, nella agognata ricerca di una resiliente sostenibilità.
Un passo importante potrà essere, a mio avviso, ricostruire a livello locale la fitta rete di relazioni (sociali, economiche, ambientali), mutuando il funzionamento delle nicchie (ecologiche) che, interagendo, costituiscono la rete di una conoscenza consapevole che avanza.
Con l’auspicio di aver contribuito ad un costruttivo dialogo, ponendo alcuni spunti di riflessione, porgo i migliori Saluti.
Gaspare Inglese
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Gentile Direttore, nel ringraziarla ancora una volta per l’ospitalità e per l’opportunità datami di condividere gli aspetti dialettici che hanno coinvolto la nostra Comunità sulle modifiche al disciplinare DOC (o DOP), vorrei portare all’attenzione dei lettori interessati, alcuni ulteriori aspetti osservati, essendomi “amminchiato”(*) sul tema, come dice il buon Camilleri!
Dalla lettura dei Disciplinari dei vini DOP e IGP italiani, ed in particolare di quelli di nostro interesse pubblicati sul sito del MIPAAF [https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4625], nonché del Dlgs 61/10 “Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88, condivido ciò che segue.
Il Consorzio Volontario di Tutela e Valorizzazione dei vini a DOC dell’Isola di Pantelleria, costituito dai suoi Soci Imbottigliatori e Vinificatori e Soci Viticoltori, grazie all’elevato grado di rappresentatività nel territorio (almeno il 40% dei viticoltori ed almeno il 66% della produzione), può ambire all’autorizzazione “erga omnes”, secondo quanto disposto dal Dlgs 61/10.
Un Consorzio così autorizzato, nell’interesse di tutti i produttori anche non aderenti, può:
a) definire, previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, l’attuazione delle politiche di Governo dell’offerta, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto DOP e IGP, e contribuire ad un miglior coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, nonche’ definire piani di miglioramento della qualità del prodotto;
b) organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o IGP;
c) agire, in tutte le sedi giudiziarie ed amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o della IGP e per la tutela degli interessi e diritti dei produttori;
d) svolgere azioni di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione da espletare prevalentemente alla fase del commercio.
Del resto perché non prendere il “meglio” di quanto offerto dall’attuale sistema di regole, come ha già fatto il consorzio di tutela Vini DOC Sicilia, che nasce proprio grazie allo stesso testo legislativo che così recita:
“.. E’ consentita la costituzione di consorzi di tutela per più denominazioni di origine ed indicazioni geografiche purche’ le zone di produzione dei vini interessati, così come individuate dal disciplinare di produzione, ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale, regionale o interregionale, e purche’ per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica sia assicurata l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili..”
Appare interessante altresì notare come un consorzio così riconosciuto possa proporre l’inserimento nel disciplinare di produzione, come logo della DOP o della IGP, il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione. Il logo che identifica i prodotti DOP e IGP è detenuto, in quanto dagli stessi registrati, dai consorzi di tutela per l’esercizio delle attività loro affidate. Il logo medesimo e’ utilizzato come segno distintivo delle produzioni conformi ai disciplinari delle rispettive DOP o IGP, come tali attestati dalle strutture di controllo autorizzate, a condizione che la relativa utilizzazione sia garantita a tutti i produttori interessati al sistema di controllo delle produzioni stesse, anche se non aderenti al consorzio. La modifica in DOC PANTELLERIA – SICILIA , rientra in tale casistica o apre la strada a tale percorso?
Dal punto di vista dei numeri che coinvolgono la DOC Sicilia e la DOC Pantelleria salta agli occhi che la composizione ampelografica dei vini DOC Sicilia bianchi, sia tardivi che spumanti ( anche di zibibbo), può essere sempre integrata da altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione nella regione Sicilia nella misura del 50%.
La densità minima di nuovo impianto, sempre di Zibibbo, in Sicilia è circa il 60% superiore di quella pantesca, mentre se la resa % e la produzione specifica per ettaro sono similari, così non avviene per la produzione massima di vino ( in litri per ettaro), che è in media 10 volte superiore rispetto alla produzione DOC Pantelleria. Questo è un valore non di poco conto.
Credo che tutto questo debba essere coscientemente ponderato dai Soci del Consorzio DOC Pantelleria, e in generale dalla Comunità, anche solo in un semplice rapporto costi – benefici tra le produzioni DOC Pantelleria , DOC Sicilia e il futuro prossimo DOC Pantelleria – Sicilia, cercando di comprendere quali siano effettivamente i soggetti che beneficeranno del marchio Pantelleria in questo scenario. Anche alla luce di questi dati penso che la motivazione secondo cui il brand “Sicilia” sia più conosciuto nel mondo, anche solo per fatti squisitamente turistici, rispetto a quello dell’Isola di Pantelleria non sia una motivazione lealmente spendibile!
La decisione assembleare di aprire alla Doc Sicilia si palesa come un riuscito tentativo di mediazione al ribasso, in cui l’Isola di Pantelleria ci mette “solo” il Glamour dell’epica coltivazione
L’Uomo Ragno, supereroe dei fumetti, diceva: ” da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Ma qui si assiste alla saga di un manipolo di così detti eroi ( definizione data dall’esterno e associata alla tecnica di coltivazione in ambiente per certi versi estremo) i cui superpoteri pare siano stati inibiti dalla caduta di un misterioso meteorite con residui di Kryptonite che generano effetti fatali o nocivi ‚a seconda del colore, come su Superman ( altro supereroe della saga Marvel Comics).
Di che lamentarsi? In fondo diverremo portatori sani e “volontari”, con missione “erga omnes”, di una copertura vaccinale anche nei confronti di chi era fortunosamente lontano dal luogo dell’impatto con il pianeta Krypton. In questo modo i soggetti a “rischio” godranno dalla copertura immuno – vaccinale (pena solo il sacrificio di effettuare qualche “richiamo” di tanto in tanto), al fine di non incorrere in troppo bassi livelli di copertura, mantenendo così l’auspicato “effetto gregge”!
Alla fine della fiera è proprio vero che di eroi di mestiere c’è ne è ben pochi al mondo proprio perché non han certezza di riuscire.
(*)
Camilleri, in “Il gioco della mosca” raccolta di aneddoti, dando questa definizione: “Si dice che una persona amminchìa quando si intestardisce su una posizione difficilmente sostenibile a lume di ragione”.
Grazie a Lei per il privilegio.
Essendo il suo commento più un altro articolo d’opinione, lo pubblicheremo anche come tale, perché solo come commento non avrebbe la visibilità che merita.
Grazie ancora.
La Redazione