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Una lettera per potenziare il consultorio di Pantelleria. Michela Silvia scrive all’UOS di Trapani
16/07/2019 0 Di RedazioneLa nostra Michela Silvia, da sempre impegnata nel sociale, vivendo anche una situazione familiare che la rende testimone delle difficoltà che può incontrare una famiglia con un ragazzo con esigenze speciali, ha scritto questa toccante lettera, l’ennesima, alla UOS Tutela della Salute e dell’Infanzia chiedendo il potenziamento del Consultorio familiare di Pantelleria, attualmente lasciato mezzo inutilizzato, mentre c’è una necessità impellente di servizi.
Ecco la lettera:
Alla UOS Tutela della Salute dell’Infanzia, della Donna e della Famiglia
distretto di Trapani, Alcamo e Pantelleria-
Al Responsabile Dott. Natalino Ferrara
Vorrei Raccontarle…
MIO figlio, 17anni, da quando ne aveva 3 mi è stato detto che era un bambino “particolare”, sono stata secondo me intelligente a credere a quello che degli amici terapisti, quindi delle persone di mestiere, mi stavano dicendo e ho iniziato una battaglia prima di tutto all’interno della mia famiglia e poi col mondo intero perché mio figlio avesse una diagnosi, un posto dove ogni anno qualcuno ne certificasse i miglioramenti e un sostegno a scuola perché fosse aiutato ad esprimere le sue qualità e a superare i limiti che gli vengono dalla sua condizione di neuro atipico che si muove in un mondo di neuro tipici, forse!
A casa mi sono presa di tutto:
”esagerata, visionaria, vuoi per forza trovare un problema’’, ma come un caterpillar sono andata avanti, ho studiato per una formazione che potesse essermi utile per affiancare mio figli, mai nessuno mi ha chiesto IO come la stessi vivendo e come facessi a viverla così.
Volevo morire, glielo dico, perché quando ti chiama qualcuno per parlarti di tuo figlio e pronuncia parole che per te significano terrore, ti piomba in testa una cappa che non ti lascia respirare e prima che tu reagisca iniziando a combattere devi un poco soccombere e sederti sul fondo del mare, per poi cercare di riemergere nuotando, imparando a nuotare in un mare sconosciuto, perché tuo figlio ha bisogno di te, della tua capacità di camminare al suo fianco e di capire i suoi passi. Della tua capacità di studiare una nuova lingua, perché quella che hai usato finora non va bene.
Malattia?
Non mi sentirà mai pronunciare la parola “malattia”, perché non è malato, non ha qualcosa che con una pillola può passare, ha una sua visione del mondo e della realtà diversa da quella della media delle persone e le dirò che a volte mi chiedo se la vera e giusta visione sia la sua…e non la nostra.
Ha alcuni tratti abbastanza tipici di quel tipo di mentalità descritta appunto da Hans Asperger negli anni 40, mentre per altre cose sconvolge completamente il quadro e questo invece di essere strano è perfettamente normale. Un Asperger è una persona con autismo e l’autismo è tutt’altro che inquadrabile, ha infinite sfaccettature e infiniti risvolti. Proprio per questo le racconterò mio figlio e non “un ragazzo generico”.
Un Mike Bongiorno dei tempi d’oro…
Mio figlio ha iniziato a gattonare molto presto, era una lepre in fuga. Quando ha deciso che gattonare non gli consentiva il margine di manovra che desiderava si è alzato e ha iniziato a correre. Sembrava che avesse studiato nel suo periodo da gattonatore la teoria della corsa, per poi metterla in pratica senza passi intermedi.
Un ragazzo molto curioso e estremamente intelligente, ha una mente logico matematica che fa paura, ma la capacità attentiva di un pesce rosso, fluttua nell’aria con le sue domande a raffica e a volte si dimentica di ascoltare le risposte. Legge benissimo, anche meglio di molti suoi coetanei e inventa continuamente giochi di parole, che amministra con la sapienza televisiva di un Mike Bongiorno dei tempi d’oro. Peccato che a volte i concorrenti (cioè noi) non siano entusiasti di partecipare, il che non lo ferma affatto. Ti arruola con il piglio di un generale in battaglia e il miglior modo di cavarsela è assecondarlo.
La coperta di Linus
Quando scendo dalla mia macchina al parcheggio, mi volto sempre due o tre volte premendo il tasto di chiusura del telecomando, le luci lampeggianti mi rassicurano di non aver lasciato aperte le portiere, visto che sono gesti che compio ogni giorno e che rischio magari di non compiere per abitudine. Me lo fece notare il primo terapista di mio figlio. Quei piccoli gesti quotidiani, controllare di aver spento la luce o di aver chiuso la porta a chiave, che compiamo da sempre anche non consapevolmente ci tranquillizzano.
Ecco, per mio figlio questo è portato all’ennesima potenza. Le sue piccole fissazioni temporanee sono una coperta di Linus con cui tiene tranquilla la sua ansia, può essere la canzone sullo stereo della macchina o il navigatore anche se sappiamo esattamente dove stiamo andando, può essere chiedermi 100 volte se la lavatrice sia in funzione o meno, a perenne memoria di quella volta che l’ha spenta senza anche avesse finito il lavaggio e aveva aperto lo sportello facendo scorrere litri e litri di acqua per tutto il bagno.
Le emozioni e l’inglese
Sono piccole cose in realtà, piccole manie, ma costituiscono un castello mentale preciso, che lo aiuta a mettere i piedi sui pioli di una scala scivolando meno possibile.
È estremamente perseverante, ora ha deciso che vuole imparare studiare lingue e come i principianti lo studia a puntate su Youtube. Ripete tutto, con sorpresa sta davvero imparando, credo che potrebbe fare qualsiasi cosa se solo volesse, perché quando la vuole, lo fa incessantemente, senza perdere l’obiettivo e senza scoraggiarsi. La sua mente seleziona le cose su cui concentrarsi molto più di quello che fa la mia o la sua, Dottore.
In mezzo a tutto questo c’è ovviamente la parte meno simpatica, perché raccontata così sembra di avere in casa un genio semplicemente un poco originale, persino bello di aspetto. Ossia lo stereotipo per eccellenza. E io rifuggo dagli stereotipi, sempre.
Mio figlio capisce le emozioni altrui con la stessa facilità con cui attualmente tradurrebbe un testo dall’inglese all’italiano.
Lo spazio temporale
Per lui capire “lento come una lumaca” è stato un pochino complicato. Anche per questo manipolare i numeri gli viene bene mentre raccontare una storia dopo averla letta no. Se provi a dargli l’input lui ripete quello che dici tu come quelli che cantano le canzoni, non sanno le parole e cercano di indovinarle seguendo il cantante, ma quello fa parte della sua furbizia da volpe, la realtà è che per lo più non si ricorda. E sta provando a fregarti. Difende le sue fissazioni con una veemenza che ha del tragico, se contraddetto in un vitale problema come mettere allo stereo Fabri Fibra invece di Rovazzi va in crisi, uno da fuori gli direbbe “ma che problema c’è? La mettiamo dopo”, ma non sa che dentro mio figlio quella canzone va messa in quel momento, in quel preciso spazio temporale.
Un pezzo di puzzle che combacia con la figura che lui ha in testa lì e ora. Fatica non poco a volte a restare seduto e fissato su un compito che può anche essere semplice come mangiare se qualcosa attrae la sua attenzione. Gli dà fastidio a volte essere toccato in alcuni modi, ad esempio sui capelli per pettinarlo.
Lui ed io a Pantelleria
Vede dottore, le ho parlato di lui, ma devo parlarle anche di me. Sono la mamma di un bambino e ora adolescente, fuori dalla media, potrà capire che non mi preoccupo che lui “guarisca” perché non è malato e soprattutto non è “guaribile”, ma mi preoccupo che il mondo possa essere pronto a recepire e apprezzare modi alternativi di vedere la realtà e che lui impari linguaggi che spontaneamente non gli appartengono per accogliere di quel mondo le cose belle, difendersi decentemente da quelle brutte e vivere una vita il più possibile serena.
SPERO CHE QUESTA MIA LETTERA, RISULTI L’ULTIMA DELLE TANTE INVIATE, CHE SI CERCHI DI CAPIRE CHE ABBIAMO BISOGNO SU QUEST’ISOLA ISOLATA, QUALE È PANTELLERIA, DI ASSISTENZA COSTANTE, DI SPECIALISTI PRESENTI, DI UNO SPORTELLO DI ASCOLTO PER LE FAMIGLIE E DI GARANZIE, OLTRE A CHIEDERE CHE I NOSTRI FIGLI “DIFFICILI” ABBIANO DEI PUNTI DI RIFERIMENTO ANCHE DOPO I 18 ANNI.
LE CHIEDO DI POTENZIARE QUELLO CHE ATTUALMENTE SU PANTELLERIA VIENE DEFINITO CONSULTORIO FAMILIARE, MA CHE IN PRATICA NON È ALTRO CHE UN INSIEME DI STANZE QUASI SEMPRE VUOTE, BUIE E INUTILIZZATE.
Mio figlio attualmente è una farfalla che fluttua tra la felicità e la disperazione, vorrei riuscire ad insegnargli a volare a volte anche nel mezzo, perché ogni cosa si osserva dalla giusta altezza e per lui questo non è sempre scontato.
Non abbiamo bisogno di pillole noi, ma di sostegno in un cammino che a volte, specie all’inizio, è difficile proprio per mancanza di riferimenti e strutture.
Non tutti hanno la fortuna di incontrare INSEGNANTI che hanno il coraggio di convocare una mamma che a sua volta ha il coraggio di credere a quel che le viene detto, di Imparare e abilitarsi affinché il proprio figlio abbia le terapie a casa, costantemente vicine.
E forse mio figlio, incredibilmente, è un fortunato!
Attendo, come sempre fiduciosa un riscontro e dei CAMBIAMENTI !
Michelangela Silvia
Punto a Capo Onlus è l’editrice di PUNTO A CAPO ONLINE, PUNTO A CAPO SPORT e PANTELLERIA NOTIZIE. La Redazione è nella sede operativa, a Marino (Roma). La Redazione Pantesca si ritrova periodicamente a Pantelleria. La Redazione è aperta anche se non sempre ‘fisicamente’. Infatti, essendo i collaboratori tutti volontari, lavorano quasi sempre da casa.
Il giornale è un progetto condiviso ed un patrimonio comune completamente non profit, senza alcuno scopo di lucro, tenuto da volontari e chiunque può partecipare. I cittadini che vogliono scriverci possono farlo all’indirizzo email info@pantellerianotizie.it o tramite Whatsapp al numero 333 3876 830 Le lettere devono essere accompagnate sempre da foto.
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