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Al festival dei Vini di Pescara, Comolli torna a parlare dei consorzi
28/01/2020Pescara 2020, chiusa la prima edizione del festival con grande successo per i vini spumanti d’Abruzzo.
“Tutte rose e fiori per la spumantistica italiana?” lo chiediamo al più grande protagonista della spumantistica italiana moderna. A Comolli chiediamo anche una riflessione sui consorzi di tutela italiani
Per tre giorni l’hotel Esplanade di Pescara ha accolto il gotha della spumantistica italiana. Chi presente ai tavoli tematici, chi per ritirare gli attestati Bubble’s Italia, chi per i premi “gli scudi” dei migliori vini con le bollicine del 2019 decretati dal pool di assaggiatori di Ceves (www.ovse.org), chi per la frequenza del primo Master Magistralis full immersion, chi per sentire accademici del calibro di Donato Lanati e Attilio Scienza. A Salvatore Murana è andato uno dei più antichi premi, VintageAward, ambitissimo e intitolato a Francesco Scacchi, riscoperto dal Forum Spumanti d’Italia del 2004–2012 che ha lanciato nel mondo la spumantistica italiana con centinaia di ospiti e MW stranieri per anni.
A Giampietro Comolli, già direttore di Franciacorta, Gavi, Colline del Prosecco-Altamarca, Bolgheri, Colli Piacentini, tecnico esperto di bollicine da 40 anni, forse il tecnico-enologo-agronomo più qualificato che oggi ha l’Italia e rappresentante delle bollicine tricolori nel mondo, chiediamo qualche riflessione generale sui Consorzi di tutela e i territori (www.ovse.org).
“Oggi i consorzi di tutela sono fondamentali, ma sembra che non rispondano più alle esigenze e domande degli anni 1995–1998, quando ci fu la grande rivoluzione e l’avvio dei Consorzi di tutela con la certificazione, tracciabilità e la vigilanza Erga-Omnes. Sono cambiati i tempi. Non possono stare in piedi Consorzi che fanno solo pubblicità, marketing e promozione generica. In questo il Consorzio Franciacorta fondato nel 1991 è ancora un esempio valido: prima la tutela e zonazione del territorio vitato, la ricerca in azienda, la certificazione di filiera dei vini, la qualità come fattore produttivo che si da per scontato. Non si fondano Consorzi di tutela per fare eventi all’estero, pubblicità. Il Consorzio deve usare la tutela come comunicazione, informazione, formazione, marketing di territorio, di prodotto…..non di singole imprese”.
Quindi Comolli il sistema consortile italiano funziona, è valido?
“A Pescara ne abbiamo parlato. Se il Consorzio fa tutela, se è diretto da tecnici esperti, non dovrebbero succedere fatti come quelli recenti in Oltrepò Pavese. In Italia ci sono 70–80 Consorzi, forse 6–7 hanno bilancio, gestione, uomini, progetti e funzioni ben organizzate. Oggi “troppi Consorzi” hanno grossi problemi gestionali, di rappresentanza. Il peso dei voti in assemblea, il rapporto fra grandi e piccole cantine, la rappresentanza in consiglio sono oggi temi che bloccano le attività consortili. Non è un mega evento promozionale che scavalca o supplisce all’importanza della tutela e della vigilanza. La stessa certificazione ufficiale deve essere più “terziaria”. Occorre separare bene la parte “tutela” da quella di “promozione”: in corrispondenza il peso dei voti deve essere pro-capite per tutti gli aspetti di disciplinare, tutela, vigilanza mentre il voto censuario va bene per le decisioni promozionali, pubblicitarie. Il tutto all’interno sempre di un unico Consorzio, un solo consiglio, un solo bilancio e un solo presidente. Per questo che la figura del presidente deve essere sempre più superpartes, anche non direttamente responsabile di una cantina piccola o grande, come pure deve essere forte il legame fra presidente e direttore, ma quest’ultimo più garante, autonomo con certi spazi di manovra che solo competenza può garantire”.
Comolli non lascia dubbi, non svicola dai problemi. La sua esperienza di 35 anni nei Consorzi di tutela e il suo grande contributo dato negli anni 1996–1999 per arrivare alla nuova Federdoc, ai nuovi consorzi, alla certificazione terziaria, alla vigilanza e all’erga omnes è nota, ma lui stesso sembra dire – e ne è molto convinto – che l’attuale “litigiosità” consortile-produttiva non giova e che bisogna velocemente trovare una forte e innovativa soluzione al passo con i tempi e le necessità delle cantine. Anche con passi indietro di qualcuno, non appellandosi ai diritti acquisiti, non legando il costo della quota sociale al numero di voti da far pesare in ogni votazione.
Comolli, come orientare le diverse Docg-Doc?
“È evidente che un sistema di 600 Docg-Doc è complesso se non c’è un indirizzo e un modello: Doc piccole vanno salvaguardate e lasciate indipendenti se sono autorevoli, autonome, antiche e volute dai viticoltori come è il caso di Pantelleria. Mentre Doc grandi come Piemonte o Toscana possono essere molto utili, se volute dai viticoltori, per la organizzazione e gestione generale, soprattutto per le delibere censuarie della promozione, pubblicità, eventi in cui le grosse cantine hanno necessità e funzioni diverse delle piccole aziende famigliari. Solo così si salva il tessuto dei Consorzi e delle piccole aziende vitivinicole. Semplificazione, testo unico burocratico, ma rispetto delle volontà locali a difesa della presenza attiva dell’azienda di territorio”
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