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Una pantesca ci scrive: Pantelleria fa parte di un Paese fatto di rovine
06/12/2021PANTELLERIA FA PARTE DI UN PAESE FATTO DI ROVINE
La storia racconta: questa è terra di confine. Troppo lontana, anche se non così lontana dalla terra ferma.
La storia tramanda: non solo tradizioni e conoscenza ma, invasioni e abbandoni. La storia scopre: ricchezze e vestigia.
Il presente nell’affanno del quotidiano dimentica.
Dimentica il valore delle pietre e ciò che possono raccontarci, oggi per domani. Cosa possono rappresentare per il futuro, che per quanto incerto un punto di partenza lo cerca e in esso è insito. Così come in passato è accaduto di ricostruire città dalle loro rovine, forse un giorno da queste rovine si ricostruiranno nuove possibilità, se non vere e proprie città. È una speranza semplice o forse una amara consolazione?
Per questo motivo è necessario preservare, valorizzare, mantenere?
Se l’Italia nostra fosse un paese povero di rovine, forse, avremmo più attenzione per le pietre? Come accade già in altri paesi, che poco posseggono per poter raccontare la loro storia. Noi possediamo tanto ma, diventiamo poveri nell’abbandono e nell’incuria; anche di quelle cose piccole che testimoniano le più recenti storie di vita contadina.
Ciò che più impressiona è lo sforzo del singolo o al massimo del piccolo gruppo o del politico illuminato (La storia degli scavi di Pompei è un esempio) che per qualche congiuntura favorevole, a volte anche sconosciuta, riesce a dare vita a una storia concreta. E si apre allora “una speranza vera”.
Per il resto, tutto rimane immobile e le rovine crescono.
Pantelleria fa parte di questo “grande Paese” fatto di “Rovine”.
Non sono solo i siti archeologici (Scauri, Sesi, San Marco, Zubebi); non sono solo i monumenti (vedasi il Castello); non sono solo i “Dammusi” che, sembra che ne abbiamo così tanti da non meritare di essere protetti e valorizzati con appositi incentivi; non è solo l’agricoltura, priva di braccia; non sono solo le migliaia di km di muretti a secco che crollano e spariscono; non sono solo le chiese sconsacrate (San Michele, Santa Teresa, San Giacomo, San Francesco e quelle che non si ricordano neanche più) e i giardini di agrumi, sacri per altri versi; non sono solo i monumenti che raccontano la storia più antica, ma anche quella più recente e che in parte recuperati (vedasi “ex Polveriera” e “Mediateca” ex Macello, Museo del Mare) rimangono chiusi o diventano magazzini; non sono solo i cimiteri (qualcuno così raro, che è meglio non farlo sapere in giro); non sono solo le caserme e i bunker e l’archeologia industriale del secolo scorso; non sono solo i boschi che affannosamente ricrescono dopo gli incendi e le strade che li servono.
È ’intera isola, che di tutto ciò in parte si compone, a trovarsi chiusa nella morsa del degrado e dell’obblio. È l’intera isola a chiedere attenzione. È Pantelleria a chiedere che si intraprendano azioni concrete per non perdere quel poco che è stato recuperato e tutto ciò che ancora necessita di recupero, di conservazione, di valorizzazione e di cura. Non c’è più tempo!
Pantelleria 27.11.2021
Arch. Rosalia Silvia
Foto di Tommaso Brignone
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