Speciale gemellaggio Pantelleria-Aprilia, poesia, editoriale e foto: un cordone ombelicale che non si taglia

Speciale gemellaggio Pantelleria-Aprilia, poesia, editoriale e foto: un cordone ombelicale che non si taglia

12/07/2022 0 Di Redazione

ASCOLTA LA POESIA DI LILLO DI BONSULTON DEDICATA AL GEMELLAGGIO, LETTA DA CATERINA D’AJETTI:

EDITORIALE DI FRANCESCA MARRUCCI: PANTELLERIA E APRILIA, UN CORDONE OMBELICALE CHE NON SI TAGLIA

Ho aspet­ta­to un po’, per vari moti­vi, per par­la­re del gemel­lag­gio tra Apri­lia e Pan­tel­le­ria. Un momen­to di unio­ne di una comu­ni­tà divi­sa dagli anni, dal­le distan­ze, dal­le neces­si­tà, che però non si disper­de, che man­tie­ne fer­me le sue ori­gi­ni e si aggrap­pa alle pro­prie radi­ci con una riaf­fer­ma­zio­ne for­te, con­ti­nua­men­te pre­sen­te di quel­l’i­den­ti­tà pan­te­sca che alcu­ni, sul­l’i­so­la, vor­reb­be­ro esclusiva.

È sta­to com­mo­ven­te vede­re quan­to amo­re han­no dimo­stra­to i pan­te­schi di Apri­lia per Pan­tel­le­ria. Con quan­to orgo­glio, memo­ria, com­mo­zio­ne rac­con­ta­va­no per­so­ne, sto­rie, pae­sag­gi, epi­so­di di vita vis­su­ta per metà qui e per metà nel­la cam­pa­gna roma­na e lati­na. Sono venu­ti pan­te­schi non solo da Apri­lia, ma da Net­tu­no, Anzio, Ardea, Ser­mo­ne­ta, Roma, Lati­na, in tan­ti come api richia­ma­te all’al­vea­re per decla­ma­re a voce alta e con fie­rez­za: io sono pantesco.

Chi non vive que­ste per­so­ne, le loro sto­rie, chi non li fre­quen­ta nei lun­ghi mesi esti­vi che tra­scor­ro­no anco­ra sul­l’i­so­la non può capi­re la soli­di­tà di que­sto cor­do­ne ombe­li­ca­le, uni­co nel suo genere.

Non è la soli­ta comu­ni­tà di emi­gra­ti che par­la con nostal­gia di un luo­go lascia­to tan­ti anni pri­ma e che esi­ste ormai solo nel­la loro memo­ria, nel loro modo di par­la­re. I pan­te­schi lazia­li l’i­so­la la vivo­no anco­ra, la fan­no vive­re a nipo­ti, figli, paren­ti e ami­ci, con­vin­ti che non ci sia posto al mon­do miglio­re di Pan­tel­le­ria e che tut­ti dovreb­be­ro cono­scer­la per il suo splen­do­re e la sua unicità.

Il padre di Mari­na Coz­zo que­sta par­ti­co­la­ri­tà dei pan­te­schi l’a­ve­va capi­ta subi­to. Ave­va osser­va­to e vis­su­to in pri­ma per­so­na quel­la gene­ro­si­tà che li ha por­ta­ti a tra­smet­te­re il meglio del­le loro com­pe­ten­ze per far svi­lup­pa­re Apri­lia e i din­tor­ni e quel­l’or­go­glio sem­pre pre­sen­te del sen­tir­si appar­te­nen­ti ad un posto magi­co, pri­vi­le­gia­ti per nasci­ta. Lo sfor­zo per ambien­tar­si in una nuo­va regio­ne, con usi dif­fe­ren­ti, un altro dia­let­to, nel caso dei pan­te­schi non ha intac­ca­to il loro sen­so di appar­te­nen­za. Han­no con­ser­va­to la par­la­ta, gli usi, le tra­di­zio­ni, la cuci­na, i sopran­no­mi, le ceri­mo­nie reli­gio­se, sem­pli­ce­men­te aggiun­gen­do­le a quel­le del luo­go in cui si era­no tra­sfe­ri­ti, crean­do una sor­ta di sin­cre­ti­smo cul­tu­ra­le e socia­le sen­za precedenti.

Da que­sta con­sta­ta­zio­ne, il rico­no­sci­men­to del gemel­lag­gio è sta­ta una cosa sola. Un modo per isti­tu­zio­na­liz­za­re que­sto lega­me e crear­ne altri con le nuo­ve gene­ra­zio­ni, con le filie­re agri­co­le, con quel­lo che in que­sto, più di tan­ti altri casi, è dav­ve­ro uno scam­bio culturale.

Mari­na Coz­zo ha mes­so tan­tis­si­mo in que­sto pro­get­to e si è spe­sa in pri­ma per­so­na per por­tar­lo avan­ti, facen­do un lavo­ro imma­ne ed egre­gio. Ha tro­va­to nel­le ammi­ni­stra­zio­ni Ter­ra e Cam­po dei vali­di inter­lo­cu­to­ri e si è but­ta­ta a capo­fit­to nel­la rea­liz­za­zio­ne del sogno sì del padre, ma anche suo, come ha spie­ga­to nel­lo spet­ta­co­lo dell’11 giu­gno al Tea­tro Europa.

Accan­to a lei don­ne fan­ta­sti­che, le sorel­le D’A­jet­ti e tut­ta la Coop Cor­si­ra che han­no spe­so gior­ni e not­ti a crea­re i qua­dri viven­ti del­la Pro­ces­sio­ne, il qua­dro del­l’in­fio­ra­ta e l’a­bi­to tipi­co pan­te­sco poi dona­to al Sin­da­co Cam­po. Per­so­ne che han­no lavo­ra­to con amo­re, pas­sio­ne, entu­sia­smo per la loro iso­la, per­so­ne che pro­ba­bil­men­te non han­no mai fat­to tan­to nem­me­no per i Comu­ni in cui vivono.

A que­ste per­so­ne si dovreb­be guar­da­re come esem­pi e con orgo­glio con­sta­ta­re che il pan­te­sco rima­ne tale ovun­que, per sem­pre, anche se costret­to a partire. 

Inve­ce, pur di attac­ca­re poli­ti­ca­men­te l’Am­mi­ni­stra­zio­ne comu­na­le si sono let­te fra­si offen­si­ve, igno­ran­ti, discri­mi­na­to­rie e in qual­che caso per­si­no bla­sfe­me, che han­no anche irri­ta­to Padre Sil­va­no che duran­te la fun­zio­ne di dome­ni­ca 12 giu­gno ha chia­ra­men­te con­dan­na­to tali bassezze.

Affer­ma­re che i pan­te­schi che vivo­no a Pan­tel­le­ria sono ‘più pan­te­schi’ di chi vive fuo­ri è essen­zial­men­te un’i­dio­zia, eppu­re qual­cu­no ha per­si­no applau­di­to a tale imbe­cil­li­tà. Baste­reb­be pen­sa­re a quan­ti paren­ti, ami­ci, figli ha altro­ve ogni pan­te­sco che vive sul­l’i­so­la: chi a stu­dia­re, chi a lavo­ra­re… tut­te ‘brut­te copie’ per que­sta gente?

Si è per­si­no arri­va­ti alla fol­lia del­la ‘gara del­le Madon­ne’, con affer­ma­zio­ni aber­ran­ti del­la serie ‘la mia è ori­gi­na­le e quel­la è una brut­ta copia’, come se tali per­so­ne ospi­tas­se­ro a casa la Ver­gi­ne Maria e ci cenas­se­ro insie­me tut­te le sere o come se la devo­zio­ne alla Madon­na dipen­des­se da un qua­dro o una statua.

Tra l’al­tro pren­den­do a pre­te­sto la man­ca­ta pre­sen­za del Sin­da­co alla pro­ces­sio­ne del­la Mar­ga­na sul­l’i­so­la, sen­za nem­me­no chie­de­re se tale assen­za fos­se dovu­ta a qual­che pro­ble­ma o urgen­za, ma sem­pli­ce­men­te stru­men­ta­liz­zan­do­la vigliaccamente.

A vol­te mi chie­do: ma come si può esse­re così in cat­ti­va fede per soste­ne­re tali assur­di­tà? Ma soprat­tut­to, anche se uno è dispe­ra­to e deve tro­va­re ogni vir­go­la per fare pole­mi­ca poli­ti­ca con­tro l’Am­mi­ni­stra­zio­ne Comu­na­le, per­ché spu­ta­re in fac­cia ai pan­te­schi lazia­li che que­st’i­so­la for­se la ama­no di più di chi anco­ra ci vive, per­ché si sa, da lon­ta­no, sem­bra sem­pre tut­to più bel­lo? Per­ché disco­no­sce­re le ori­gi­ni di que­sti che sono i nostri paren­ti, cugi­ni, zii, ami­ci d’in­fan­zia, vici­ni di casa discri­mi­nan­do­li e trat­tan­do­li come dei ‘pan­te­schi di serie Z’?

Ci deve esse­re intel­li­gen­za in tut­to nel­la vita, soprat­tut­to se si vuo­le fare poli­ti­ca. Si deve sape­re quan­do par­la­re e quan­do tace­re, ma soprat­tut­to non biso­gna deni­gra­re e discri­mi­na­re per­so­ne che non c’en­tra­no nien­te con le que­stio­ni poli­ti­che e stan­no solo dimo­stran­do il loro amo­re per Pantelleria.

Mi spia­ce, dav­ve­ro tan­to, per le paro­le che abbia­mo let­to in quei gior­ni e nei gior­ni suc­ces­si­vi. Bene ha fat­to il Sin­da­co Vin­cen­zo Cam­po a scu­sar­si anche a nome di tut­ti i pan­te­schi che cer­to non la pen­sa­no come que­sti tre odia­to­ri illi­vi­di­ti, ma che anzi con­ti­nua­no ad acco­glie­re i pan­te­schi lazia­li e le loro fami­glie ogni esta­te e non han­no nes­su­na inten­zio­ne di reci­de­re quel cor­do­ne ombe­li­ca­le lun­ghis­si­mo e longevo.

Rin­gra­zio per­so­nal­men­te Mari­na, Cate­ri­na e tut­ti quel­li che si sono pro­di­ga­ti per que­sto even­to e ci han­no accol­to a brac­cia aper­te. Spe­ro riu­sci­re­mo ad esse­re all’al­tez­za di tan­to affet­to ad otto­bre, quan­do sarà qui a Pan­tel­le­ria la dele­ga­zio­ne apri­lia­na. Le pre­go di non ascol­ta­re que­ste cat­ti­ve­rie gra­tui­te e di pen­sa­re inve­ce al bene del­l’i­so­la e alla sua pro­ver­bia­le acco­glien­za, ancor più sen­ti­ta per i suoi ‘figli’ lontani.

Rin­gra­zio i tan­ti pan­te­schi apri­lia­ni e lazia­li che in que­sti gior­ni, man mano che giun­go­no sul­l’i­so­la, ci ven­go­no a salu­ta­re e anco­ra ci chie­do­no ‘per­ché tan­ta cattiveria?’

Non so rispon­de­re a que­sta doman­da se non dicen­do che si trat­ta di casi uma­ni e iso­la­ti, di non curar­se­ne trop­po. I veri sen­ti­men­ti pan­te­schi sono quel­li espres­si da Lil­lo Di Bon­sul­ton nel­la poe­sia che pote­te ascol­ta­re qui sopra, let­ta pro­prio da Cate­ri­na D’Ajetti.

Però non pos­so fare a meno di chie­der­mi: se que­sta gen­te è capa­ce di discri­mi­na­re per­si­no gli stes­si pan­te­schi, come si può pen­sa­re che pos­sa fare qual­co­sa di buo­no per l’isola?

Fran­ce­sca Marrucci