Daniela Mencarelli Hofmann: l’emozione di vincere a Pantelleria

Daniela Mencarelli Hofmann: l’emozione di vincere a Pantelleria

27/09/2024 0 Di Francesca Marrucci

È la vincitrice del primo premio del Concorso Letterario Isola di Pantelleria: Daniela Mencarelli Hofmann ci parla del suo libro, del suo portare la cultura nei posti che ama e che l’hanno accolta, del suo impegno per le donne e della sua vita come artista a tutto tondo

di Fran­ce­sca Marrucci

Vin­ci­tri­ce del pri­mo pre­mio tra le ope­re edi­te del Pri­mo Con­cor­so Let­te­ra­rio di Pan­tel­le­ria, roma­na, tra­pian­ta­ta in Ligu­ria, bilin­gue, tie­ne labo­ra­to­ri di scrit­tu­ra e poe­sia visi­va in ita­lia­no e in tede­sco, sia in Ita­lia che in Sviz­ze­ra, Danie­la Men­ca­rel­li Hof­man è una scrit­tri­ce ma anche un arti­sta a tut­to ton­do impe­gna­ta nel socia­le. L’ab­bia­mo inter­vi­sta­ta per far­ve­la cono­sce­re un po’ meglio, tra una ras­se­gna let­te­ra­ria a Ospe­da­let­ti, un festi­val a Viter­bo, un Labo­ra­to­rio in Sviz­ze­ra e la sua nuo­va casa nei Castel­li Roma­ni, a Marino.

Ma in questo girare, vivere i luoghi, qual è il legame con Pantelleria?

Il lega­me è sta­to soprat­tut­to con il Con­cor­so. Ho visto che c’e­ra­no temi che rite­ne­vo abba­stan­za vici­ni a quel­li del mio roman­zo e poi ho un ami­co che vie­ne sem­pre a Pan­tel­le­ria e ne è inna­mo­ra­tis­si­mo e me ne par­la sem­pre. Ma in sostan­za, ho visto una vici­nan­za di con­te­nu­ti fra il mio libro e il ban­do di concorso.

Non è mai venuta a Pantelleria? 

Ver­rò ades­so. Abbia­mo col­to l’oc­ca­sio­ne con que­sta pre­mia­zio­ne e quin­di ver­re­mo per una set­ti­ma­na io e mio marito.

Daniela Mencarelli Hoffmann

Danie­la Men­ca­rel­li Hoffmann

Dicevamo che lei oltre che scrivere è molto impegnata nel sociale, soprattutto riguardo alle tematiche femminili…

Sì, ad esem­pio orga­niz­zia­mo un festi­val abba­stan­za impe­gna­ti­vo in Ligu­ria, un festi­val al fem­mi­ni­le, e poi orga­niz­zia­mo anche even­ti col­la­te­ra­li, ho una ras­se­gna let­te­ra­ria a Ospe­da­let­ti, che è un posto vici­no a San­re­mo, e poi un’al­tra tre gior­ni a Viter­bo che ini­zie­rà a gior­ni. È la pri­ma vol­ta che uscia­mo dal­la Ligu­ria e andia­mo nel Lazio, dove abbia­mo inten­zio­ne anche di allar­ga­re que­sto progetto.

È ancora molto legata a Roma?

Ho anco­ra la mia fami­glia a Roma. Sono emi­gra­ta mol­ti anni fa, sono sta­ta parec­chi anni in Sviz­ze­ra e sono rim­pa­tria­ta cir­ca due anni fa. Le mie ori­gi­ni però sono quel­le: sono lega­ta a Roma mol­tis­si­mo, è un cosid­det­to lega­me ‘di pan­cia’. A Roma ho gli ami­ci d’in­fan­zia e di gio­ven­tù, quel­li che sono e resta­no le per­so­ne più impor­tan­ti in una vita.

Io sono lega­tis­si­ma alla mia cit­tà, anche se ne vedo tut­te le dif­fi­col­tà attua­li, mi dispia­ce mol­to la spor­ci­zia che c’è in tut­ta Roma, che non è pro­prio al mas­si­mo. Amo tan­tis­si­mo la mia cit­tà, ci sono sem­pre tor­na­ta, ogni anno per più vol­te, poi ades­so che sono rim­pa­tria­ta, ho deci­so di pren­de­re casa pro­prio ai Castel­li Roma­ni, per ave­re pro­prio lì un rifu­gio sicu­ro e ho scel­to Mari­no. Ho una casa da siste­ma­re, per cui io ci pas­se­rò anche un po’ di tem­po ogni anno.

Questa è una bella sorpresa, a Marino c’è la Redazione del nostro giornale e la sede dell’Associazione Punto a Capo che lo edita, magari sarà un modo per fare qualcosa insieme!

Cer­to, per­ché no? Ho vis­su­to da tan­te par­ti, ho gira­to il mon­do, par­lo tan­te lin­gue, fac­cio Labo­ra­to­ri in Ita­lia­no e in Tede­sco, insom­ma non mi fer­mo mai e col­go con entu­sia­smo nuo­vi sti­mo­li e sfide.

Daniela Mencarelli Hoffmann

Danie­la Men­ca­rel­li Hoffmann

E in questo contesto internazionale e pieno di impegni culturali, che significa per lei aver vinto questo premio in particolare? 

Ah, per me è una cosa fan­ta­sti­ca. Sono pro­prio orgo­glio­sa di aver vin­to que­sto pre­mio e mio mari­to insie­me a me. Ci sia­mo com­mos­si entram­bi quan­do abbia­mo avu­to la noti­zia. Si trat­ta indub­bia­men­te di un Pre­mio di qua­li­tà e si vede da due cose: i pre­mi di qua­li­tà, oltre che per la giu­ria, non sono a paga­men­to e se si vin­ce, si vin­ce seria­men­te qual­co­sa. Inten­do che la respon­sa­bi­li­tà del pre­mio se la assu­me chi lo organizza.

Ora­mai di pre­mi ce ne sono a ton­nel­la­te, ma io sele­zio­no mol­to mol­to bene quel­li a cui par­te­ci­po. Que­st’an­no, per esem­pio, ho par­te­ci­pa­to sol­tan­to a tre con que­sto libro, per­ché secon­do me era­no tre pre­mi che era­no seri e rispet­ta­va­no i requi­si­ti per esse­re dav­ve­ro di qua­li­tà. Tra l’al­tro il mio è un libro for­te, con con­te­nu­ti for­ti, quin­di che non è adat­to a tan­ti altri Concorsi. 

Ora parliamo del libro, perché ha vinto la storia che lei ha narrato nelle pagine di “Verde mare, blu profondo”. C’è un fil rouge nelle storie delle sue due protagoniste. Ce ne vuole parlare? Hanno età diverse, provenienze diverse, storie diverse, ma sono collegate da questo fil rouge…

Ori­gi­nal­men­te ave­vo scrit­to un rac­con­to, pub­bli­ca­to in una rac­col­ta. Il rac­con­to si chia­ma­va “Il Cam­po”. L’ho scrit­to, per­ché me l’a­ve­va­no chie­sto e sono sta­ta ispi­ra­ta da un arti­co­lo che les­si sul gior­na­le, in cui si par­la­va di bam­bi­ni pic­co­li, che in un cam­po pro­fu­ghi in Gre­cia, a Lesbo, ten­ta­va­no il sui­ci­dio. E que­sta cosa mi ha tal­men­te col­pi­to che mi ha spin­to a scri­ve­re, ma mi sono poi accor­ta, dopo aver­lo scrit­to, che que­sto rac­con­to col­pi­va pari­men­ti emo­ti­va­men­te mol­ti let­to­ri. E ho capi­to che que­sta sto­ria ave­va un con­te­nu­to empa­ti­co forte.

Da que­sta sto­ria è nata Hana, la pri­ma pro­ta­go­ni­sta, che è una bam­bi­na di 12 anni, che cono­scia­mo attra­ver­so la sua pri­ma espe­rien­za trau­ma­ti­ca: la sua ami­ca del cuo­re muo­re sot­to i bom­bar­da­men­ti. Lei è una bam­bi­na con un carat­te­re for­te, però vive del­le espe­rien­ze ter­ri­bi­li. Per dare for­ma ad Hana, ho trat­to ispi­ra­zio­ne da Anna Frank e come lei ho volu­to che fos­se una bam­bi­na mol­to intel­li­gen­te, mol­to combattiva.

L’al­tro per­so­nag­gio del libro è Nadia. Nadia è una don­na cin­quan­ten­ne, spo­sa­ta con un figlio gio­va­ne, ma adul­to, che deve deci­de­re cosa stu­dia­re. Se ne va all’e­ste­ro per un po’ e poi si amma­la di can­cro e la madre si tro­va davan­ti a que­sta nuo­va fase dif­fi­ci­le del­la vita.

Si trat­ta di due desti­ni avver­si, ter­ri­bi­li, ognu­no a modo suo, che poi nel con­te­sto del­la sto­ria a un cer­to pun­to si incon­tra­no e il mes­sag­gio che ne vie­ne fuo­ri alla fine è di soli­da­rie­tà, di voler­si bene, di distin­gue­re l’es­sen­zia­le dal super­fluo nel­la vita, per­ché tan­te vol­te appun­to non sia­mo capa­ci di far­lo, di ren­der­ci con­to che cos’è fon­da­men­ta­le e cos’è mol­to meno.

Lei si occupa anche di poesia e ha scritto un saggio sulla poesia visiva, che tra l’altro ha origine da Emilio Isgrò, che era un artista siciliano. Ha mai pensato alla differenza che c’è tra quello che si esprime attraverso le parole di un libro, ad esempio la storia che abbiamo appena accennato, e che in un romanzo in prosa può essere articolata in maniera più lunga, più dettagliata, più approfondita, e quello che invece si deve condensare in una poesia classica?

La differenza è così grande che implica anche una scelta diversa di argomenti? 

Ad esempio, l’argomento della storia del suo libro, in qualche modo, si potrebbe condensare con la stessa forza espressiva in una poesia? 

Sì e no. Nel sen­so, ci sono tan­ti argo­men­ti nel mio libro che sono impor­tan­ti e van­no espres­si in un modo più arti­co­la­to. Uno, impor­tan­tis­si­mo è il con­fron­to con la morte. 

Secon­do me si potreb­be con­den­sa­re in una poe­sia, ma in modo diver­so per­ché la poe­sia è un mez­zo di comu­ni­ca­zio­ne com­ple­ta­men­te diverso.

Nel roman­zo, attra­ver­so la voce dei per­so­nag­gi, pos­sia­mo dare una descri­zio­ne ana­li­ti­ca di cer­ti feno­me­ni chia­ra­men­te descri­ven­do­li come una sto­ria, come una sto­ria di per­so­ne. E que­sto è un livel­lo. Mi pia­ce mol­to però la comu­ni­ca­zio­ne più diret­ta ed è per que­sto moti­vo che io scel­go sem­pre fino­ra i roman­zi cora­li. Infat­ti, ho scrit­to un roman­zo cora­le che si chia­ma L’om­bra di Per­seo che rac­con­ta la vio­len­za sul­le don­ne, in cui ci sono quat­tro per­so­nag­gi fon­da­men­ta­li che par­la­no tut­ti in pri­ma per­so­na: due uomi­ni e due donne.

Inve­ce, la poe­sia è una foto­gra­fia con le paro­le in musi­ca. Deve esse­re capa­ce di coglie­re l’es­sen­za di una qua­lun­que cosa. Può esse­re per esem­pio la dimen­sio­ne uma­na del­l’e­si­sten­za, può esse­re la gio­ia di vive­re, ed è con­den­sa­ta in qual­co­sa di estre­ma­men­te sin­te­ti­co che più che una comu­ni­ca­zio­ne ana­li­ti­ca è una fotografia.

Lei si occupa anche di poesia visiva, che è una vera e propria forma d’arte. Perché ha scelto questo stile?

La poe­sia visi­va ha mes­so insie­me i miei due amo­ri che sono la let­te­ra­tu­ra e l’ar­te. Ho fat­to mol­ti labo­ra­to­ri di poe­sia visi­va con ragaz­zi e ragaz­ze, con adul­ti, anche per­so­ne di una cer­ta età. Uso il meto­do Isgrò in par­te. I par­te­ci­pan­ti pren­do­no un libro, un gior­na­le, quel­lo che voglio­no, e poi si ini­zia, sfo­glian­do, leg­gen­do, guar­dan­do, fino a che non si tro­va­no paro­le che ispirano.

Anche mol­te mie ope­re sono in poe­sia visi­va. Da poco ho fat­to un qua­dro che si chia­ma Mi vor­re­sti, mol­to gran­de, è un qua­dro che riflet­te il tema degli ste­reo­ti­pi nei con­fron­ti del­la don­na. È fat­to in par­te in col­la­ge e c’è que­sta don­na nuda con sul ven­tre una scrit­ta pic­co­lis­si­ma che è una poesia.

Que­sta tec­ni­ca per­met­te agli ado­le­scen­ti, ma a chiun­que in real­tà, di dare uno spa­zio crea­ti­vo a qual­co­sa di impor­tan­te che han­no nel cuo­re. Per gli ado­le­scen­ti esco­no spon­ta­nea­men­te cose come l’in­na­mo­ra­men­to, il con­flit­to con i geni­to­ri, la mor­te, e così via. Ma anche con le per­so­ne adul­te! C’è chi ha fat­to una pic­co­la tera­pia con que­sto labo­ra­to­rio per cui è riu­sci­to a risol­ve­re un pro­ble­ma esi­sten­zia­le che ave­va, una deci­sio­ne da pren­de­re. Ecco, la poe­sia è un approc­cio psi­co­lo­gi­co, io lo tro­vo bel­lis­si­mo e lo tro­vo bel­lis­si­mo anche per­ché per me è arte per il popo­lo, quin­di è una cosa che può fare chiun­que. Ho lavo­ra­to con gen­te che ave­va la quin­ta ele­men­ta­re sen­za pro­ble­mi, se c’è que­sto approc­cio sin­ce­ro, le cose che esco­no fuo­ri sono auten­ti­che e mol­to belle.

Quali sono i suoi progetti per l’immediato futuro e soprattutto ha progetti a Pantelleria?

Maga­ri a Pan­tel­le­ria! Ades­so sia­mo impe­gna­ti con que­sta tre gior­ni a Viter­bo, in uno dei palaz­zi sto­ri­ci più impor­tan­ti del­la cit­tà, nel­la Sala Ansel­mi. Si trat­ta di un appun­ta­men­to mol­to impor­tan­te con una gior­na­ta inte­ra­men­te dedi­ca­ta all’im­pe­gno per le don­ne che han­no avu­to un tumo­re, con la per­for­man­ce del­l’ar­ti­sta Anna Maria Maz­zi­ni che mostre­rà il pro­get­to di body pain­ting sul­le don­ne operate.

Sareb­be bel­lo por­ta­re alcu­ni dei pro­get­ti sul­le don­ne che stia­mo por­tan­do in altre regio­ni anche a Pan­tel­le­ria. Intan­to ci vedre­mo dome­ni­ca 29 set­tem­bre alla pre­mia­zio­ne in Aula Con­si­lia­re, poi chissà!